Oltre a contenere sostanze tossiche e cancerogene, le sigarette contengono anche sostanze radioattive. E delle presenza di polonio radioattivo nelle ‘bionde’ le aziende sarebbero a conoscenza già dagli anni ’50 ma lo hanno tenuto nascosto.
A denunciare il silenzio di Big Tobacco è uno studio dei ricercatori dell’Università di Los Angeles pubblicato su Nicotine and Tobacco Research. Primo firmatario dello studio “Cigarette Smoke Radioactivity and Lung Cancer Risk” è Hrayr Karagueuzian.
“Fin dagli anni ’50 l’industria del tabacco aveva raccolto e secretato nei suoi archivi le prove di ciò che la presenza di questa sostanza significasse per la salute. Era giunta a quantificare il rischio a lungo termine: ogni 1.000 fumatori abituali sono almeno 120 i morti in più ogni anno per tumore del polmone che si possono attribuire direttamente all’emissione radioattiva”, spiega Hrayr Karagueuzian, primo firmatario dello studio.
“Ma solo nel 1998 è risultato chiaro che le informazioni fornite dall’industria del tabacco sono state per decenni fuorvianti e incomplete e solo le nostre successive verifiche hanno confermato la dimensione del rischio”.
La sostanza in questione è il polonio 210, elemento radioattivo naturalmente presente sulle foglie del tabacco. Gli autori dello studio riferiscono che sin dal 1980 è stata messa a punto una tecnica di trattamento del tabacco in grado di rimuovere il polonio.
Tuttavia, denuncia Karagueuzian, “questo ‘lavaggio del polonio’ non è mai stato applicato su scala industriale perché parallelamente modificherebbe chimicamente la nicotina e ne ridurrebbe l’assorbimento a livello cerebrale, e con esso quel momento di gratificazione per il fumatore definito nicotine kick, in qualche modo legato anche allo sviluppo della dipendenza”.
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