Iodio: gli europei ne assumono poco

Il 44% degli europei assume poco iodio e ciò facilita l’insorgenza di malattie tiroidee come il gozzo. Ecco perché le autorità sanitarie dovrebbero agire in maniera decisa e obbligare i produttori di alimenti ad utilizzare sale iodiato almeno in alcuni prodotti come il pane.

Queste le conclusioni di uno studio condotto da Maria Andersson dell’ETH di Zurigo. Ricorrendo a diversi database mondiali (come il WHO Vitamin and Mineral Nutrition Information System Micronutrient e il network dell’International Control of Iodine Deficiency Disorders e di altri studi pubblicati in letteratura), l’autrice ha confrontato i dati raccolti nel 2003 e nel 2007 relativi alla presenza di iodio nelle urine del 91.6% della popolazione mondiale (esclusi i lattanti) di 148 paesi.

In generale il numero di Paesi con carenza di iodio è sceso da 54 a 32 tra il 2003 ed il 2011, mentre quello dei Paesi con un apporto ritenuto sufficiente è salito da 67 a 105.

In alcuni casi la situazione è peggiorata. Ciò è avvenuto in Russia, in Gran Bretagna, Australia e Nuova Zelanda.
Al fine di migliorare l’apporto di iodio a livello globale, non servono grandi sforzi: secondo quanto riferito da Andersson, l’aggiunta di iodio al sale costa tra i 2 e i 5 centesimi di dollaro per persona l’anno.

Il problema è che, come spiega Andersson, “il corretto apporto di iodio non è considerato una priorità a livello europeo”. “È vero che molte persone lo utilizzano in casa per cucinare, ma la presenza negli alimenti è molto bassa. Le campagne per un miglioramento della quantità dovrebbero procedere di pari passo con quelle per la diminuzione del sale”.

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