La quantità di polveri sottili inalate dai ciclisti è addirittura più del doppio di quella dei pedoni (2,3 a 1). E’ quanto emerge da uno studio della London School of Medicine. Alla base di questa discrepanza potrebbe esserci il diverso tipo di respirazione. L’inalazione sarebbe infatti più profonda e frequente per i ciclisti, determinando così un più alto rischio di esposizione.
I ricercatori guidati da Jonathan Grigg hanno approfondito lo studio dei macrofagi, detti anche ”cellule spazzino” per la funzione di pulizia dalle sostanze estranee, nelle basse vie aeree. La ricerca ha analizzato campioni di muco raccolti da cinque adulti che regolarmente usano la bici per recarsi al lavoro a Londra confrontandoli con quelli prelevati a cinque pedoni e ha poi esaminato la quantità di nerofumo – così viene chiamata anche il residuo di particelle di carbonio inalate – trovato nei macrofagi. I risultati hanno mostrato che i ciclisti hanno 2,3 volte più nerofumo nei polmoni rispetto ai pedoni e la probabilità che questa differenza sia dovuta al caso è inferiore a 1 su 100.
Il Dottor Chinedu Nwokoro, ricercatore che ha lavorato allo studio e convinto estimatore della bicicletta ha così commentato i risultati ottenuti: “E’ ovviamente troppo presto per poter stabilire con certezza se ci sia o no una relazione diretta fra l’uso della bici e la quantità di inquinanti che si depositano nei nostri polmoni. I dati che abbiamo raccolto sono però molto interessanti e vanno tenuti in considerazione: saranno la base da cui partire per un nuovo studio, questa volta di grandi proporzioni, che definisca meglio la relazione causa effetto tra mobilità a due ruote e polveri inalate”.
“Qualunque sia la ragione – commenta il Dottor Nwokoro – questo è un elemento da considerare molto attentamente quando si progettano le piste ciclabili. Pedalare a distanza ravvicinata dalle auto lungo le arterie più trafficate delle metropoli può rappresentare un serio rischio per la salute: chi sceglie la mobilità sostenibile va tutelato”.
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