Gunter Pauli e la ricetta per un mondo sostenibile

La natura dà tutto quello che serve a chi la osserva e rispetta i suoi tempi. Basta non sprecare nulla e usare il cervello. La ricetta di Gunter Pauli per un mondo sostenibile non fa una grinza. E sembra dannatamente semplice in un mondo dannatamente complicato. Chi si adeguerà: noi a lui o lui a noi? Lui è ottimista. “Quando la gente si accorgerà che tutto è collegato ne rimarrà affascinata”. E il gioco sarà fatto. Un visionario? Difficile da sostenere dopo aver letto il suo curriculum. Pauli, 49 anni, una laurea in economia e due Mba alla prestigiosa Insead in Francia, sei lingue parlate correttamente, otto libri sul management tradotti in tutto il mondo, imprenditore, globe trotter da sempre, ora è impegnato in un progetto (la “Zero Emission research initiative” dell’Università dell’Onu a Tokio) che punta a far diventare ecologiche le aziende che non lo sono. Con lui abbiamo parlato dei temi ambientali “caldi” e di dove dovrebbe andare l’economia mondiale per essere eco-compatibile.

Il 16 febbraio è entrato in vigore il protocollo di Kyoto. C’è chi dice che è già un “dead man walking”, chi invece che è un neonato scampato a un aborto. Lei cosa ne pensa?
Il protocollo di Kyoto è un primo passo in avanti, incompleto e certo facile da criticare. Ma quello che importa è che il mercato delle emissioni inquinanti è diventato realtà per 12mila aziende europee e sta cambiando il modo di pensare di tutti. Anche se la lobby di Exxon Mobil fa pressione sul governo americano perché ne resti fuori, anche questa compagnia quando opera in Europa lo dovrà rispettare.

La Royal Society britannica ha lanciato un allarme: lobbisti Usa anti-Kyoto stanno aprendo i loro uffici a Londra. Evidentemente costa meno fare lobby contro Kyoto che studiare soluzioni pro-Kyoto. Ma secondo lei perché i grandi gruppi industriali non si impegnano di più per studiare soluzioni ecocompatibili? È solo un problema di costi?
Il problema è che non ne hanno ancora viste le opportunità. Non è un problema di soluzioni più o meno verdi. Ma di come sia possibile creare più valore, più ricavi. Ci sono già tante di imprese che ci stanno riuscendo. Un esempio per capire come funziona un sistema di produzione eco-compatibile: bevi un caffé e quindi produci dei rifiuti. Questi rifiuti li usi per coltivare funghi. Poi prendi i rifiuti dei funghi e ne ricavi mangime per gli animali. Questo è il nuovo business eco-compatibile checoincide con le strategie del core business.

Può fare qualche nome di azienda che, secondo lei, è “ambientalmente corretta” e nello stesso tempo ha bilanci in crescita?
Il caso migliore che conosco è quello di Patagonia, l’azienda americana di abbigliamento sportivo è andata molto avanti nel suo impegno per l’ambiente e è anche molto redditizia. Poi c’è una cooperativa indiana che si chiama Poabs, anch’essa genera molti profitti. Pensi che questa cooperativa compra piantagioni di tè in fallimento considerate non redditizie dalle multinazionali e le rimette in sesto. Un terzo esempio, il più sensazionale, è Las Gaviotas in Colombia: hanno avuto successo nella riforestazione e anche nella rigenerazione della foresta pluviale, creando posti di lavoro e ricavi. Potrei farle tanti altri casi, il fatto è che queste compagnie non sono molto visibili perché sono piccole. Ma alla fine saranno queste migliaia di imprenditori che faranno la differenza.

Autorevoli rappresentanti del mondo scientifico italiano si sono schierati a favore di un tema controverso come gli organismi geneticamente modificati e negli ultimi tempi è tornato in auge il sì al nucleare. A fare da contrappeso spesso ci sono organizzazioni ambientaliste che non comunicano alternative chiare. Risultato: la gente è confusa. Lei cosa ne pensa?
La questione ogm non esiste, è un motivo di dibattito solo per gli scienziati. Ed è appunto questo dibattito che sta alienando il pubblico. Tornando all’esempio di prima: se coltivi funghi con i rifiuti del caffé e nutri gli animali con i rifiuti dei funghi generi 40 volte più proteine di quello che sarebbe mai stato considerato possibile. La natura è in grado di creare di più. L’unica condizione è che non ci si fermi alla monocoltura. Anche la questione del nucleare non è da discutere: chieda a una compagnia assicurativa se coprirebbe il rischio senza la garanzia del governo. La risposta sarebbe no, nessuna assicurazione lo farebbe. Il dibattito reale è che ci si dimentica che tutto è collegato.
Per esempio: se hai il riso, allora hai anche l’acqua e sulla superficie dell’acqua si forma uno scarto. Quello scarto è l’alga spirulina. Un’alga molto salutare. Insomma se produci il riso hai anche la spirulina, ma nessun produttore di riso produce anche la spirulina. Peccato, perché combinando il riso con la spirulina otterrebbe una quantità di vitamina E che un riso ogm non arriverà mai ad avere.

Quali principi dovremmo seguire per consegnare ai nostri figli un mondo vivibile?
Dovremmo soddisfare i bisogni primari di tutti, cioè cibo, acqua, casa, energia, diritto alla salute, lavoro e educazione, con quello che abbiamo a disposizione e in coevoluzione con la natura. Cioè tenendo conto che tutto cambia in ogni istante, richiede cambiamento, che ogni volta che il clima cambia tutto cambia e quindi noi dovremmo mantenere un alto livello di creatività e di innovazione. Una funzione che dovrebbe essere propria soprattutto degli imprenditori.

Fonte: valori

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