Quasi 500mila italiani ogni anno tornano dai viaggi con uno sgradevole ‘souvenir’: un’infezione resistente. È quanto riferiscono gli esperti del Gruppo Italiano per la Stewardship Antimicrobica (Gisa) riunitisi in occasione del convegno Antimicrobial Stewardship Toscana tenutosi a Pisa il 12 giugno. Gli esperti spiegano che il rischio è particolarmente elevato negli under 30 che viaggiano più a lungo e, soprattutto, si spingono negli angoli più remoti del mondo, dove la probabilità di incontrare batteri resistenti è maggiore.
“I dati più recenti a disposizione indicano che circa il 25% dei viaggiatori di rientro da mete esotiche è colonizzato da germi resistenti agli antibiotici: succede soprattutto ai 20-30enni che viaggiano di più, più a lungo e spostandosi anche in zone disagevoli e in aree più a rischio di ‘brutti incontri’”, ha spiegato Francesco Menichetti, presidente del Gisa e docente di Malattie infettive all’Università di Pisa.
Come spiega Menichetti, i batteri resistenti possono essere incontrati spesso durante vacanze in aree come Sudest Asiatico, Africa, Sudamerica e in tutte le nazioni a basso-medio reddito.
Tali batteri al rientro costituiscono un rischio sia per il viaggiatore stesso sia per la sua comunità: “Se si viene colonizzati da questi germi, infatti, si possono sviluppare malattie come infezioni urinarie o respiratorie, ma soprattutto si può essere un serbatoio di batteri per persone più fragili, come anziani o soggetti con patologie debilitanti”.
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