Supporto a genitori e bambini, o promozione di farmaci?

Questa è un’intervista resa alla nostra redazione da Gianni Zappoli, delegato del Centro Formazione e Ricerca “Don Lorenzo Milani” – nota istituzione sociale per l’assistenza pedagogica ai più deboli – su di una vicenda veramente inquietante: un’associazione che – con il beneplacito di funzionari di un’istituzione pubblica – consiglierebbe senza riserve l’uso di psicofarmaci a genitori ed insegnanti, in quanto “privi di effetti collaterali”. Non sono medici, non sono psicologi, ma prendono posizione contro l’ASL di Bologna, competente territorialmente, e dirottano le famiglie ad un’ASL del Veneto “dove è più facile ottenere le metanfetamine per i bambini”. Medicalizzazione self-service?

Ci dica in breve cosa è successo…

E’ successo che qualche giorno fa un genitore si è rivolto alle nostre strutture, essendo la nostra una realtà notoriamente impegnata nel mondo della scuola, per avere un consiglio ed un conforto. Il motivo dell’incontro è stata la forte perplessità sorta in questo genitore in seguito ad un approccio avvenuto giorni fa con un’associazione di Bologna, tale “AGAP – Associazione amici di Paolo”.

E di cosa si occuperebbe questa associazione?

Diciamo che si presenta come un “supporto” per genitori e bambini che vivono situazioni di disagio comportamentale, in particolare bambini iperattivi, sofferenti della – peraltro discussa – sindrome del deficit di attenzione, l’Adhd.

Come mai il genitore in questione era “fortemente perplesso”?

Beh, molto semplicemente perché gli è stato spiegato – dopo una serie di giri di parole – che lo psicofarmaco è una soluzione efficace. Li definiscono “stracollaudati”, e privi di effetti collaterali, eccetera, il tutto con toni molto tranquillizzanti, tali da invogliare senza riserve al consumo. Ancor più sconcertante è l’affermazione che “durante le quattro ore di efficacia dello psicofarmaco è possibile insegnare al bambino le cose con efficacia”, quasi fosse una specie di “ammaestramento” possibile grazie al farmaco.

Da un medico dell’associazione?

No, il punto è proprio quello: era sì un rappresentante dell’associazione, ma non era un medico. Diciamo che al genitore è stata prospettata la soluzione farmacologica come la soluzione migliore in molti casi, utilissimo, senza rischi, eccetera.

E siete sicuri non si trattasse di un medico?

Abbiamo verificato con cura i nominativi, nessun responsabile dell’associazione a noi noto risulta essere iscritto all’albo dei medici. Ma il problema non è solo quello della forte preoccupazione di questo genitore per questi “consulti” azzardati per telefono, ma più in generale Lui, incuriosito, ha preso informazioni – che poi ci ha riferito e documentato per iscritto – sui progetti che questa associazione segue nelle scuole dell’Emilia Romagna, e ne emerge in effetti un quadro ancor più preoccupante. Pare che quest’associazione promuova una campagna nelle scuole, un vero e proprio invito alla “medicalizzazione del disagio”, inquadrando i problemi del comportamento dei bambini come problemi clinici e “suggerendo” lo psicofarmaco come una soluzione efficace. Noi non entriamo certo nel merito dell’utilità o meno di utilizzare un farmaco, ma queste sono questioni delicate, che devono afferire alle strutture specialistiche, e non – con tutto il rispetto – ad associazioni che nulla hanno a che fare con la clinica e la medicina.

Cos’altro risulta che dicano agli insegnanti ed ai genitori, questi signori?

