Il mal di latte

Caseina: le malattie cronicheinfiammatorie
Animali adulti messi a dieta di latte “fresco” del supermercato sviluppano artrite che può essere monitorata istologicamente (iperplasia sinoviale cellulare, infiammazione e infiltrazione linfoplasmocitica), anche se sono completamente assenti anticorpi IgE o IgG alle proteine del latte [Panush 1990]. «Queste osservazioni» concludono i ricercatori, «possono fornire un importante modello di laboratorio per lo studio delle malattie infiammatorie dei legamenti».
L’effetto artritogenico del consumo del normale latte commerciale è ben noto ai ricercatori [Goldlust 1981]. Secondo gli studi che ora andiamo a citare, bere 235-350 millilitri al giorno di latte pastorizzato costituisce un piccolo, ma ripetuto stimolo antigenico a livello dell’assorbimento intestinale.

Coombs [1981] scrive:
Lesioni infiltrative sinoviali su conigli potevano essere indotte con il semplice espediente di far bere il latte commerciale, per un periodo di dodici settimane.

Le lesioni “inizio artrite reumatoide” si sviluppavano in 9 conigli su 25 (il 36%) anche in uno studio di Welsh [1985], se erano tenuti appunto per dodici settimane con un regime alimentare basato sul latte pastorizzato.
Anche questa non era un’allergia IgE mediata, infatti non furono trovati IgE al latte di mucca e sue proteine. I conigli che consumavano latte di mucca sviluppavano elevate concentrazioni di cellule nucleate e un maggior livello di linfociti T nei loro liquidi sinoviali rispetto ai conigli di controllo, in misura cor-relabile con la gravità delle lesioni istologiche [Welsh 1985].
E nell’essere umano? Cosa sappiamo? Molto successo dalla sospensione del latte ottengono pazienti che presentano evidenti sintomi gastrointestinali insieme con l’artrite: entrambi i problemi migliorano con un regime di eliminazione del latte [Ratner 1985, Bengtsson 1996].

Ma numerosi sono anche i rapporti di pazienti artritici senza sintomi gastrointestinali che ottengono miglioramenti eliminando i prodotti caseari dall’alimentazione [Parke 1981, Panush 1983 e 1986, Haugen 1994, Kavanaghi 1995, Pelto-nen 1997, Schrander 1997, Holst-Jensen 1998, Fujita 1999, Hanninen 1999, Hafstrom 2001, McDougall 2002].

Altri autori di studi clinici, consultabili su http:// www.nc-bi.nlm.nih.gov/entrez/query.fcgi?db=PubMed, sono:
Beri [1988], Carini [1985], Golding [1990], Hanglow [1985], Hanninen [2000], Kavanaghi [1995], Nenonen [1998], Ol-dham [1980], Rauma [1993], Schrander [1997], van de Laar [1992], Welsh [1986].
Autori di libri che hanno sottolineato il ruolo dei latticini nelle artriti sono: George Eisman, Hannah Allen, Alec Burton, Viktoras Kulvinskas, Francis Pottenger, Herbert M. Shelton, N.L. Walker, Harvey e Marilyn Diamond, Frank Oski.

Scrive il dott. Daniel Twogood [1996]:
Nell’artrite sistemica o quando un certo numero di legamenti sono affetti, la causa non è fisica ma chimica. Di solito il problema è la caseina. Una volta vidi un paziente sessanta-cinquenne, Bob, che soffriva di rigidità al collo e mal di testa.
Anche le sue mani erano irrigidite e doloranti. La sua vita era giocare a golf. Era molto motivato a guarire. Allora gli ordinai di eliminare del tutto latte e derivati. Lo fece e da allora Bob non ebbe più dolori o mal di testa, i problemi alle mani anch’essi spariti. Un altro caso, ancora: Joy, donna quarantaduenne che aveva notato da sola che le ginocchia non erano più doloranti se eliminava i latticini dall’alimentazione.

