Terre fertili. La gara è aperta

Tra il 2007 e il 2008 il sistema economico mondiale ha mostrato una sua nuova fragilità: l’aumento speculativo del prezzo del petrolio, che l’11 luglio 2008 ha toccato il record di 147,25 dollari al barile, ha trascinato nella sua corsa al rialzo anche i cereali. In soli tre mesi – tra novembre 2007 e febbraio 2008 – il prezzo del grano ha registrato una crescita del +48,8%, seguito dal +28,3% e +23,5% del mais e del riso.

La corsa dei prezzi dei cereali è continuata fino al massimo storico del 2010, provocando una strage silenziosa nei Paesi più poveri, dove il 50% del reddito è destinato al cibo. E ha fatto da detonatore per lo scoppio delle rivolte nordafricane del 2011. Il 2009, invece, ha segnato il picco nella corsa all’accaparramento dei terreni.

Queste dinamiche hanno reso tangibile un cambiamento avvenuto progressivamente sui campi di tutto il mondo: la trasformazione dell’agricoltura in un’industria finanziarizzata e globalizzata, dipendente dal petrolio che viene utilizzato per sintetizzare fertilizzanti e pesticidi, ma anche per muovere le macchine necessarie alle coltivazioni intensive e ai trasporti.

Le terre fertili e i loro prodotti sono diventati per i grandi speculatori un redditizio investimento alternativo, equivalente a qualunque materia prima non edibile e dipendente, come tutte le commodity, dalle fluttuazioni borsistiche.
I milioni di ettari acquistati, soprattutto da società Usa, ma anche dai fondi pensione svedesi, sono stati destinati per la maggioranza a coltivazioni adatte alla produzione di bioenergia.

NON SOLO IN BRASILE O NEGLI USA
I biocarburanti non sono una realtà brasiliana o nordamericana: l’Unione europea dal 2009 ha imposto l’obiettivo vincolante del 10% di energia rinnovabile entro il 2020 nel settore dei trasporti. Suscitando la pessimistica reazione dell’Economist che ha intitolato “Gli investimenti in biocarburanti scendono e lo scetticismo è in crescita”, l’Ue lo scorso anno ha disposto che solo il 7% di questa quota può essere raggiunto con biocarburanti di prima generazione.

«La differenza – spiegava The Economist – deve essere costituita da biocarburanti innovativi, basati su prodotti di scarto e altre materie prime che non influiscano sulla produzione alimentare», tecnologie per le quali servirebbero almeno altri quattro anni di ricerca per arrivare alla produzione su larga scala. Lo strumento che principalmente gli Stati membri stanno adottando, per raggiungere questo limite, è l’introduzione di bioenergia. Gli operatori che immettono benzina e gasolio in consumo hanno l’obbligo di miscelarli con biocarburanti: per il 2015 la quota è stata pari al 5% del valore energetico dei carburanti fossili immessi in consumo nello stesso anno.

La miscelazione è incentivata dal Gse attraverso il sistema delle quote d’obbligo, regolate dai Certificati di immissione in consumo (Cic), che sono bancabili per due anni e possono anche essere acquistati da soggetti che hanno superato la propria quota d’obbligo. Secondo l’Osservatorio energie rinnovabili ed efficienza, il livello di incentivazione del biometano per autotrazione è particolarmente vantaggioso: aspettiamoci a breve la moltiplicazione dei distributori di metano.

Il Rapporto Outlook 2014-2023, redatto da Ocse e Fao, prevede che la produzione e il consumo mondiale di etanolo e biodiesel cresceranno del 50%, raggiungendo entro il 2023 rispettivamente 158 e 40 miliardi di litri, continuando a essere prodotti
principalmente da materie prime edibili. Entro il 2023 il 12% dei cereali, il 28% della canna da zucchero (per l’etanolo) e il 14% degli oli vegetali dovrebbero essere utilizzati per la produzione di biocarburanti.

BIOMASSE O INSETTI?
La competizione tra piccoli agricoltori che sfamano il mondo e latifondi destinati a coltivazioni industriali, concentrati in poche mani, è destinata ad aumentare. Anche per la domanda crescente di biomasse per bioplastiche e altri biomateriali, che ci fa chiedere se l’allarme lanciato per aumentare la produttività dei terreni sia rivolto a soddisfare bisogni
alimentari o la produzione di nuove merci.

La maggiore redditività delle biomasse, alimentata anche dalle politiche che promuovono la miscela di combustibili fossili con quelli di origine vegetale, ha «creato una crescita artificiosamente rapida della produzione di bioenergia», come affermava già nel 2008 la Fao nel Rapporto sullo Stato dell’alimentazione e dell’agricoltura dedicato ai biocarburanti.
Forse per questo motivo ci viene proposto di modificare la nostra dieta mangiando insetti.

Disclaimer
Le informazioni contenute in questo articolo sono puramente divulgative. Tutte le eventuali terapie, trattamenti o interventi energetici di qualsiasi natura che qui dovessero essere citati devono essere sottoposti al diretto giudizio di un medico. Niente di ciò che viene descritto in questo articolo deve essere utilizzato dal lettore o da chiunque altro a scopo diagnostico o terapeutico per qualsiasi malattia o condizione fisica. L’Autore e l’Editore non si assumono la responsabilità per eventuali effetti negativi causati dall’uso o dal cattivo uso delle informazioni qui contenute. Nel caso questo articolo fosse, a nostra insaputa, protetto da copyright, su segnalazione, provvederemo subito a rimuoverlo. Questo sito non è da considerarsi una testata giornalistica in quanto non viene aggiornato con una frequenza costante e prestabilita. Gli articoli prodotti da noi sono coperti da copyright e non possono essere copiati senza nostra autorizzazione