Bio o non bio, questo è il dilemma che mi trovo ad affrontare ogni volta che vado a fare la spesa. Sento dire che i prodotti biologici sono più sani, più gustosi, più naturali. Li ho provati e devo ammetterlo, almeno per quanto riguarda il gusto, è vero. Una mela coltivata con metodi biologici ha tutto un altro sapore. Peccato che sia così cara. Se acquistata fuori stagione può arrivare a costare più del doppio delle cugine non biologiche. Frutta, verdura e tutti gli alimenti realizzati con metodi biologici costano effettivamente di più. L’ho verificato di persona. Il mese scorso sono andata in un supermercato a Milano e ho riempito due sacchetti, uno con prodotti convenzionali, di marca e non in promozione.
L’altro solo con prodotti biologici. Risultato: 25 euro per la spesa non bio, 35 per quella biologica. Aver bandito concimi e diserbanti chimici e aver preferito metodi di coltivazione biologica ha fatto lievitare lo scontrino di oltre il 40%. Se poi avessi fatto la spesa in un negozio specializzato in prodotti biologici avrei speso circa 43 euro. Bisogna dire però che la differenza di prezzo tra bio e non bio varia, e di molto, a seconda della stagione e a seconda del tipo di prodotto acquistato.
Uova, latte e yogurt biologici costano poco più rispetto agli stessi prodotti in versione non bio. Alcuni alimenti biologici possono anche costare di meno come, nel mio esperimento, la passata di pomodoro.
La differenza tra prezzi bio e non bio si fa sentire se si parla di frutta e verdura o di prodotti come la carne e i succhi di frutta. I prezzi dei prodotti biologici, poi, sono strettamente legati alla stagionalità. La mia saporita mela biologica costava 3,18 euro al chilo in ottobre in un negozio specializzato. Solo un mese più tardi, iniziando la stagione delle mele, il prezzo nello stesso negozio è sceso a 1,85 euro.
Prestando attenzione a quando e a che cosa si acquista, quindi, si può riuscire a ridurre lo scontrino biologico. Ma la differenza di prezzo rispetto ai prodotti non biologici resta, in molti casi è elevata ed è il primo grande ostacolo per chi voglia avvicinarsi al mondo bio. Perché i prodotti biologici al di fuori dei circuiti dei Gas sono così costosi?
Non esiste un modo per ridurre i prezzi? Per rispondere a queste domande ripercorriamo la strada di un prodotto biologico, dal campo allo scaffale del supermercato. Sono due i fattori chiave da cui dipendono prezzi così elevati. Da un lato coltivare in modo biologico costa effettivamente di più. Dall’altro il mercato biologico è ancora troppo piccolo e organizzato.
Conto salato per chi coltiva biologico
«Coltivare con metodi biologici costa molto di più. Da un 20% in più per limoni o carote a un 50% in più per la frutta zuccherina come pesche e uva, più difficili e rischiose». Rosario Provino è il presidente del Consorzio Agrobiologico Siciliano e conosce bene i problemi legati all’agricoltura biologica. Meno resa e più rischi di perdere il raccolto. Queste le principali voci che pesano sul budget dei bio-coltivaroti.
«Nell’agricoltura biologica si possono usare solo concimi naturali come il letame, che costano più dei concimi chimici e garantiscono una resa di gran lunga inferiore – spiega Rosario Provino – E usare concimi naturali non basta. Per coltivare un campo in modo biologico serve molta più attenzione e molto più lavoro, quindi più manodopera». Ecco un’altra voce da aggiungere ai costi del bio. I rischi poi sono altissimi. «Se un parassita colpisce una coltura è difficile debellarlo – continua Provino – Usando pesticidi chimici sarebbe facile, ma nell’agricoltura biologica sono banditi. Sale quindi il rischio di perdere il raccolto». Anche usare il nome “biologico” ha un prezzo, tanto per i produttori quanto per trasformatori e distributori.
Tutte e tre le fasi devono infatti essere controllate e certificate. E la certificazione ha un costo da pagare ogni anno. «Le aziende produttrici versano dai 400 ai 4.000 euro a seconda della dimensione della superficie coltivata e della coltura», spiega Alessandro Pulga, direttore tecnico di Icea, uno dei principali organi di certificazione e controllo dell’agricoltura biologica. I distributori versano circa lo 0,5% del fatturato, i punti vendita bio che vendono prodotti sfusi pagano 500 euro l’anno.
Questi costi però non bastano a spiegare la differenza di prezzo tra prodotti bio e non bio, che, secondo le rilevazioni dell’Ismea, l’istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, si attesta in media sul 61% e in alcuni casi supera il 100%.