Pare che anche John Fitzgerald Kennedy abbia vissuto per oltre due decenni una condizione muscolo-scheletrale cronica dovuta ad un’intolleranza al latte non diagnosticata: i dolori e la non felice condizione fisica venivano tenuti nascosti con la somministrazione di cortisonici e mediante un busto [O’Donnell e Powers, nel libro Johnny, we hardly knew ye, 1992].
Della storia di atopia cronica di Kennedy mi pare che abbiamo già parlato. Il presidente non raramente beveva fino a un litro di latte al giorno. Ci sono numerosi aneddoti sul consumo sconsiderato che Kennedy faceva di gelati, frappé al latte e malto e cose simili.
Risale ad un contemporaneo di Kennedy, il dott. William Deamer di San Francisco, la documentazione della frequente relazione causale tra sensibilizzazione alle proteine del latte bovino e i dolori muscolo-scheletrici, ma sfortunatamente questi non fu tra i suoi medici.

Valutazioni per la diagnosi e test
«L’intolleranza al latte si manifesta spesso in quei soggetti che, da piccoli, hanno fatto fatica ad abituarsi al latte di mucca dopo lo svezzamento. Indagare nell’infanzia ci consegna un indizio prezioso», scrivono i kousminiani Bondil e Kaplan, in Mangiare meglio (Tecniche Nuove, Milano 2001). Secondo il dottor Raphael Nogier, per identificare un’intolleranza alimentare al latte ci si poggia sulla triade “presentazione del paziente”, “anamnesi” (quella recente, ma soprattutto quella nell’infanzia) e “test di proliferazione dei linfociti”, e la dimostrazione culmina con “l’eliminazione dei latticini” e un miglioramento clinico.

Un esempio tratto da Questo latte che minaccia le donne (Nuova Ipsa Editore, Palermo 1994):
Ninon, quindicenne, estremamente indebolita, che lamentava delle emicranie, eccitabilità neuro-muscolare (spa-smofilia); un anno dopo l’altro i genitori consultavano specialisti e medici senza successi. Al primo sguardo notai che la sua pelle era pallida, quasi trasparente. Un buffetto con il dito sulla guancia della paziente comportava una ritrazione del labbro superiore (segno di Chvosteck, per la spasmofilia). Sapendo che in questi casi l’intolleranza al latte diventa importante, mi affrettai perciò a prescriverle il test di proliferazione dei linfociti per le proteine del latte di mucca. L’Istituto Pasteur mi mandò i risultati dieci giorni dopo, e vidi che questa ragazza aveva un’ipersensibilità alle tre proteine del latte di mucca testate: caseina, alfa-lattoalbumina e beta-lattoglobulina. Circa un mese dopo la madre di Ninon mi telefonò e mi comunicò che sua figlia, in seguito al mio consiglio, aveva interrotto i latticini e non soffriva più di emicranie, e che non era più stanca. Mi ringraziò e mi chiese una visita per se stessa. “Perché?”. “Per dolori al seno”. Le fissai un appuntamento per l’indomani, la interrogai e la esaminai per un’ora. Aveva 45 anni. La sua storia a questo punto il lettore può immaginarla da sé: allattata parzialmente fino a 3 mesi; otiti e angine da piccola, eczema a 6 mesi; a 20 anni comparsa dei dolori al seno, da allora seguita come paziente con seni a rischio; operata a 40 anni per un nodulo sospetto, ma benigno, al seno destro. All’esame la sua pelle era sottile ed aveva il segno di Chvosteck (spasmofilia); le consigliai, come per la figlia, di fare il test di ipersensibilità alle proteine del latte di mucca. Alcuni giorni dopo il test rivelò una fortissima sensibilità alla caseina e alla beta-lattoglobulina.

La presentazione del paziente può veramente dare al medico l’ispirazione, la fatidica lampadina che si illumina, riguardo all’intolleranza al latte dell’individuo che ha davanti.

