I medici francesi che ricevono regali da aziende farmaceutiche tendono a fare “prescrizioni più costose e di qualità inferiore”, al contrario, coloro “che non ricevono alcun beneficio dall’industria farmaceutica sono associati in media a migliori indicatori sull’efficacia delle loro prescrizioni e generalmente costano meno”. È quanto emerso da un recente studio del Centre Hospitalier Universitaire de Rennes cui fa riferimento un articolo pubblicato sulla rivista francese Le Monde Le Monde.
Pubblicato sul British Medical Journal (BMJ), lo studio è basato sull’incrocio di due database. Il primo è il portale Trasparenza Santé, sul quale devono essere dichiarati tutti i “collegamenti di interesse” degli operatori sanitari, in particolare i costi di attrezzature, pasti, trasporti o hotel offerti dalle aziende del settore (laboratori farmaceutici, produttori di dispositivi medici, ecc.), a partire da 10 euro.
Secondo questo database, “quasi il 90% dei medici di medicina generale ha ricevuto almeno un regalo dal 2013”, ha affermato Pierre Frouard, medico di medicina generale a Rennes e coordinatore dello studio.
La seconda base è il National Health Data System (NSDS), che elenca le consultazioni, le procedure mediche, le prescrizioni mediche e i ricoveri rimborsati mantenendo l’anonimato dell’assicurato.
Gli autori hanno preso in esame le prescrizioni di poco più di 41.000 medici di medicina generale che lavorano esclusivamente nel settore pubblico e le hanno classificate in sei gruppi, in base alla quantità di benefici ricevuti nel corso dell’anno 2016.
Lo studio mostra che in media il gruppo di medici che non ha ricevuto alcun beneficio è associato a prescrizioni meno costose; più prescrizioni di farmaci generici rispetto agli stessi farmaci non generici (per tre tipi di farmaci: antibiotici, antiipertensivi, statine); meno prescrizione di vasodilatatori e benzodiazepine per lunghi periodi, il cui uso non è raccomandato da Medicare; meno prescrizioni di sartani rispetto a un’altra famiglia di farmaci, raccomandate per la loro efficacia simile a costi inferiori.
Non risulta invece alcuna significativa per la prescrizione di aspirina, antidepressivi generici o inibitori generici della pompa protonica”, farmaci antiacidi.
Come sottolineano gli autori dello studio, questi risultati non dimostrano un nesso causale ma “rafforzano l’ipotesi che l’industria farmaceutica possa influenzare le prescrizioni dei medici di base e offrono informazioni sulla portata di questa influenza”.
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