Ogni uomo e ogni donna è un microcosmo di energie, elementi, calore e colore. L’Iridologia e l’Ayurveda potrebbero essere due meravigliosi pittori che, con un unico pennello e dosando sapientemente i toni, tracciano ognuno di noi in maniera unica e originale.
E non c’è né bello né brutto, né giusto né sbagliato, ma solo la stupenda e misteriosa diversità.
Quando si sceglie di studiare e approfondire una particolare disciplina possono esserci molti perché alla base e la scelta di un tema specifico è spesso così piena di ragioni che diventa difficile elencarle tutte. Quanto è scritto nelle pagine che seguono rappresenta il nucleo di un lavoro di ricerca relativo a una tesi di diploma in Iridologia e Naturopatia conseguito nell’anno 2008 presso l’Accademia di Scienze Igienistiche Naturali G. Galilei di Trento.
Non sappiamo quanto ciò che leggerete possa essere stato a suo tempo il frutto di una scelta cosciente e consapevole o il risultato della giusta e “inevitabile” combinazione dei pezzi di un puzzle che si è magicamente composto da solo. Ciò che sappiamo con certezza è che saremo molto felici di riuscire a far nascere in quanti avranno in loro la curiosità di proseguire con la lettura di questo libro, anche un brevissimo momento in cui sentiranno in loro stessi la sensazione di appartenere ad un “tutto” unico, armonico e immenso, fatto di energia, colore, profumo, mare, cielo, vento, sole, gioia, dolore… riflesso nei loro occhi.
Abbiamo cercato di costruire un piccolo trait d’union tra due discipline, o meglio tra due arti enormemente ricche. L’Ayurveda, di un’antica saggezza cui attingere a piene mani, l’Iridologia, di risposte e al tempo stesso fonte di nuove domande. La cura degli occhi è presa in particolare considerazione dalle pratiche ayurvediche quotidiane di igiene e benessere perché gli occhi “ci portano dentro l’universo delle forme e dei colori” e per questo vanno mantenuti sempre sani e lucenti. Molti di noi hanno presente la cura anche estetica che le donne indiane riservano ai loro occhi truccandoli con calma e sapienza. L’Ayurveda rivela peraltro sorprendenti tentativi di analisi iridologica che non hanno molto a che vedere con l’analisi iridologica vera e propria che oggi si conosce, ma contengono in nuce delle premesse molto interessanti.
Perché l’Iridologia e l’Ayurveda? Per il loro fascino e per l’unicità degli esseri umani, che possono essere valutati sia in base alla loro costituzione ayurvedica che a quella iridologica, ma il quadro che si forma di ognuno di noi è sempre diverso, fatto di piccole e grandi caratteristiche. Ogni iride è unica e speciale. Può forse assomigliare ad un’altra, ma non potranno mai esistere due iridi uguali. Conosciamo centinaia di sfumature diverse per quanto riguarda i toni di colore delle iridi che incontriamo per la strada, a scuola, al lavoro… così in Ayurveda sulla base dell’interazione dei tre Dosha fondamentali, le variazioni sono molteplici e dipendono dalle proporzioni delle tre energie vitali presenti ed ognuno possiede una combinazione tra Dosha unica e personale. La curiosità è stata: è possibile determinare la predominanza verso una delle tre costituzioni ayurvediche avendo come punto di partenza l’iride? E in presenza di una determinata costituzione ayurvedica, che possibilità ci sono di rilevarla anche dall’iride?
Si è trattato perciò di intrecciare tra loro due discipline in modo che l’una possa usufruire dell’altra in maniera concreta. L’iride potrebbe essere cioè uno strumento attraverso cui individuare i pilastri fondamentali dell’approccio ayurvedico, ossia le costituzioni (Vata, Pitta e Kapha) e reciprocamente trovandosi davanti a un soggetto con un determinato Dosha dominante, si potrebbe presumere immediatamente quali aree riflesse nell’iride potrebbero presentare segni di debolezza o comunque di squilibrio. Creare una buona sinergia tra due discipline che prendono in considerazione non solo le nostre caratteristiche fisiche, fisiologiche e la nostra predisposizione ad ammalarci, ma anche le nostre emozioni e il nostro modo di viverle ed esprimerle (o non esprimerle) è sicuramente un obiettivo ambizioso, però con questo studio si è cercato di porre un primo “mattoncino”.
