È allarmante la situazione dei pesticidi nelle acque italiane che emerge dal rapporto nazionale dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Il rapporto si riferisce al 2013 ed è stato elaborato dopo l’attenta analisi delle informazioni trasmesse dalle Regioni e dalle Province autonome relative a oltre 21mila campioni.
Su 355 composti cercati, ne sono stati trovati 166. Si tratta principalmente di residui di prodotti fitosanitari usati in agricoltura, ma anche pesticidi per uso non agricolo impiegati in vari settori.
Nel rapporto si legge che fra le criticità c’è la contaminazione dovuta agli erbicidi triazinici e ai loro principali metaboliti. Sono ancora largamente presenti sostanze ormai fuori commercio, come l’atrazina (bandita da oltre due decenni) e la simazina, vietata in anni più recenti. Tale riscontro è dovuto è al residuo di una contaminazione per il forte utilizzo delle sostanze in passato e alla loro elevata persistenza ambientale.
A livello geografico la contaminazione appare più diffusa nella pianura padano-veneta, sebbene anche al sud emerga una contaminazione significativa.
I fiumi della Lombardia risultano pieni di veleni. Secondo i dati di Regione e dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) acquisiti dall’Ispra, in Lombardia sono state trovate 26 sostanze pericolose (9.539 le misure effettuate). Dei 168 punti di monitoraggio delle acque superficiali , l’82,7% ha restituito residui. Una media più bassa per le falde: sono state riscontrante sostanze nel 56,4% dei casi (195 punti di prelievo).
Il quadro non è molto diverso negli agli altri Paesi dell’Unione Europea, dove si concentra un terzo della produzione chimica mondiale e sono rintracciate sul mercato più di 100mila sostanze tossiche.
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