Nel 2012 la Monsanto riuscì a far ritrattare lo studio di un biologo francese secondo cui il glifosfato provoca il cancro.
Il 19 settembre 2012 Gilles-Eric Séralini, professore di biologia dell’università di Caen, in Francia, diventò un incubo per la Monsanto. Lo confermano i Monsanto papers, le migliaia di documenti interni della multinazionale statunitense resi pubblici nel corso di un’azione legale avviata contro l’azienda negli Stati Uniti. Queste carte mostrano che alcuni dirigenti della Monsanto s’impegnarono per far sconfessare una ricerca del biologo francese. E ci riuscirono.
Quel giorno Séralini aveva pubblicato sulla rivista Food and Chemical Toxicology uno studio che avrebbe fatto scalpore. Alcuni topi nutriti con un mais transgenico e Roundup (il pesticida della Monsanto a base di glifosfato) o solo con Roundup avevano sviluppato dei tumori enormi. La grande risonanza di questi risultati sui mezzi d’informazione era stata un disastro per l’immagine della Monsanto e dei suoi prodotti, anche se la ricerca era stata giudicata non concludente dagli ambienti scientifici, compresa l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (Iarc), legata all’Organizzazione mondiale della sanità.
Poi nel novembre del 2013 successe un fatto inedito nella storia dell’editoria scientifica: Food and Chemical Toxicology si scusò per la pubblicazione della ricerca di Séralini. In altre parole, la sconfessò a posteriori e senza fornire nessuna delle ragioni di solito avanzate per giustificare un provvedimento simile.
Molti studiosi rimasero sconcertati: il lavoro non era stato sconfessato per una frode o un errore involontario, di solito le uniche ragioni che impongono di ritirare una pubblicazione dalla letteratura scientifica. In un editoriale pubblicato nel gennaio del 2014 Wallace Hayes, all’epoca direttore del comitato editoriale di Food and Chemical Toxicology, giustificò la decisione con il fatto che “nessuna conclusione significativa ha potuto essere tratta da questi dati non convincenti”. Lo studio di Séralini è quindi il primo – e finora l’unico – a essere stato eliminato dagli archivi di una rivista scientifica per la sua mancanza di “conclusioni significative”.
Ma Hayes si guardò bene dal dire che era legato alla Monsanto da un contratto di consulenza. Molto noto nel mondo della tossicologia, questo ricercatore dell’università di Harvard ha trascorso gran parte della sua carriera nell’industria chimica o lavorando per il produttore di sigarette R.J. Reynolds, di cui è anche stato uno dei vicepresidenti.
I Monsanto papers rivelano che Hayes era consulente della Monsanto dall’agosto del 2012. La sua missione era costruire una rete di scienziati sudamericani per partecipare a un convegno sul glifosfato. La retribuzione era di “400 dollari all’ora”, con un limite di “3.200 dollari al giorno e sedicimila dollari in totale”. Questo conflitto d’interessi tra la Monsanto e Hayes non è mai stato reso noto. “Se fosse vero, sarebbe una vergogna”, ha dichiarato a Le Monde José Luis Domingo, professore dell’università Rovira i Virgili di Tarragona, in Spagna. Questo tossicologo ha sostituito Hayes alla direzione del comitato editoriale di Food and Chemical Toxicology nel 2016. Nel 2012 fu lui a suggerire di pubblicare lo studio di Séralini.
Diverse email interne della Monsanto mostrano chiaramente che subito dopo la pubblicazione dello studio alcuni dirigenti dell’azienda s’impegnarono per ottenere una ritrattazione dello studio da parte di Food and Chemical Toxicology. Ma per giustificare il provvedimento, la rivista doveva avere il pretesto di una forte indignazione della comunità scientifica. Il 26 settembre 2012 David Saltmiras, un tossicologo della Monsanto, scriveva ai suoi colleghi: “Hayes mi ha chiamato questa mattina in risposta al mio messaggio di ieri. Si lamenta perché riceve solo link ad alcuni blog, note pubblicate online o articoli di stampa, ma nessuna lettera formale indirizzata al direttore”. Infatti presentate come “lettere al direttore”, le critiche a Séralini avrebbero potuto essere pubblicate sulla rivista.
Queste lettere avevano “un’importanza decisiva”, aggiungeva Saltmiras, perché potevano giustificare una sconfessione. Ma una settimana dopo la pubblicazione dello studio nessuna lettera di protesta era ancora arrivata a Food and Chemical Toxicology. Hayes “ha quindi un bisogno urgente di lettere formali al direttore, obiettive, razionali e autorevoli”, continuava Saltmiras. “Penso che vorrebbe ricevere queste lettere oggi”.
Negli scambi successivi i tossicologi della Monsanto suggerivano i nomi di ricercatori che potevano essere coinvolti. Le critiche avrebbero dovuto essere formulate da “personalità esterne”, scienziati senza apparenti legami con la Monsanto.
Aggiungere munizioni
Così nel novembre del 2012 Food and Chemical Toxicology pubblicò alcune lettere individuali e una lettera collettiva di 25 ricercatori. La lettera collettiva è citata nei documenti interni della Monsanto e anche in un messaggio del 28 settembre 2012, cioè più di un mese prima della sua pubblicazione. Mentre un dipendente dell’azienda preparava una nota pubblica, un suo collega suggeriva di aggiungere “delle munizioni” evocando “la lettera dei 25 scienziati provenienti da 14 paesi”. L’interessato rispose che la lettera non era ancora stata pubblicata: “Questo significherebbe riconoscere che siamo coinvolti, altrimenti come potremmo esserne al corrente?”. Poi aggiunse: “Ci chiedono di smettere di parlare di questo argomento”.
Alla fine il piano andò in porto. Fin dalle prime righe del suo editoriale del gennaio 2014 Hayes giustifica la ritrattazione dello studio di Séralini con “le numerose lettere che esprimono preoccupazione sulla validità delle conclusioni”.
Ma qual è il valore di queste lettere? Kevin Folta, biologo dell’università della Florida, aveva scritto in una lettera a Food and Chemical Toxicology che “sosteneva pienamente la ritrattazione”. Nell’aprile del 2015 ha dichiarato sui social network: “Ho sempre detto che lo studio non avrebbe dovuto essere sconfessato”. Un incredibile cambiamento di opinione. Andrew Cockburn, un altro scienziato che aveva scritto alla rivista, in seguito ha chiesto la ritrattazione della sua lettera. Perché? Come Hayes, Cockburn non ha voluto rispondere alle domande di Le Monde. Ma intanto Elsevier, l’editore di Food and Chemical Toxicology, ha aperto un’inchiesta.
Fonte: Internazionale
Disclaimer
Le informazioni contenute in questo articolo sono puramente divulgative. Tutte le eventuali terapie, trattamenti o interventi energetici di qualsiasi natura che qui dovessero essere citati devono essere sottoposti al diretto giudizio di un medico. Niente di ciò che viene descritto in questo articolo deve essere utilizzato dal lettore o da chiunque altro a scopo diagnostico o terapeutico per qualsiasi malattia o condizione fisica. L’Autore e l’Editore non si assumono la responsabilità per eventuali effetti negativi causati dall’uso o dal cattivo uso delle informazioni qui contenute. Nel caso questo articolo fosse, a nostra insaputa, protetto da copyright, su segnalazione, provvederemo subito a rimuoverlo. Questo sito non è da considerarsi una testata giornalistica in quanto non viene aggiornato con una frequenza costante e prestabilita. Gli articoli prodotti da noi sono coperti da copyright e non possono essere copiati senza nostra autorizzazione