Sono due scienze dell’individuo, due arti olistiche. Il termine olismo deriva dalla parola greca olos che significa “totale, intero”. Nel 1926 fu pubblicato in Sudafrica un libro dal titolo Olismo ed evoluzione. Fu un testo osteggiato ufficialmente in quanto in opposizione al metodo riduzionista e per il suo approccio più filosofico che empirico il quale non si prestava alle prove di laboratorio. Secondo i concetti esposti, anche la più piccola parte contiene tutti gli elementi dell’intero di cui ha fatto parte. La singola cellula del corpo umano contiene, nel DNA, l’informazione globale del corpo e della mente grazie alle quali riesce a comunicare e relazionarsi continuamente con l’intero sistema cellulare. Ma se Smuts,1 autore del testo, coniò per primo il termine olismo, già nella Bibbia si trova scritto: “Chi afferra una parte dell’essenza ha afferrato l’essenza intera”. Si veda anche il detto presente nella tavola Smeraldina di Ermete Trismegisto “come in alto così in basso”, oppure la definizione di olismo data dall’Enciclopedia Britannica: “La teoria che postula l’esistenza di totalità come tendenza del mondo. Guarda gli oggetti naturali, animati e inanimati, come totalità e non come meri assemblaggi di elementi o parti. Questi corpi o cose non sono interamente risolvibili in parti ma, seppur a gradi diversi, sono totalità con particolari caratteristiche e comportamenti che il raggruppamento meccanico dei loro costituenti non potrà restituire”.
Così ogni cosa può influenzare le altre ed esserne influenzata, questo è il pensiero del mistico George Gurdjeff. La visione olistica della realtà quindi considera l’esistenza composta di piani compenetrati di energie più o meno sottili, non separabili in fisici o spirituali.
Così la medicina olistica è la medicina che sa considerare il paziente come un’unità di corpo, mente, sentimenti, funzioni biologiche, sintomi e risorse per guarire. Ha l’obiettivo di studiare e comprendere la multidimensionalità dell’essere umano, ponendo in primo piano la persona nella sua globalità e non la malattia, perché un organismo è sempre qualcosa in più della semplice somma delle sue parti. Si tratta di un atteggiamento da adottare e non una tecnica terapeutica, riequilibrando gli aspetti che hanno portato alla malattia dal punto di vista strutturale psichico e ambientale. L’Iridologia adotta un approccio di tipo olistico e nell’iride vi è l’uomo in tutti i suoi aspetti: fisici, psichici, energetici.
È un’arte imperniata su tradizioni di medicina e di guarigioni umanistiche nella quale viene valutata e rispettata la persona nella sua interezza e l’Ayurveda insegna a rendersi consapevoli della propria integrità come corpo, mente e anima.
La medicina olistica non è possibile senza uno stile di vita olistico, ma noi viviamo in Occidente una vita che scorre in maniera frammentata nel tempo e nello spazio, nel corpo e nella mente. Per adattare l’Ayurveda alla nostra vita non possiamo iniziare applicando soltanto i suoi principi sui nostri già disintegrati. Dobbiamo vedere e sentire noi stessi come un “intero”, come unità e integrità e in seguito ci si può rendere conto della propria individualità nel cosmo.2
Il termine “olistico” viene impiegato per designare tutti i diversi sistemi alternativi di cura della salute rispetto a quelli della medicina moderna o che provengono da antiche culture tradizionali dell’India, della Cina, della Grecia ecc.