Mondo-Bio, troppo piccolo e sbriciolato
Sebbene i maggiori costi che comporta il metodo biologico si facciano sentire al momento della produzione, è nella fase finale della filiera che i prodotti bio allungano le distanze dai prodotti convenzionali (vedi , confronto prezzi bio-non bio). «I prezzi alla produzione dei prodotti biologici giustificano una differenza rispetto a quelli convenzionali di un 20-30% – sottolinea Francesco Giardina del Sinab, il sistema d’informazione sull’agricoltura biologica finanziato dal ministero delle politiche agricole – Le differenze di prezzo più consistenti rispetto ai prodotti non bio si accumulano nella distribuzione».
La colpa è delle dimensioni, troppo piccole, del mercato dell’agricoltura biologica e di un’organizzazione, quasi assente, dell’offerta. Sebbene l’Italia sia al primo posto in Europa e al terzo nel mondo, con un giro d’affari annuo di 1,4 miliardi di euro, il biologico rappresenta solo l’1,5% del mercato alimentare italiano. «Le aziende agricole solitamente sono piccole, sparpagliate per la penisola e non sono organizzate – spiega Davide Marino, docente di Economia ed Estimo rurale all’Università del Molise – Tutti fattori che rendono difficile gestire la logistica e che fanno lievitare i costi della distribuzione».
«In più la maggior parte della produzione biologica avviene al Sud, mentre la maggior parte del consumo si concentra al Nord – aggiunge Francesco Giardina – Far incontrare la domanda e l’offerta diventa difficile e molto costoso». «Le attività che svolgiamo, dal trasporto allo stoccaggio alla distribuzione ai punti vendita, sono le stesse di un distributore non biologico – spiega Filippo Manini, responsabile assortimento di Ecor, uno dei più grandi distributori biologici italiani – Ma i volumi sono molto più piccoli e i produttori molto frammentati. I costi quindi salgono».
La grande distribuzione risulta in parte avvantaggiata. Per questo spesso i prodotti biologici nei supermercati costano meno rispetto ai negozi specializzati, che però restano ancora il principale canale distributivo del mercato bio. Circa il 65% dei prodotti biologici passa attraverso i negozi specializzati. «Perchè i prezzi dei prodotti biologici si abbassino serve un mercato più grande, con una maggiore organizzazione della produzione e della distribuzione – conclude Francesco Giardina – Piattaforme commerciali e centri di aggregazione di produttori bio su tutto il territorio».
Un colpo di forbice ai prezzi bio
Metodi per ottenere prodotti biologici a prezzi contenuti, a volte addirittura più convenienti dei prodotti non bio, sono già a portata di mano. Il segreto è accorciare le distanze tra produttori e consumatori.
Secondo i dati rilevati dall’Ismea nei passaggi dal campo al punto vendita il prezzo dei prodotti biologici cresce in media del 125%. Saltando i passaggi intermedi si può risparmiare oltre il 50%. Una zucchina biologica acquistata direttamente dai produttori può costare fino a 1 euro in meno rispetto allo stesso prodotto bio sullo scaffale del supermercato, il cui prezzo oggi si aggira sui 3 euro. Dati rilevati dall’Aiab, l’associazione italiana per l’agricoltura biologica, che da oltre un anno promuove ogni forma di incontro ravvicinato tra produttore e consumatore, dalla vendita diretta negli spacci nelle aziende agricole, 1.200 produttori, maa anche i mercatini bio, 174 in tutta Italia nel 2004. «Acquistare direttamente dal produttore non solo permette di spendere meno ma garantisce anche un prodotto fresco e di qualità – conclude Enrico Erba, direttore dell’Aiab – È necessario però che tanto i consumatori quanto i produttori si organizzino». Sta già accadendo.
In tutt’Italia sbocciano spontaneamente i Gas, i gruppi di acquisto solidale. Amici, vicini di casa, colleghi di lavoro che si organizzano per fare la spesa a turno direttamente dal produttore biologico, riuscendo a spuntare prezzi vantaggiosi giocando sulle grosse quantità acquistate. Ma anche i produttori stanno iniziando a organizzarsi.
Un modello esemplare è quello di Officinae Bio. Una cooperativa di 14 aziende agricole del Lazio che hanno lanciato un’offerta in grado di competere con i prezzi dei prodotti non bio. Si chiama Cassettone: 10 chili di frutta e verdura a 12 euro. Ogni settimana la cooperativa propone due combinazioni diverse di dieci varietà di prodotti da agricoltura biologica raccolti il giorno prima della consegna. Un successo, con un migliaio di Cassettoni venduti ogni settimana. Basta un po’ di impegno e di organizzazione, quindi, e anche il mondo bio diventa accessibile.
Fonte: valori
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