Il surplus di emissioni dei veicoli diesel, rispetto a quanto dichiarato dalle case automobilistiche, causa in Italia 1250 morti l’anno. A quantificare gli effetti del ‘dieselgate’ nel vecchio continente è uno studio condotto dall’Istituto meteorologico norvegese in collaborazione con l’Istituto internazionale per l’analisi dei sistemi applicati (Iiasa) in Austria.
Secondo le stime degli esperti sono 425mila le morti annue riconducibili all’inquinamento dell’aria nei 28 Paesi dell’Unione europea più Norvegia e Svizzera. Poco meno di 10mila decessi sono attribuibili alle emissioni di ossidi di azoto dei motori diesel e, di questi, 4.560 sono collegabili alle emissioni in eccesso rispetto ai limiti dichiarati dai produttori di veicoli. I livelli di monossido di azoto emessi da questo tipo di macchine in strada risultano infatti da 4 a 7 volte più elevati di quelli dei test per le certificazioni ufficiali.
Secondo lo studio l’Italia è il Paese con il più alto numero di morti premature riconducibili alle polveri sottili generate dai veicoli diesel. Si tratta di 2.810 morti all’anno, di cui 1.250 legate al surplus di emissioni rispetto a quanto certificato dalle case automobilistiche nei test di laboratorio.
“Questo dato riflette la cattiva qualità dell’aria, soprattutto nel nord Italia densamente popolato”, commenta Jan Eliof Jonson, coordinatore della ricerca.
Seguono la Germania, con 960 decessi annui correlati agli ossidi di azoto in eccesso, e la Francia con 680. Dal lato opposto della classifica ci sono Norvegia, Finlandia e Cipro, meno popolati rispetto agli altri, ma dove il rischio è risultato comunque 14 volte più basso della media dell’Ue.
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