Usare metodi di cura delle antiche tradizioni indiane, cinesi, greche, sciamaniche non rappresenta di fatto un approccio olistico alla medicina. Se si prende un farmaco ayurvedico o si segue qualche altra cura a base di erbe o la terapia dell’agopuntura, ciò non significa che si utilizzino metodi olistici di cura della salute. Con “olistico” non si intende solo considerare il corpo una singola unità, ma tener conto anche del contesto sociale, culturale, spirituale e del legame cosmico dell’individuo. Perciò, adottare un approccio olistico per preservare e ristabilire la salute, significa vivere in modo olistico armonizzando se stessi con l’ordine cosmico.
La visione olistica è la filosofia del rispecchiamento del microcosmo nel macrocosmo in cui ogni piccola parte del cosmo ricapitola l’universo intero; e il corpo umano è il microcosmo per eccellenza. Il corpo umano ricapitola il mondo ed è “costruito” come una sua minuscola rappresentazione: è una totalità. Ogni piccola componente del corpo è parte integrante di questa totalità.3
Esiste un termine mutuato dalla lingua islamica, che esprime la concezione dell’essere umano nella sua totalità e l’intero edificio dell’Islam è basato sulla sua comprensione, in quanto è un concetto che sostiene l’unità di tutta la creazione, tawhib. L’universo creato dal nulla viene percepito alla luce di questo principio, per cui l’unità come metodo concepisce il cosmo come un tutto integrato e dotato di un fine che è il macrocosmo o al-insanal-kabir (il grande uomo) e viene visto come un corpo completo in tutte le sue sfere e gradazioni. L’analogia tra microcosmo e macrocosmo è fondamentale anche per la cultura islamica e ha un significato profondo con implicazioni pratiche che toccano sia la fase della diagnosi che quella del trattamento. Anche nella pratica medica islamica l’analogia dell’essere umano con il cosmo è sempre tenuta presente per raggiungere la salute, che è una condizione dinamica di aitidal (equilibrio). Aitidal a sua volta è lo stato armonioso delle forze e degli elementi che compongono l’essere umano e di quelli esterni ad esso, in conformità con il principio costruttivo della natura: “Ogni individuo in quanto unità integrata e dotata di uno scopo agisce sempre con un’intelligenza innata, in modo da mantenere completa e dinamica la condizione di equilibrio nei diversi livelli dell’universo di cui fa parte”.4
La lettura dell’iride si colloca perfettamente e armonicamente in questa ottica olistica tanto antica, in quanto valuta tendenze ereditarie, predisposizioni, terreno, energia/reattività in base a schemi scientifici di analisi organica unitamente a un’importante apertura verso la considerazione degli aspetti psichici ed emozionali in un tutto integrato. Specie i recenti filoni interpretativi cercano di operare senza preclusioni o pregiudizi, secondo quanto Ippocrate ha espresso in maniera breve, ma assolutamente illuminante: “È più importante conoscere che tipo di persona ha una malattia, piuttosto che conoscere il tipo di malattia che una persona ha”.
Nel personale tentativo di avvicinarci al concetto di “olismo e sinergia” abbiamo cercato perciò il riscontro a livello iridologico dello stesso Dosha rilevato in un soggetto tramite una serie di domande e di risposte circa la sua costituzione fisica, fisiologica, emotiva e una valutazione anamnestica. Di conseguenza la possibilità di giungere a possedere oltre a immediati strumenti di catalogazione, anche le opportune strategie di trattamento.
Tale collegamento vede l’iride e la sua indagine in primo piano per cercare e trovare in essa i fondamenti, le tracce della presenza di una medicina antica colma di saggezza e di equilibrio. Ancora una volta l’iride ha forse rappresentato il tramite per riportare gli uomini al loro innato patrimonio di conoscenza.
