La Lavanda (Lavandula officinalis Miller)

Poche piante possono vantare una tradizione popolare così antica come la lavanda, il cui utilizzo risale fino al tempo dei Greci, dove veniva ampiamente sfruttata la sua essenza per l’igiene personale, tanto che il nome deriva proprio dal latino “lavare”.

Ben presto se ne scoprirono anche le proprietà antisettiche e igienizzanti, ampiamente sfruttate soprattutto durante la peste nel medioevo. Largo uso se ne fece anche come cicatrizzante durante la prima Guerra Mondiale.

Viene comunemente impiegata nei moderni detergenti, sia per le sue proprietà antibatteriche, che per il deciso e persistente profumo. Molto comune è l’uso dei fiori, raccolti nei mesi di luglio-agosto (in modo che la concentrazione di olio essenziale nella pianta sia massima) e successivamente essiccati formando dei fasci e ponendoli con le sommità fiorite verso il basso. Dopo un certo tempo si procede alla separazione dei gambi, che possono essere usati anche come incensi oltre che per estrarre l’olio essenziale, e dei fiori, che vengono invece riuniti in sacchettini profumati dai mille utilizzi (come antitarme per la biancheria, insettifugo, per profumare ambienti, etc.).

Caratteristiche generali

La lavanda è una pianta molto rustica, che ben si adatta alle diverse situazioni climatiche; cresce molto bene anche spontaneamente e la ritroviamo nei terreni aridi e sassosi a formare dei bellissimi cespugli.

È una pianta perenne, sempreverde, di piccole dimensioni (l’altezza massima è di circa un metro). Le foglie sono lineari, lanceolate, strette, di un caratteristico colore verde-grigio. Le infiorescenze (raggruppamenti di fiori), portate da lunghi steli, sono delle spighe. Ciascuna spiga contiene un numero variabile di fiori molto profumati e con aroma variabile a seconda della specie. Il frutto della lavanda è un achenio (frutto secco con rivestimento che può essere anche legnoso) che contiene al suo interno un solo seme.

Uno sguardo in profondità

Il vero tesoro di questa pianta è però il suo olio essenziale, molto versatile e delicato, sfruttato sia dal punto aromatico che terapeutico. Si deve a Renè Maurice Gattefossé (chimico francese, fondatore dell’aromaterapia) la scoperta delle sue proprietà cicatrizzanti, avvenuta quasi per caso mentre ne valutava l’utilizzo in termini di profumo.

L’olio essenziale è ottenuto per distillazione in corrente di vapore della droga[1] costituita preferibilmente dalle sommità fiorite, in quanto presentano la più ampia concentrazione di ghiandole secernenti l’olio. Il distillato ottenuto è un liquido giallino, con profumo gradevole e sapore amarognolo. Analizzandone brevemente la composizione ritroviamo un gran numero di molecole attive, tra cui flavonoidi, cumarine, tannini, terpeni e triterpeni.

È bene a questo punto fare un’importante distinzione tra la lavanda vera e propria (Lavandula officinalis), coltivata soprattutto per le sue proprietà medicamentose, e altri suoi ibridi ottenuti tramite incroci tra le varie specie di lavanda, meglio conosciuti con il nome di Lavandini. Il più usato è la Lavandula hybrida, ibrido naturale e sterile di Lavandula officinalis x Lavandula spica[2].

La creazione di questo ibrido si è ottenuta attorno agli anni ‘50 per esigenza delle industrie di profumeria; la sua resa in olio essenziale ottenuto in corrente di vapore[3] si aggira, infatti, attorno al 4%, contro lo 0,8% della varietà officinale. Il suo profumo è molto più forte di quello della lavanda vera, essendo leggermente canforato ed erbaceo; anche la composizione molecolare dell’olio cambia, non permettendone l’utilizzo in terapia.

Facendo una breve ricerca nel mondo scientifico scopriamo come non ci siano molti studi o informazioni sulla lavanda e suoi derivati, principalmente a causa di problemi metodologici e di identificazione dei suoi componenti (olio essenziale in primis). Dalla pratica risulta avere un’azione soprattutto sul sistema nervoso, andando ad agire sul sistema limbico (responsabile dell’insorgere delle emozioni). L’aromaterapia si è rivelata la tecnica terapeutica più indicata per un suo utilizzo, sia da un punto di vista psicologico (dovuto al forte profumo) che fisiologico (per i numerosi componenti volatili dell’olio essenziale).

