Circa 150 milioni di persone rischiano una perdita significativa di proteine se le emissioni di anidride carbonica continueranno a salire. Ciò significa che nei Paesi più colpiti dall’inquinamento i bambini saranno più esposti a malattie e rischio di morte. È quanto emerge da nuove ricerche pubblicate su Environmental Health Perspectives.
I ricercatori dell’ Harvard T.H. Chan School of Public Health affermano che attualmente il 76% della popolazione mondiale ottiene la maggior parte delle proteine dalle piante, ma l’aumento di emissioni di CO2 ridurrà la quantità di proteine disponibile così come di ferro e zinco – in una serie di colture di base.
Entro il 2050 diciotto paesi, tra cui l’India, potrebbero perdere oltre il 5% di proteine alimentari a causa della riduzione del valore nutrizionale di colture come riso, frumento e orzo. La mancanza di proteine indebolisce i bambini determinando scarsa crescita ponderale e bassa statura, con conseguente maggiore esposizione alle malattie.
“È necessario mettere a punto diete diversificate e nutrienti, arricchendo il contenuto nutrizionale delle colture principali e coltivando vegetali meno sensibili agli effetti della CO2″, spiega il ricercatore Samuel Myers.” Ovviamente dobbiamo anche ridurre drasticamente le emissioni globali di CO2 al più presto possibile”, ha aggiunto Myers.
I ricercatori precisano che gli effetti della CO2 sui livelli di proteine sono meno pronunciati nel mais, nel sorgo e nei fagioli.
Gli studiosi sottolineano poi che i livelli elevati di CO2 nell’atmosfera possono ridurre anche la quantità di ferro nelle piante. Un fenomeno che potrebbe tradursi in un problema per 354 milioni di bambini sotto i cinque anni e per più di 1 miliardo di donne in età fertile, soprattutto in Asia meridionale e in Africa del nord. La mancanza di ferro influenza la capacità di lavorare e porta a tassi di mortalità più elevati durante la gravidanza e il parto aumentando i rischi per la salute dei bambini.
“Poiché questi cambiamenti saranno graduali e in gran parte impercettibili – concludono i ricercatori – è necessario un monitoraggio continuo del contenuto di nutrienti delle colture, in modo di poter valutare quando e come intervenire in modo più efficace, se necessario”.
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