Studi scientifici…o quasi!

Molto di quanto viene pubblicato non è corretto“. Sono queste le parole di Richard Horton, caporedattore di Lancet (prestigiosa rivista scientifica), pubblicate in un recente articolo in cui si interroga sulla veridicità dell’informazione scientifica internazionale. Più precisamente la frase riassume quanto è emerso durante un simposio sull’affidabilità e sulla riproducibilità dei risultati scientifici svoltosi presso il Wellcome Trust a Londra qualche settimana fa 2015. Non è stato possibile risalire all’autore della frase per l’estrema riservatezza dell’evento, soprattutto perché si va a toccare uno dei temi più delicati nel campo della scienza di oggi, ovvero l’idea che la “veridicità scientifica” non sia poi così infallibile.

La questione è molto semplice: molta della letteratura scientifica, forse la metà, può essere semplicemente falsa“. Questo principalmente a causa di studi con campioni di piccole dimensioni, analisi esplorative non valide, evidenti conflitti di interesse, in aggiunta ad una morbosa ossessione nel voler seguire progetti “alla moda” ma di dubbia importanza. Si è arrivati al punto che, come disse uno dei partecipanti al simposio, “scarsi metodi ottengono risultati”. L’accademia delle Scienze Mediche, il Medical Research Council, così come il Biotechnology e il Biological Sciences Research Council stanno aprendo un’indagine su queste pratiche scorrette di ricerca.

“L’apparente endemicità di questo cattivo comportamento all’interno del mondo della ricerca scientifica è allarmante. Nella loro ricerca di una pubblicazione di successo, troppo spesso gli scienziati adattano i dati alla loro teoria oppure modificano le loro ipotesi iniziali così che combacino con i risultati ottenuti”. Entrambe le pratiche hanno effetti deleteri una volta che il lavoro viene pubblicato, in quanto possono dare seguito ad altri lavori (e quindi conclusioni) che sono in realtà basati su presupposti non attendibili.

“Anche i redattori delle riviste meritano la giusta dose di critiche, in quanto aiutano e molto spesso favoriscono questo tipo di comportamento scorretto”. La loro continua ricerca di “notizie d’impatto” che facciano vendere non fa altro che favorire questa malsana competizione tra gli scienziati, ulteriormente accentuata in maniera proporzionale all’importanza della rivista. Il nostro amore per la “significatività” ha inquinato la letteratura scientifica con dati statistici surreali.

Una situazione simile la si trova, purtroppo anche nelle università, in lotta costante per riuscire ad ottenere più fondi e persone di talento, col risultato dunque di favorire pubblicazioni ad “alto impatto.” Il comportamento può essere in parte giustificabile (anche il loro bilancio alla fine deve quadrare), ma è un peccato perché sono tra i pochi organismi al mondo a poter garantire una certa indipendenza nella ricerca. E i singoli scienziati? Purtroppo fanno ben poco per cercare di cambiare una cultura scientifica che a volte è molto vicina ad una condotta disonorevole.

È dunque possibile trovare una soluzione a questo modus operandi?

“Parte del problema sta nel fatto che nessuno è incentivato ad agire giustamente. Al contrario, gli scienziati sono incoraggiati ad essere produttivi e innovativi”. Il Giuramento di Ippocrate può essere di aiuto alla scienza? Forse, ma per certi aspetti non farebbe altro che aggiungere un’altra regola alla scienza, rendendo alla fine il sistema ancora più complicato. “Invece di cambiare incentivi e trovarne di nuovi, si potrebbero rimuovere del tutto, cercando di enfatizzare la collaborazione tra i gruppi di ricerca e non la competizione. Allo stesso tempo sarebbe importante migliorare la formazione alla ricerca e il tutoraggio”.

Una delle proposte più convincenti è arrivata al di fuori della comunità biomedica. Tony Weidberg, professore di fisica delle particelle ad Oxford, ha osservato come, a seguito di diversi errori di alto profilo, la comunità dei fisici delle particelle ora investa notevoli sforzi nel controllo intensivo dei dati prima che questi siano pubblicati. “Filtrando i risultati attraverso gruppi di ricerca indipendenti, i fisici sono incoraggiati al comportamento critico e, anzi, la buona critica viene ricompensata. Lo scopo finale è quello di ottenere un risultato affidabile, e gli incentivi per gli scienziati sono allineati attorno a questo obiettivo”.

La conclusione del simposio è che qualcosa deve essere fatto. Senza dubbio tutta la comunità scientifica sembra essere d’accordo sul fatto che un cambiamento sia quanto meno auspicabile, anche se non si è raggiunta una ferma e comune decisione su cosa fare esattamente e come farlo. Coloro che hanno il potere di agire sembrano pensare che qualcun altro debba muoversi per primo. La buona notizia è che la scienza sta cominciando a prendere un po’ dei suoi peggiori difetti seriamente; quella cattiva è che nessuno è pronto a fare il primo passo per dare una ripulita al sistema.

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