Stop a snack e dolciumi a portata di mano davanti alle casse dei supermercati nel Regno Unito. È quanto annuncia il governo britannico annunciando il nuovo divieto nell’ambito della campagna avviata un anno fa contro il dilagare dell’obesità infantile e giovanile nel Paese.
“Vogliamo dare più potere ai genitori di fare scelte salutari per i loro figli”, ha spiegato alla Bbc il ministro della sanità Jeremy Hunt, promettendo, oltre alla stretta nei supermercati, pure restrizioni più severe sulla pubblicità di prodotti ad alto contenuto di zuccheri in tv e sul web, nonché l’obbligo d’indicare il ‘peso calorico’ dei cibi nei menu dei ristoranti.
L’obiettivo è quello di dimezzare il numero di bambini obesi entro il 2030, considerati i dati allarmanti diffusi per la prima volta dalla Local Government Association (LGA), basandosi sulle statistiche di Public Health England, agenzia del Dipartimento della salute del Regno Unito.
Il 4,1% dei bambini inglesi è severamente obeso nel momento in cui finisce la scuola primaria, cioè a 10-11 anni. Quando cominciano il ciclo scolastico, cioè a 4-5 anni, la percentuale è già del 2,35%. In numeri assoluti, riferiti all’anno scolastico 2016-17, ciò vuol dire che quasi 15 mila bambini severamente obesi su 629 mila a 4-5 anni e oltre 22 mila su 556 mila a 10-11 anni. Aggiungendo ai bambini severamente obesi quelli obesi e in sovrappeso, si raggiunge il 22,5% all’inizio della scuola primaria e il 34,5% alla fine del ciclo scolastico, che è di sei anni.
Alla luce di questi dati, la LGA sollecita azioni urgenti, ribadendo che si tratta di una bomba a orologeria che può costare molti miliardi di sterline in termini di salute pubblica e di costi sociali. I bambini obesi di oggi, infatti, diventeranno gli adulti obesi di domani, i cui anni di vita sana saranno ridotti da una serie di problematiche di salute, tra cui diabete, cancro e malattie cardiache.
I tassi di obesità severa, emerge dai dati, variano significativamente a seconda delle aree dell’Inghilterra e sono più alti tra i bambini che vivono nelle città più povere e nelle minorane etniche, richiedendo quindi maggiori risorse per gli enti locali e l’adozione di interventi più mirati (come una migliore etichettatura di prodotti alimentari e bevande e la possibilità per le amministrazioni locali di vietare la pubblicità di cibo spazzatura vicino alle scuole).
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