Insufficienza respiratoria, tumori e soprattutto infarto, ictus e scompenso. Lo smog uccide. A confermarlo è il più grande studio epidemiologico italiano sull’inquinamento al quale fa riferimento un articolo pubblicato su Corriere.it.
Pubblicata su Environmental Health Perspectives, la ricerca del team guidato da Francesco Forastiere del Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio è stata condotta su un milione e duecentomila abitanti di Roma fra il 2001 e il 2010.
Gli studiosi hanno ricostruito la mortalità nella capitale dell’ultimo decennio e sono riusciti ad attribuire con una certa precisione quanto peso in questo bilancio abbiano due inquinanti quali: il particolato sottile (PM2,5) e il biossido di azoto (NO2). A ogni aumento di 10 µg/m3 (microgrammi per metro cubo) di polveri e biossido di azoto corrisponde un aumento medio del rischio di mortalità rispettivamente del 4 e del 6 per cento. Tali percentuali aumentano considerevolmente al crescere dell’esposizione. I risultati dello studio della scuola romana sono in linea con quanto osservato in altri studi europei e statunitensi.
In conclusione, lo studio romano mostra come la relazione fra veleni e mortalità sia ‘lineare’: a qualunque esposizione – per quanto bassa – si può registrare un effetto sullo stato di salute della popolazione e tale effetto sale dritto come un fuso con il crescere dell’esposizione ai gas e alle polveri.
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