Nogier [La pelle]:
Innanzitutto, il bambino che tollera il latte di mucca ha una pelle fresca e rosata; il bambino che non lo tollera, invece, ha una pelle pallida, traslucida. Inoltre se si pizzica diventa rossa. Questo si chiama “desmografismo”, cioè una reazione anomala della pelle che diventa rossa al contatto. Al tatto, è una pelle troppo sottile, elastica e mantiene il segno (conserva delle tracce rosse se viene pizzicata). L’elasticità la potrete dimostrare tirando la pelle che si allunga notevolmente.

Se in dubbio, il medico traccerà una figura invisibile sul dorso del paziente con una punta smussata; nei secondi che seguono appaiono tratti rossi creati da una reazione anormale della pelle.

Infine, i disturbi cutanei nel bambino che non tollera il latte sono quasi sempre costanti. «Tutto ciò», continua Nogier, «non aveva mai attirato la mia attenzione per alcuni anni, ma a forza di osservare pazienti intolleranti al latte non ho potuto che constatare questa evidenza».

Nogier [1994]:
Anna Maria, trentaquattrenne, mi chiede una visita per una anoressia mentale. Nella sua vita ha sofferto di angine a ripetizione. Mi segnala dolori al seno e l’orticaria quando si espone al sole. La sua pelle è elastica, sottile e pallida. Il test di proliferazione dei linfociti rivela una ipersensibilità alle tre proteine: caseina, beta-lattoglobulina e alfa-lattoalbumina. Durante i nostri incontri mi segnala che sua madre ha avuto un cancro al seno. Chiedo ad Anna Maria di convincerla a fare il test. Il test fatto sulla madre risulta anch’esso molto positivo alla caseina, alla beta-lattoglobulina e alla alfa-lattoalbumina.
Il caso di Armanda, 44 anni, riflette quello di molte malate. Mi ha chiesto una visita per delle emicranie devastanti che le impediscono di lavorare a tempo pieno. Ecco la sua storia: Armanda non è stata allattata al seno. Nell’infanzia non riesco a risalire ad alcun segno particolare, però dai 17 ai 30 anni soffre di: angine a ripetizione, ribelli ad ogni trattamento antibiotico; raffreddore da fieno; vomiti regolari; stitichezza ostinata; dolori addominali; inoltre si sente sempre “gelata”. A partire dai 35 anni compaiono emicranie spaventose: all’inizio una volta al mese, poi una volta a settimana. Prova ogni cura, invano. Il suo stato di salute si complica: comparsa di una disfunzione nelle mestruazioni; aumento dell’insonnia, seguita da una depressione nervosa; stanchezza permanente, “sono spossata”; dolori violenti ai seni. All’analisi Armanda presenta una pelle sottile ed elastica, e le pieghe attorno alla bocca. Il suo test di proliferazione dei linfociti si presenta molto positivo alla caseina, negativo alla beta-lattoglobulina, negativo alla alfa-lattoalbumina. Alla fine dei quindici giorni, l’eliminazione dei latticini (ne prendeva molti) ha bloccato del tutto le emicranie e ha ridotto del 30% i dolori al seno.

Infine [sempre Nogier] uno dei possibili forti indici di sospetto è che per qualche familiare stretto sia stata già scoperta l’intolleranza al latte:
Nel gennaio del 1993, si presenta Rachele, ventenne, sorella di Gaetano che aveva risolto un eczema gigante e asma con la sospensione di latte e derivati. La giovane mi chiede consiglio per una depressione seria sopraggiunta un mese prima: ha abbandonato gli studi e, senza un motivo apparente, piange dalla mattina alla sera. Rachele non è stata allattata al seno, ha un segno di Chvosteck, che tradisce una spasmofilia. Pure a lei chiedo di eliminare i latticini. Due mesi dopo è raggiante.

>>> Tratto da “Il mal di latte” di Lorenzo Acerra (leggi il libro in formato cartaceo ed ebooks)

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