Pfas in Veneto: i riscontri sull’incidenza di tumori, malattie vascolari e diabete

Non vi sarebbe evidenza di una maggiore quota di tumori tra le popolazioni venete esposte alle Pfas, le da sostanze chimiche utilizzate nell’industria per rendere impermeabili tessuti e rivestimenti.

Il Registro Tumori del Veneto ha analizzato i dati relativi alla Usl 5 dell’Ovest Vicentino e la Usl 6 (a Sud del capoluogo berico), per quanto riguarda il cancro alla prostata e al seno.

“Da tale osservazione – spiega il dirigente del Registro Tumori Manuel Zorzi – emerge che l’incidenza dei tumori maligni nelle Usl 5 e 6 negli uomini è inferiore alla media regionale e uguale a quella dell’Usl 16, mentre nelle donne è significativamente inferiore ad entrambi i parametri di paragone. In particolare nei sette Comuni di massima esposizione, per un totale di 45.464 residenti, l’incidenza è nettamente inferiore alla media del Veneto sia negli uomini che nelle donne”.

“Sono dati rassicuranti — ha dichiarato il professor Massimo Rugge, direttore del Registro Tumori del Veneto — ma il monitoraggio continua. Anche in funzione di ampliare a tutti i 4,9 milioni di residenti la copertura, oggi estesa a 3,3 milioni. E’ la più alta d’Italia”.

Il Servizio epidemiologico regionale, che ha preso parte all’indagine, ha riscontrato nei 21 Comuni esposti a Pfas un aumento di casi di ipercolesterolemia, diabete mellito, ipotiroidismo e malattie cardiovascolari, per le quali è previsto un piano di prevenzione.

Da novembre la Regione eseguirà su 85mila abitanti tra 14 e 65 anni di Montagnana e dei 13 Comuni veronesi compresi nell’”area rossa” gli stessi screening oncologici e di rilevazione di bioaccumulo di Pfas nel sangue già effettuati sui residenti vicentini.

“Ci stiamo organizzando per la chiamata individuale — ha spiegato la dottoressa Francesca Russo, direttore della Prevenzione — e con un gruppo tecnico composto da esperti di Regione, Registro Tumori, Istituto superiore di Sanità e Università condurremo il più grande studio a tema del mondo. Cercheremo di capire anche cosa sia successo prima della contaminazione dell’acqua. I soggetti nei quali dovessero emergere alterazioni saranno sottoposti ad esami di secondo livello. Le Pfas rimangono nel sangue 3-5 anni e allora a fine 2017 richiameremo i 600 residenti dei tre Comuni più colpiti, Brendola, Lonigo e Sarego, per vedere se le concentrazioni sono diminuite”.

Partirà infine nell’area rossa il monitoraggio della catena alimentare: verrà individuato un paniere di cibi da confrontare con quelli di un’«area bianca» del Veneto, cioè libera da Pfas.

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