Produrre più cibo e coltivare senz’acqua. I sostenitori degli Ogm li propongono come soluzione alla fame nel mondo. Ma esistono molte altre possibilità, naturali, sostenibili, meno costose e senza effetti collaterali.
Siete favorevoli o contrari agli OGM? La domanda alla quale dobbiamo rispondere non è tanto questa, bensì: qual è l’obiettivo degli Organismi geneticamente modificati? Se è quello di ottenere colture resistenti alla siccità, allora dovremmo chiederci: perché vogliamo piantare colture che richiedono acqua in aree dove l’acqua non c’è? Perché non puntiamo su colture che, invece, sono in grado di crescere in queste condizioni ambientali?
Se abbiamo una scelta limitata a cinque varietà (grano, riso, mais, soia, palme), piantate in monocolture, allora non abbiamo scelta: dobbiamo modificare geneticamente tali colture per consentire loro di resistere alla siccità. Se, invece, nell’anno internazionale della Biodiversità, cercassimo i semi, risultato di milioni di anni di adattamento, potremmo applicare la migliore opzione possibile, disponibile attualmente e già sperimentata, senza effetti collaterali.
Potremmo piantare immediatamente i semi senza dover portare avanti ulteriori ricerche, risparmiando il denaro per far approvare i prodotti, quello per le campagne pubblicitarie e per le attività dei lobbisti che cercano di far sì che le colture resistenti alla siccità siano appoggiate dai legislatori.
Una rapida analisi delle attuali banche del seme conferma che esistono centinaia di biotipi disponibili a ogni latitudine o altitudine, con una vasta sperimentazione alle spalle, capaci di resistere alla mancanza d’acqua.
Per sfamare il Pianeta
La seconda argomentazione è che le colture “tradizionali” non sono in grado di produrre sufficiente cibo per tutti. È vero? Siamo portati a credere che solo cinque colture, modificate geneticamente attraverso un cocktail chimico, potranno salvarci da fame e carestie. Lasciatemi analizzare la questione. Se consumiamo solamente una frazione di quanto produciamo (lo 0,1% del tè, lo 0,2% del caffé o il 17% dello zucchero) e il resto viene lasciato a marcire, utilizzato per generare gas metano, bruciato o riarato nel terreno, allora è vero che non produrremo mai abbastanza cibo.
Personalmente dubito che l’appetito della crescente popolazione globale sarà mai in grado di garantire sicurezza alimentare per tutti, anche qualora si introducessero in modo massiccio gli Ogm. Forse la creazione di tale scarsità permanente è ciò di cui i produttori di Ogm hanno bisogno per giustificare la loro tesi secondo cui allevierebbero la fame nel mondo.
Monocolture, irrigazione, selezione dei semi e dei fertilizzanti hanno incrementato la produzione delle singole colture, non c’è dubbio. Ma tale approccio ha perso di vista le enormi opportunità esistenti anche al di là del riso e del frumento. Dovremmo declinare le nostre risorse agricole nel modo in cui viene fatto dagli ecosistemi. In realtà, siamo l’unica specie che spreca. Nessun altro è capace di farlo. Così, anziché cercare di affrontare il problema della fame, potremmo utilizzare la sperimentazione integrata con le moderne tecniche agricole per superare il concetto di scarsità e lavorare per ottenere la sufficienza o, addirittura, sognare l’abbondanza.
Una logica al contrario
Se trasformiamo l’agricoltura in un sistema di produzione e consumo che sfrutta tutte le risorse disponibili – ad esempio coltivando i funghi dai resti di caffè o tè come si fa in Africa o in America Latina, o dalla paglia del riso secondo la tradizione cinese – allora potremmo produrre colture che garantiscano 100 volte la quantità di aminoacidi attualmente disponibili.
Non esistono Ogm o piani di irrigazione in grado neanche di avvicinarsi a questa performance.
Quando Il Cairo ha affrontato un intollerabile inquinamento atmosferico dovuto alla paglia di riso bruciata, la migliore soluzione trovata fu modificare geneticamente il riso, per produrre una qualità “a gambo corto”. E chi potrebbe dichiararsi contrario alla riduzione delle malattie respiratorie causate dall’incenerimento incontrollato dei rifiuti agricoli (che una volta erano utilizzati per costruire, mentre oggi sono stati rimpiazzati dal cemento)? Ma perchè, in una megalopoli tentacolare come Il Cairo, non si è considerata la possibilità di generare maggiori quantità di cibo? La coltivazione di funghi dalla paglia di riso in un’area urbana genera occupazione, guadagni e converte rifiuti in cibo, riducendo l’inquinamento.
