Resta attualissimo il problema delle troppe diagnosi e troppe prescrizioni di psicofarmaci ai bambini.
Qualche anno fa sulle pagine del New York Times è stato pubblicato un lungo rapporto investigativo dal titolo “La vendita del disturbo da deficit di attenzione”. Si tratta di un resoconto di come le compagnie farmaceutiche hanno perseguito strategie aggressive e ingannevoli (per esempio disease mongering) per potenziare le diagnosi di Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e promuovere vendite di farmaci per un crescente bacino di potenziali utenti.
La vendita di farmaci per l’ADHD si è consolidata come un business redditizio nella seconda metà degli anni ’90, per poi stabilizzarsi senza mai diminuire.
In un rapporto del 23 febbraio 1999 il Consiglio Internazionale per il Controllo dei Narcotici (INCB) denunciava:
“L’uso di sostanze eccitanti, metilfenidato, per la cura dell’ADHD è aumentato di un sorprendente 100 per cento in più di 50 paesi. In molti paesi – Australia, Belgio, Canada, Germania, Islanda, Irlanda, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Spagna e Regno Unito – l’uso delle sostanze stupefacenti potrebbe raggiungere livelli alti quanto quelli degli Stati Uniti, che al momento consumano più dell’85 per cento della quantità totale mondiale. Il Consiglio si appella affinché le nazioni valutino la possibile sovrastima dell’ADHD e frenino l’uso eccessivo del metilfenidato.
I pazienti curati con questa droga, che all’inizio degli anni Novanta erano per la maggior parte studenti della scuola elementare, includono ora un numero crescente di bambini, adolescenti ed adulti. Negli Stati Uniti, è stata diagnosticata l’ADHD nei bambini di appena un anno”.
Altrettanto preoccupante è la nuova patologia (o il nuovo business?) del millennio: la depressione in fascia adolescenziale. Il ricorso ai farmaci antidepressivi per trattare bambini e adolescenti è sempre più frequente e in crescita. In cinque paesi occidentali – Usa, Gran Bretagna, Germania, Danimarca e Olanda – è aumentato del 40% negli ultimi 7 anni. Come confermato da un recente studio pubblicato sull’European Journal of Neuropsychopharmacology, si tratta di una tendenza mondiale.
“L’uso di antidepressivi nei giovani è preoccupante – ha commentato il Dott. Shekhar Saxena, Direttore della Salute Mentale dell’OMS – una preoccupazione aggravata dal fatto che i farmaci dati ai giovani nella maggior parte dei casi non sono autorizzati per gli under 18”. Le evidenze scientifiche, ad esempio, hanno recentemente dimostrato l’elevato profilo di rischio della paroxetina, che è la molecola più prescritta – in modalità off label – per la depressione in età adolescenziale.
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