Le possibilità ci sono, o meglio, sempre secondo questo studio sono emersi in questo senso dei buoni risultati e l’opportunità di rilevare la costituzione ayurvedica dall’iride, o comunque il Dosha che tenderà a sbilanciarsi per primo e contemporaneamente individuare l’organo in situazione di deficit, debolezza, iperfunzionalità, può offrire interessanti opportunità per la prevenzione e per un approccio di trattamento integrati. Il primo passo è stato prendere in considerazione le mappe topografiche iridee.
Non solo è stato possibile identificare gli organi riflessi nell’iride in base al criterio della sede dei tre Dosha (Vata, Pitta, Kapha), ma anche dare ai Dosha ayurvedici una collocazione iridologica nell’ambito dello sviluppo embrionale (corona) e della debolezza spaziale (orlo pupillare interno).5
La ricerca è stata condotta usufruendo di determinati materiali e metodi che permettessero di valutare una serie di casi e di raccogliere i dati necessari per verificare l’ipotesi e in questo senso è stato fondamentale il grande lavoro svolto precedentemente in ambito iridologico. Sono state utilizzate le mappe iridologiche esistenti e sulla loro base si è proceduto all’elaborazione di mappe iridologiche sperimentali per la localizzazione dei Dosha. Due di tali mappe, la mappa iridologica rappresentante l’embriogenesi in Iridologia e quella relativa allo spaziorischio sono relativamente recenti.
Il criterio che è stato seguito nel corso della fase sperimentale del lavoro è stato quello di rilevare all’interno dell’iride, letta secondo le mappe iridologiche sperimentali, che hanno la caratteristica di identificare gli organi riflessi in base al criterio della sede dei tre Dosha, la prevalenza dello stesso Dosha che risulta dominante a seguito della sua determinazione attraverso la compilazione di questionari somministrati.
In breve, si è trattato di individuare all’interno di organi e apparati riflessi nell’iride e contrassegnati nelle mappe iridologiche, i tre Dosha. Tali organi e apparati sono stati identificati per Vata, Pitta e Kapha, in base al criterio della sede del Dosha stesso e i segni iridologici (patografie e patocromie) rilevati, sono stati considerati oltre che indici di un possibile squilibrio di quell’organo, anche (di conseguenza) del Dosha che vi ha sede. Reciprocamente identificare lo squilibrio del Dosha può far pensare a un possibile coinvolgimento dell’organo. Si è proceduto su tre livelli di analisi attribuendo al rispettivo Dosha i segni iridologici rilevati e la risposta ai fini dello studio è stata considerata positiva quando, a seguito della somma dei segni individuati, il risultato totale ha dato come prevalente lo stesso Dosha emerso dalla valutazione dei questionari somministrati.6 Tutti i segni di debolezza, deficit, iperfunzionalità rilevati in un organo, settore o apparato, sono stati cioè automaticamente attribuiti allo squilibrio del Dosha rilevato in quel settore e da qui le considerazioni sulle condizioni personali delle nostre energie.
Capita spesso mentre si lavora a una tesi o comunque a qualche progetto di ricerca che conoscenti e amici formulino una delle domande più difficili da sostenere e quasi impossibili da soddisfare, perché si è ancora immersi nei dubbi e nelle incertezze. Il quesito è: A cosa può essere utile questo lavoro? Che vantaggio può dare? E non c’è domanda peggiore. Non tanto perché non si nutre fiducia o amore verso quello che si sta facendo, infatti non sarebbe possibile continuare nelle proprie ricerche senza una vera passione che “brucia” alla base, ma in quanto ci si rende conto che le persone sentono in maniera molto forte la necessità di risposte che abbiano un fine, anche piccolo, su loro stesse e sul loro benessere. Pensiamo e speriamo che questo lavoro possa contribuire a questo scopo.
Dallo studio intrapreso riguardo alla possibilità di costruire un piccolo ponte di collegamento tra l’Iridologia e l’Ayurveda sono emersi dei risultati che pensiamo possano contribuire alla richiesta di una, seppure minima, utilità in termini di strumenti a disposizione verso il raggiungimento di una migliore qualità di vita.