È già stato fatto in 16 Paesi. La scusa addotta è stata che gli egiziani non mangiano funghi? Non avevano mai mangiato nemmeno gli hamburger, che oggi invece spopolano. Allora c’è o no qualche difetto nella logica economica? (…)
Il riso contro la cecità
Ora voglio offrire un secondo esempio, per valutare il contributo potenziale degli Ogm per un Pianeta sostenibile, sano e felice. Ricordate l’avvento del Golden Rice, 15 anni fa? Questo riso geneticamente modificato fu annunciato come una soluzione definitiva ai problemi della cecità. Se, per proteggere i bambini dalla cecità, modifichiamo geneticamente il riso, aggiungendo betacarotene ai chicchi, come si potrebbe essere contrari? Però non dovremmo formarci un’opinione sulla base di ciò che è “buono” e ciò che è “cattivo”, dovremmo piuttosto scegliere la migliore opzione possibile, che comporta i rischi minori, considerando le conseguenze, anche involontarie, che potremmo cagionare agli abitanti del Pianeta.
Quando ci confrontiamo con una sfida sociale come la cecità, dovremmo innanzitutto domandarci perché tale malattia sta crescendo. Immediatamente capiremmo che la questione è proprio la mancanza di betacarotene…ovvio! Ma è una ragione sufficiente per modificare geneticamente il riso?
Dovremmo domandarci: perché esiste tale mancanza di betacarotene nella catena alimentare che gravita intorno alle piantagioni di riso? Studiando gli ecosistemi scopriamo che alcune micro-alghe, compresa l’alga verde-blu, esistono più o meno ovunque. Si tratta di una delle prime forme di vita comparse sulla Terra.
Sono presenti da miliardi di anni, hanno superato tutte le calamità naturali e sono eccellenti produttori di betacarotene e di molti altri elementi nutritivi. Perciò che cosa è accaduto loro attorno alle coltivazioni di riso? Scopriamo che nelle risaie si forma uno strato schiumoso, che è stato rimosso tramite l’uso di additivi chimici, per incrementare la produzione.
Ma quella schiuma è ricca di microalghe e, quindi, molto ricca di betacarotene. In Cina, Vietnam, Laos e Cambogia i contadini mettono gamberetti o, addirittura, carpe nelle risaie, che mangiano le microalghe ricche di betacarotene, assicurando questa preziosa sostanza nella catena alimentare, in modo che la popolazione ne abbia a sufficienza, usando in modo naturale le risorse. Questo metodo di coltivazione non è “efficiente” in termini di produttività del riso come la monocoltura, ma genera più sostanze nutritive, provvedendo alla sicurezza alimentare e anche garantendo le difese necessarie contro le malattie moderne, come la cecità.
Questo metodo produce più reddito a livello locale. Mentre le colture da esportazione generano una quantità maggiore di prodotti ed entrate che fluttuano con i mercati mondiali dei prezzi. Il nostro “moderno” metodo di coltivazione del riso, focalizzato sulla massimizzazione della produzione, elimina il betacarotene (e molto altro) dalla catena alimentare. Spinti dalla volontà di aumentare la produzione di un elemento, il riso, riduciamo la produzione naturale di tutti i fondamentali aminoacidi e micro sostanze nutritive che il riso da solo non può fornire.
Come possiamo accettare che la soluzione alla cecità sia la manipolazione genetica? Se veramente vogliamo combattere questo grave problema, allora dovremmo coltivare il riso, lasciare la sua schiuma nell’acqua, usarla per nutrire anatre, crostacei e pesci. Così avremmo un apporto equilibrato di proteine e, allo stesso tempo, un’adeguata produzione di betacarotene. Come i nostri ricercatori hanno dimostrato, questo sistema produce più sostanze nutritive di qualsiasi coltivazione intensiva di riso Ogm.
Il Golden Rice non risolve alcun problema oltre alla cecità, ma alimenta un modello agricolo insostenibile, sia sul fronte della produzione (esaurisce la fertilità del suolo), che su quello del consumo (producendo cibo sbagliato).
E com’è possibile che la compagnia svizzera che produce il Golden Rice abbia un’autorizzazione esclusiva, fino al 2012, per la vendita di riso “anti-cecità” per trarne profitto? Se lo scopo è guadagnare e massimizzare il ritorno degli azionisti, allora dovrebbe essere esplicitato nella campagna che si propone come soluzione per combattere la cecità.
È giunto il momento di smettere di rattoppare i problemi con soluzioni raffazzonate e iniziare a mettere in cantiere soluzioni durature che possano svilupparsi e migliorare nel tempo. In Brasile abbiamo calcolato che il betacarotene che può essere naturalmente prodotto per ogni ettaro all’anno dall’ecosistema che ha reso il riso così competitivo è 40 volte più alto di quello che potrebbe essere generato da una modifica genetica del riso. E può essere ottenuto a un costo più basso.
Quindi io non sono “contro” il Golden Rice o gli Ogm, io cerco sempre di domandarmi “qual è il modo migliore per raggiungere un risultato?”. E se l’obiettivo è combattere la cecità dovuta alla mancanza di betacarotene, allora il Golden Rice è una soluzione piuttosto scarsa. E, peggio, è un’opzione costosa e inefficace se confrontata alle tecniche agricole integrate che, si è dimostrato, funzionano. Finora per tutti gli esempi che mi sono stati proposti per giustificare gli Ogm, ho sempre trovato una soluzione migliore. Soluzioni che contribuiscono alla salute e alla vivibilità di tutti, eliminano la fame e sono anche più competitive.
Fonte: valori
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