La nuova maternità ai tempi della fecondazione assistita. La giornalista e scrittrice Nicoletta Sipos dedica al tema del momento, che non riguarda solo i personaggi famosi, l’inchiesta Perché io no? (Sperling & Kupfer): storie vere (con pseudonimi) di donne che hanno lottato per avere un figlio, conosciute tramite il sito di “autoaiuto” Cercounbimbo. Come anticipai il titolo, non c’è lieto fine per tutte: alcune dovranno accettarsi a prescindere dal ruolo materno.
Come nasce il libro?
«Da giornalista mi occupo di tematiche femminili. La prima bambina in provetta è nata in Inghilterra nel ’78 per merito di Robert Edwards (Nobel per la medicina 2010). La prima in Italia a Napoli, nell’83, grazie al professor Vincenzo Abate. Da allora, ho intervistato molti specialisti sulla procreazione con l’aiuto della scienza. Non ho avuto problemi di maternità, ma ho vissuto le esperienze di persone a me vicine».
Chi è Angelica, la voce narrante che collega le diverse storie?
«Durante anni di ricerche ho trovato un’amica, che nel libro chiamo Angelica. A 29 anni ha subito un’operazione devastante. Quando ha tentato di avere un figlio, a 32 anni, si è accorta che l’avevano curata male. Per restare incinte non basta, come dicono perfino alcuni specialisti, rilassarsi o andare in vacanza. Bisogna ascoltare il corpo e superare l’ignoranza e i pregiudizi sull’infertilità».
Non avere figli è un tabù?
«Le donne sterili, in alcuni posti, sono trattate da appestate. Subiscono una violenza psicologica incredibile. La media europea è di 9,5 bambini per mille abitanti. Francia e Irlanda sono al 12,8. L’Italia al 9,2. Eppure, non agevoliamo il desiderio di maternità».
Nella parte finale, con l’aiuto di esperti come il dottor Guido Ragni (ex direttore del Centro sterilità della Fondazione Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano), lei svela quanto sia diffuso il ricorso a queste cure.
«Nel mondo ci sono 4 milioni e mezzo di bambini nati da fecondazione assistita. In Italia affrontano questo percorso 60mila coppie all’anno. Con una particolarità, che ci riguarda: il 30% dei trattamenti italiani contro la sterilità è realizzato nei centri pubblici o privati della Lombardia. Il successo, come in natura, dipende dall’età. In Italia abbiamo il 26% di gravidanze per ogni tentativo di fecondazione con punte del 35% sotto i trent’anni. Verso i quaranta si scende al 5%».
Le minori gravidanze italiane over 40 sono anche una conseguenza della legislazione restrittiva?
«La legge 40 non piace a nessuno. Cattolici e destra la ritengono permissiva, sinistra e associazioni che difendono le coppie infertili ne contestano i limiti. Il principale divieto, all’esame della Corte Costituzionale che potrebbe abrogarlo, riguarda la donazione di ovuli o liquido seminale esterni alla coppia».
Ma la scienza non conosce confini e queste cure sono legali in Spagna, Belgio, Austria, Svizzera…
«Il turismo procreativo, espressione orribile, è infatti in forte crescita: ogni anno 10mila coppie italiane si rivolgono a centri medici esteri. L’elemento discriminante per avere figli diventa essere ricchi o poveri».
Terapie dolorose, risultati non garantiti, stress per la coppia. Fin dove ha senso spingersi?
«Pur avendo remore sulle pratiche più estreme, credo che né la Chiesa né il legislatore dovrebbero dirci cosa fare. Si dovrebbe essere liberi di scegliere come realizzare i sogni».
Fonte: repubblica.it
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