Maurizio Castellini e Linda Gelmetti, omeopati veronesi, da trenta anni, counselors relazionali, hanno scritto “Tu” sei una folla, un interessante manuale per le Edizioni Si, semplice e di facile consultazione nel quale presentano il Voice Dialogue, nuovo metodo psicologico nutrito dalle osservazioni ed esperienze che loro ne hanno fatto in questi anni.
Insegna ad incontrare e gestire i tanti diversi aspetti di ciascuno di noi, “una folla” appunto, che interagiscono, incontrandosi e scontrandosi continuamente anche nelle relazioni. Perchè due omeopati propongono un manuale tascabile di questo genere, scritto in forma molto semplice?
Il primo motivo è l’aiuto che questa visione offre per comprendere meglio il funzionamento dell’Omeopatia.
Spesso i pazienti si sentono invasi perchè si trovano “interrogati” in modo ampio rispetto ai sintomi “locali” per i quali vanno dal medico. Aiutarli a scoprire di essere essi stessi, da sempre, costituiti da una moltitudine di veri e propri personaggi e che il disagio e la malattia sono spesso proprio la manifestazione del conflitto tra essi, permette di comprendere meglio l’azione dei rimedi. Anche essi sono veri e propri personaggi/metafore in provetta, capaci di provocare reazione solo se somigliano al paziente ben oltre i suoi sintomi fisici.
Il secondo motivo è lo stesso che ha portato gli autori a scoprire il Voice Dialogue: l’azione di un buon rimedio omeopatico ripristina un equilibrio che poi deve essere gestito. Servono per questo strumenti di comprensione di se stessi, della propria complessità, della relazione, del proprio cammino di crescita, che siano semplici ed intuitivi, in grado di aiutare subito, senza presupporre conoscenze di psicologia.
Il terzo motivo è il contributo che questa visione offre al rapporto medico paziente. Quando il medico incontra il paziente, sono due folle di personaggi ad incontrarsi! Divenire capaci di utilizzare le Parti più adatte, rendendosi conto del loro gioco, che si svolge comunque, in modo automatico, aumenta la possibilità di creare quel rapporto di qualità che porta a scegliere anche un buon medicinale, per la persona intera. Dà anche la possibilità di uscire dal condizionamento di parti del paziente capaci di opporsi alla guarigione fino a rendere vani tutti gli sforzi del medico.
Il quarto motivo è la possibilità che il Voice Dialogue divenga un modello per la comunicazione e lo scambio tra medici di specialità diverse. Quello che tuttora manca, soprattutto alla medicina alternativa/complementare, è un sistema di riferimento attraverso il quale comunicare. Ogni disciplina ha un proprio sistema che viene regolarmente ignorato dagli altri e questo a discapito dei pazienti che spesso percorrono vie diverse anche contemporaneamente sentendosi non capiti se non addirittura ridicolizzati. Per le sue caratteristiche, il Voice Dialogue è sufficientemente flessibile ed ampio da poter contenere e riconoscere ad ogni specialità la sua peculiare validità.
Nel Voice Dialogue, ciò che fa la differenza dagli altri metodi psicologici è l’ascolto metodologico dei valori e ragione di ogni Parte, che va “sentita” non solo con la mente ed accolta in modo consapevole, senza giudizio. Lo scopo del metodo è far crescere un centro, un direttore d’orchestra capace di dar voce in ogni momento allo strumento più adatto. La sua applicazione porta ad una maggiore libertà, consapevolezza e potere personale.
Il modello per parti, che ne è alla base, è patrimonio consolidato della ricerca psicologica: da Freud (es, io, super io) a Jung (con l’ombra e le sue figure archetipiche) e via via alle diverse “psicologie del corpo” da Reich e Lowen in poi.
Anche la letteratura universale ha descritto con pagine mirabili questi conflitti: da Shakespeare alla Yourcenar nelle sue “Memorie di Adriano”, alle riflessioni di Terzani, dalle poesie di Catullo a quelle della Merini… Tutti ci descrivono quell’esperienza di entrare, uscire, trovarsi ad agire in personaggi diversi, contrastati, talvolta estremi, quegli stessi che talvolta compiono azioni di cui ci si può trovare a “pagare” le conseguenze per tutta la vita. Questo lo descrive bene Tiziano Terzani in “la fine à il mio inizio”: “Me la sono inventata un po’ questa vita, no? Sono stato mille cose, alcune vere, alcune potenziali. Sono stato gigione, sono stato attore, assassino, pedofilo, adultero, tutto sono stato, come tutti. Sono stato tante cose in tempi diversi. Tante cose vere, intense. E ogni volta una sostituiva l’altra, entrava nell’altra come in un canocchiale. Mamma mia, quante parti ho fatto, quante maschere ti metti che alla fine ti soffocano…sono stato innanzitutto tante maschere, ognuna vera, ognuna falsa perchè cambia col tempo e diventa altra…non c’è permanenza. Niente è permanente, niente è permanente in questa vita”.
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