“La morte è l’una o l’altra di due cose: o è un annullamento e i morti non hanno coscienza di nulla; o, come ci vien detto, è veramente un cambiamento, una migrazione dell’anima da un luogo ad un altro” (Socrate)
Qualcuno dice che le paure siano la causa principale delle nostre malattie. Vincere le paure potrebbe allora equivalere a restare in buona salute senza necessità di farmaci o altro.
Forse è un affermazione esagerata, ma indubbiamente il mondo moderno sembra orientato nella trasmissione e diffusione di paure di ogni tipo: paura di malattie pericolosissime, catastrofi naturali, incidenti stradali, guerre, terrorismo, delinquenza, ecc.
Veniamo travolti da notiziari che annunciano quotidianamente disgrazie ed eventi negativi.
In una società che si premura di fornire certezze di ogni genere, dagli investimenti economici ai programmi politici, dalle attività lavorative agli svaghi, si parla tanto (e spesso a sproposito) di malattie, ma nessuno parla volentieri della morte. Ogni giorno riviste, programmi televisivi o radiofonici ci mettono in guardia contro le malattie, dalle più banali alle più insidiose, suggerendo metodiche preventive di ogni genere, ma spesso ottengono solo il risultato di alimentare paure sempre più profonde che spingono le persone comuni a rivolgersi al medico anche quando sono sane. La malattia va evitata ad ogni costo perché equivale all’anticamera della morte, anche se quest’ultima però non è mai un argomento di discussione. La morte si evita. Porta male parlarne.
Si può davvero “prevenire” la morte con esami e medicamenti?
Paradossalmente, sembra che i progressi della Medicina moderna, tanto sottolineati dai mezzi d’informazione, abbiano fatto poco o nulla contro le grandi cause di morte dei Paesi più ricchi: le malattie cronico-degenerative. Si muore come prima, ma con molta più paura.
La paura della morte condiziona tutta la nostra vita, specie con la comparsa degli inevitabile “segni dell’età”.
La signora con la falce, come spesso viene rappresentata nei dipinti antichi o nei film del secolo scorso (memorabili alcune sequenze come quelle iniziali del “Settimo Sigillo” di I. Bergman dove un cavaliere crociato gioca a scacchi con la morte), in realtà si preannuncia solo raramente. Arriva quando vuole. E il più delle volte si prende il nostro corpo in pochi istanti.
Perché allora tanta paura?
La morte è una sensazione sgradevole?
La morte è un passaggio doloroso?
Poche persone hanno avuto la possibilità di esplorare che cosa succeda dopo il fatale momento. Raccontano di esperienze di luce, di grande pace, di grande serenità. La scienza fatica a credere e ritiene che tali esperienze siano solo frutto di meccanismi allucinatori del cervello sofferente.
Non sappiamo chi abbia ragione di certo. Ciò su cui vale la pena di riflettere è se valga la pena di mantenere tanta paura su un evento inevitabile nella nostra vita. Ed esserne condizionati al punto di non poter vivere sereni, godendo appieno la vita presente.
“Morire di Paura” è piccolo e breve saggio che, come scrive Claudio Calzana, “… È dedicato alla paura della morte che accompagna la nostra società occidentale. Tante riflessioni di medici passati e presenti, stranieri e italiani (tra cui Negro, Gava, Rosciano, Lo Rito), di ricercatori italiani e internazionali, di filosofi (dai greci ai moderni), di santi e di esoteristi (Hedsel, Bailey, Ouspesky ecc.), di pensatori … Tutte con un solo obiettivo: aiutare a non aver paura della malattia e della morte. Un saggio per non vivere nella paura perdendoci la bellezza della vita presente”.
Non si offrono dogmi o certezze. Sta al Lettore giungere a conclusioni, ma il messaggio forte e chiaro rimane: non dobbiamo temere la morte.
Alberto Mazzocchi è autore del libro “Morire di Paura. Perchè non dobbiamo temere la morte”
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