In Olanda è allarme fra le decine di donne che nei mesi scorsi avevano sperimentato l’uso del Viagra durante la gravidanza al fine di favorire lo sviluppo dei bambini che avevano in grembo. A generare il panico tra le donne è stata la notizia dello stop alla sperimentazione deciso in seguito alla morte prematura di undici dei bambini nati al termine del trattamento.
Condotta in dieci ospedali tra Amsterdam e altre città, la ricerca ha coinvolto un totale di 93 donne alle prese con gravidanze problematiche segnate da un’insufficiente crescita dei feti: una complicazione che il Viagra – nato come farmaco contro le disfunzioni erettili dell’uomo – si confidava potesse aiutare a risolvere migliorando l’irrorazione del sangue verso la placenta grazie al suo effetto dilatatore sui vasi, come verificato in una precedente sperimentazione sui topi. Eppure il trattamento ha avuto conseguenze fatali sui polmoni di 11 dei neonati venuti al mondo dopo la sperimentazione.
Da qui, dunque, la decisione di interrompere tutti i test. Iniziata nel 2015, la ricerca avrebbe dovuto proseguire fino al 2020 con la partecipazione di 350 pazienti con “insuffienza placentare”, una grave patologia della gravidanza che al momento non ha terapie possibili.
Un portavoce dell’Umc (Centro Medico Universitario) di Amsterdam ha riferito che le prime verifiche interne hanno escluso negligenze o comportamenti impropri nella conduzione della ricerca. In un’intervista al quotidiano olandese De Volkskrant, il direttore della ricerca, il ginecologo Wessel Ganzevoort, ha affermato: “Volevamo dimostrare che questo è un modo efficace per promuovere la crescita del bambino. Ma è successo il contrario. Sono scioccato. L’ultima cosa che vuoi è danneggiare i pazienti. Abbiamo già informato i ricercatori canadesi che stanno conducendo uno studio simile. In ogni caso, hanno temporaneamente interrotto le loro ricerche”.
“L’idea di usare il sildenafil, il principio attivo del Viagra, per aiutare lo sviluppo della placenta teoricamente è valida – ha spiegato all’Ansa Claudio Fabris, docente di neonatologia dell’università di Torino -, ma purtroppo il rischio di effetti collaterali in questo tipo di sperimentazioni c’è sempre”.
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