Alcuni studi riportano effetti benefici sul sonno, in seguito a trattamento per due settimane in combinazione con altri oli essenziali, o comunque un abbassamento generale dei livelli di ansia e preoccupazione già dopo il primo trattamento aroma-terapico. Non solo, alcuni autori hanno anche notato una correlazione tra il profumo di lavanda ed uno stato mentale più rilassato e positivo (come sensazioni di gioia e felicità), con effetto anche sull’intensità della voce (specialmente quella femminile).

Curiosamente, è stato notato come in seguito a sedute di aromaterapia ci sia stato un aumento nella velocità e nell’accuratezza dei calcoli matematici; è in questo aspetto che forse risiede la credenza che i fiori di lavanda possano aumentare l’intelligenza!

Impiego comune

Normalmente è poco usata per scopi alimentari, in quanto possiede un odore e un sapore molto penetranti. Viene però usata per aromatizzare il vino bianco e l’aceto o per preparare gelatine. Molto particolare e profumato è il miele di lavanda, tradizionalmente utilizzato per curare le affezioni broncopolmonari.

Recentemente se ne sta rivalutanto l’importanza e l’utilizzo in cure palliative o terapie complementari; la lavanda, insieme ad altri oli essenziali, potrebbe infatti rivestire un ruolo nella riduzione degli effetti indesiderati della chemioterapia, come dolori, perdita di capelli e l’ansia associata allo stesso tumore.

Un utile alleato

La lavanda si è dimostrata una pianta molte versatile, con un vasto utilizzo sia in campo terapeutico che commerciale. È possibile combinare il suo profumo molto gradevole con l’effetto blando-sedativo che esercita sia sul nostro sistema nervoso che su quello dei piccoli animali che vivono con noi. Volendo si puoi combinare la sua essenza con quella di altri fiori/frutti dotati della stessa attività (come limone o arancia, timo, rosmarino), o con quella di menta, per rendere il profumo un po’ più fresco e meno pesante.

Per un utilizzo interno si possono assumere fimo a 1-2 cucchiaini di droga per tazza di tè, oppure 1-4 gocce di olio essenziale con un po’ di zucchero. Somministrazioni di dosi terapeutiche di lavanda non presentano quindi nessun pericolo per la salute, né effetti collaterali rilevanti. Tuttavia dosi eccessive possono produrre un effetto narcotico, o generare nausea, vomito, mal di testa e brividi.

Per uso topico (cutaneo) e per massaggi è consigliato usare l’essenza insieme ad un altro olio neutro, come quello di jojoba o di mandorle, perché, come la gran parte degli oli essenziali, può dare irritazioni cutanee anche gravi se usato puro.

Bibliografia e Sitografia

  • H. M. A. Cavanagh and J. M. Wilkinson, Biological Activities of Lavender Essential Oil, Phytother. Res. 16, 301–308 (2002)
  • M. Lis-Balchin and S. Hart, Studies on the Mode of Action of the Essential Oil of Lavender Lavandula angustifolia P. Miller), Phytother. Res. 13, 540–542 (1999)
  • R. Giordani, P. Regli, J. Kaloustian, C. Mikaïl, L. Abou and H. Portugal, Antifungal Effect of Various Essential Oils against Candida albicans. Potentiation of Antifungal Action of Amphotericin B by Essential Oil from Thymus vulgaris, Phytother. Res. 18, 990–995 (2004)
  • F. Capasso, G. Grandolini, A. A. Izzo, Fitoterapia – Impiego razionale delle droghe vegetali, Springer (2006)
  • www.oli-essenziali.it
  • www.prodottiallalavanda.com/lavanda.html
  • www.elicriso.it/it/piante_aromatiche/lavanda/

Note

[1] In fitoterapia per droga si intende la parte della pianta medicinale (radice, foglia, seme, corteccia, ecc.) che viene utilizzata a fini terapeutici perché contiene, oltre a sostanza inerti di scarso interesse, composti chimici (detti principi attivi) capaci di esplicare un’azione (farmacologica) sul nostro organismo.

[2] Il segno x interposto tra i nomi botanici delle due specie di lavanda indica appunto un ibrido ottenuto per incrocio di quelle due piante. Un altro esempio molto famoso è la Mentha x piperita, ibrido ottenuto dall’incrocio di Mentha aquatica e Mentha spicata.

[3] L’estrazione in corrente di vapore è la tecnica più comune e usata (nonché la meno costosa) per l’estrazione dell’olio essenziale da una droga.

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