Queste due discipline possono offrire delle vere opportunità di trasformazione non solo dal punto di vista di un generale stato di equilibrio-benessere fisico, ma anche nel modo di percepire se stessi e tutto ciò che ci circonda utilizzando i nostri sensi per identificare il proprio corpo, le proprie emozioni e il mondo in termini di quelle qualità che hanno insite in loro stesse le caratteristiche della modificazione e del cambiamento. Freddo-caldo, solido-liquido, ruvido-liscio, duro-morbido, pesante-leggero… non sono solo coppie di termini in opposizione, ma secondo l’Ayurveda rappresentano la vita stessa, che va avvertita nelle sue incessanti mutazioni in un continuum senza sosta. Nel momento in cui riusciamo a sviluppare la giusta sensibilità per avvertire anche le minime variazioni, abbiamo in mano una delle chiavi dell’equilibrio di noi stessi, che va, se necessario, ribilanciato e assecondato seguendo i ritmi della natura.
Anche l’Iridologia offre un mezzo di lettura assolutamente dinamico. Essa, specie grazie ai nuovi approcci, si sta indirizzando verso un’interpretazione di segni e irregolarità iridee, pupillari, sclerali che vanno al di là del loro valore diagnostico dal punto di vista organico.
Capacità di diagnosi che, è sempre bene ricordarlo, non si propone di sostituire quella clinica della quale semmai può costituire un ottimo supporto. Sono nate e cresciute la ricerca e gli approfondimenti dei messaggi dell’iride sui quei piani sottili che possono essere in grado di chiarire alcuni meccanismi e cause profonde del disturbo e dello squilibrio.7 Il corpo non è più solo fisico, ma energetico, emotivo, psico-mentale, spirituale e la sua disarmonia può essere rivelata anche dai segni iridei, se correttamente interpretati.
Con questa proposta di lettura si è inteso sollecitare la curiosità di chi si occupa di Iridologia, di Ayurveda, di Naturopatia e non solo. Lo scopo è sempre comunque approdare ad un ventaglio di proposte tese al riequilibrio, all’armonia e al benessere nel pieno rispetto della individualità umana e nella accoglienza, scevra da pregiudizi ma sempre attenta e consapevole, di quanto esperienze antiche e più recenti ci offrono.
Note
1 Jan Christian Smuts è passato alla storia anche per avere contribuito alla realizzazione della Lega delle Nazioni e delle Nazioni Unite. Tra i passi del suo celebre Olismo ed evoluzione: “Poiché siamo un unico con la Natura, le sue fibre genetiche scorrono attraverso il nostro essere, i nostri organi fisici ci connettono con i milioni di anni della sua storia, le nostre menti sono piene di antichissimi sentieri dell’esistenza preumana”. Dalla rivista “Essenzialmente energia” periodico di informazione della Associazione delle Arti per la Salute e delle Terapie Naturali, n. 2, aprile 2006. Cfr. anche Melai A., Trevisani C., Introduzione alla Naturopatia, Edizioni Enea, Milano, 2008, pp. 9-11.
2 Cfr. Verma V., Ayurveda,scienza della vita. L’arte del curare indiana, metodi e ricette ad uso degli occidentali, Edizioni Mediterranee, Roma, 1994, p. 18.
3 Salomoni A., Iridologia, EIFIS Editore, Forlì, 2004, p. 13.
4 Salim-Khan M., Medicina islamica. I principi e la pratica di uno dei più antichi sistemi di cura, Red, Como, 2005, p 32.
5 Per una descrizione dettagliata dei metodi e dei materiali utilizzati nella conduzione della ricerca si rimanda al capitolo 6 (p. 93).
6 Vedi il capitolo 6 a p. 93.
7 Cfr. Lo Rito D., Birello L., Iridologia del profondo, Edizioni Enea, Milano, 2007.
Tratto da “Iridologia e Ayurveda” di Federica Zanoni e Daniele Lo Rito
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