I musicisti e le persone bilingue fanno meno fatica a completare un certo compito: un effetto questo che potrebbe proteggere dal declino cognitivo e comunque ritardare l’esordio della demenza. È quanto emerge da uno studio pubblicato su Annals of the New York Academy of Sciences.
Lo studio ha coinvolto 41 giovani adulti (età compresa tra i 19 e i 35 anni), distribuiti in tre gruppi in base al fatto di essere madrelingua inglesi e a digiuno di musica, musicisti madrelingua inglesi o bilingui non in grado di suonare uno strumento musicale.
Ognuno di loro è stato quindi sottoposto ad uno studio di neuro-imaging funzionale mentre veniva chiesto loro se il suono somministrato nel test fosse della stessa natura di quello precedentemente ascoltato. I suoni del test potevano essere prodotti da strumenti musicali, dall’ambiente o dall’uomo. Inoltre ai partecipanti veniva richiesto di indicare se il suono ascoltato provenisse dalla stessa direzione del precedente.
I risultati dimostrano che i musicisti tendono a ricordare la tipologia del suono più rapidamente di chi non suona uno strumento; bilingui e musicisti sono invece in grado di indicare la direzione di provenienza del suono con maggior precisione. Nel compito di ricordare il suono i bilingui non sono andati molto meglio di coloro che parlano una sola lingua e non suonano uno strumento nel compito di ricordare il suono. Tuttavia, nel completare il compito, hanno mostrato comunque un’attività cerebrale ridotta.
“I bilingue – spiega Claude Alain, del Baycrest Rotman Research Institute – impiegano più tempo a processare i suoni, poiché l’informazione deve attraversare due ‘biblioteche’ linguistiche, anziché una sola. Durante l’esercizio il cervello dei bilingui mostra maggiori segni di attivazione nelle aree adibite alla comprensione del linguaggio e questo supporta questa teoria”.
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