Cracker, fette biscottate, cereali, caffè, biscotti, pane e patate. In molti prodotti di uso comune si può formare una sostanza potenzialmente cancerogena: l’acrilammide. Si tratta di una sostanza chimica che si forma spontaneamente negli alimenti amidacei durante i processi di cottura – sia a livello casalingo che industriale – ad alta temperatura (superiori a 120 °C). Riguarda, quindi, principalmente cotture come la frittura, quella in forno e alla griglia, ma anche processi più tipicamente industriali come, ad esempio, la tostatura.
Le patate, in particolare, sono state al centro di una ricerca realizzata circa un anno fa da Studio Abr che aveva indagato la percentuale di acrilammide presente in alcune marche di patatine fritte in sacchetto vendute nei supermercati, rilevando, in alcuni casi, risultati sopra la soglia di sicurezza consigliata.
Come tutelarsi? Evitando consumi eccessivi di alimenti industriali e/o artigianali nel caso di alcune categorie di alimenti, e facendo attenzione alla propria dieta e abitudini di cottura. “Nel primo caso i consumatori dovrebbero preferire – sia quando comprano alimenti sfusi come pane, biscotti e pizza, sia quando consumano in bar e ristoranti – prodotti mediamente cotti. Mentre per quanto riguarda il secondo aspetto, va detto che la cottura a livello domestico degli alimenti contribuisce in maniera non secondaria all’esposizione totale”, spiega il dottor Ettore Coni, responsabile del Reparto di contaminanti chimici negli alimenti dell’Istituto superiore di sanità (Iss).
Quando si mangia a casa bisognerebbe preferire sempre cotture lente a bassa temperatura e fare attenzione al colore di fine cottura degli alimenti che è un buon indicatore di formazione di acrilammide. “Non vi devono essere – raccomanda Coni – segni evidenti di imbrunimenti e/o bruciature. Nel caso delle patatine fritte, ad esempio, queste devono essere dorate e non marroncine. Stessa cosa vale per i prodotti cotti in forno come, ad esempio, biscotti, patate, pizza e pane”.
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