Mah, una cosa che ci ha davvero sconcertato, è che pare prendano posizione contro la Direzione Regionale Sanità, in particolare contro la dott. sa Elisabetta Frejaville, giudicata troppo “morbida” sulla questione psicofarmaci. Ma ancor più grave è come dipingono l’ASL di Bologna, ed anche l’unità di neuropsichiatria dell’Ospedale Maggiore: li criticano senza riserve, al genitore al telefono han detto che a questi specialisti di Bologna “non frega proprio niente dei bambini”, e che essi “dedicano troppo poco tempo a questi problemi dei bambini”. Conosciamo di nome il dott. Giancarlo Rigon, che segue la neuropsichiatria sul territorio, e non ci sembra un’incompetente. Certamente prescrive pochi psicofarmaci, ovvero solo ai casi estremi e quando lui lo ritiene giusto, ma questo non giustifica una “migrazione” di piccoli pazienti verso lidi più permissivi…

In che senso “migrazione”? Vengono portati in altre ASL?

Si, sempre gli operatori di questa associazione, sulla cui competenza non vogliamo esprimerci, suggeriscono ai genitori di togliere i bimbi dal centro di Bologna e di portarli a San Donà di Piave, dove “si ottengono le prescrizioni degli psicofarmaci senza problemi”. Stanno li tre giorni, poi ritornano indietro nella città di residenza con la ricetta per gli psicofarmaci, ottenuta “facilmente”.

Questo è davvero sconcertante. E i “corsi” dei quali accennava prima, che taglio hanno? Sono organizzati direttamente nelle scuole?

Sono corsi nei quali si spiega che questi problemi del comportamento dei bambini sono una “malattia”, e che quindi sono necessariamente da “curare”. E non solo: a volte sono organizzati anche con il beneplacito del Ministero.

Scusi, lei sostiene che il Ministero Pubblica Istruzione è d’accordo?

Si. Non è difficile da dimostrare, con la documentazione in nostro possesso, non trova? (ci ha esibito un manifestino d’invito ad un convegno, in effetti su carta intestata del Ministero Pubblica Istruzione, Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna). L’organizzazione del corso è a cura di tale dottoressa Monica Pavan, che dice di essere una psicologa.

Perché usa il condizionale?

Perché all’Ordine Nazionale degli Psicologi non risulta proprio iscritta, in nessuna regione d’Italia. E’ davvero preoccupante che insegnanti e genitori si affidino con fiducia a personaggi privi dei requisiti minimi di legge, soprattutto quando parliamo di farmaci psicoattivi su dei bambini (ad una verifica sulla banca dati on-line dell’Ordine, in effetti non risulta iscritta come psicologa nessuna persona con quel nome e cognome, ndr).

C’è altro che vuole aggiungere?

Questa associazione critica anche gli psichiatri dell’ASL di Bologna perché usano il manuale ICD-10 per fare le diagnosi dei problemi di comportamento dei bambini, la Pavan sostiene che non va usato: ma noi ci siamo informati, è il manuale diagnostico ufficiale redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, un organismo sovranazionale,come può un operatore sociale sconsigliarne l’uso?

Vuole dire che questi “operatori” sconsigliano l’uso di un manuale diagnostico ufficiale e danno la “loro versione” che include l’uso di psicofarmaci anche quando le diagnosi ufficiali non lo renderebbero necessario?

Si, è esattamente ciò che sta accadendo in Emilia-Romagna, lo confermo. E vorrei aggiungere un’ultima cosa, prima di concludere: al genitore che li ha interpellati per telefono, questi signori dell’associazione hanno detto – vantandosene – di avere “grandi appoggi”, di essere sostenuti a livello parrocchiale, sanitario e scolastico. Vorrei proprio sapere allora i nomi ed i cognomi di chi è rimasto coinvolto in tutta questa serie di comportamenti discutibili, se non illeciti. A nostro avviso la magistratura dovrebbe occuparsene senza ritardo, è angosciante pensare che nella scuola pubblica italiana si faccia una così sfacciata propaganda agli psicofarmaci per bambini, laddove il Codice Farmaceutico, che è una legge dello Stato, impone invece delle restrizioni rigidissime in tal senso.


Intervista raccolta in parte telefonicamente ed in parte via email tra il 10 ed il 12 febbraio 2008 da giornalisti della redazione di “Giù le Mani daiBambini”, Comitato nazionale italiano per la farmacovigilanza in età pediatrica.

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