La probabilità di decesso dopo aver subito un infarto per le donne sotto i 60 anni è doppia rispetto agli uomini. È quanto emerge da uno studio messo a punto da un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna in collaborazione con l’Università della California e da poco pubblicato su JAMA Internal Medicine.
L’alta mortalità delle donne colpite da infarto miocardico è un fatto noto da tempo. Tuttavia fino ad oggi tale fenomeno era attribuito principalmente ad una disparità di trattamento ospedaliero a sfavore delle donne, dovuta a sintomi spesso più difficili da individuare. Al posto del “classico” dolore toracico, infatti, l’infarto nelle donne può manifestarsi inizialmente con segnali più generici, come respiro corto, nausea, vomito, dolore alla schiena, al collo o alla mascella.
Tutto questo però secondo i ricercatori non è sufficiente per giustificare l’elevata mortalità delle donne under 60 che subiscono un infarto: il sesso femminile è una variabile biologica che, a parità di condizioni, può rivelarsi decisiva.
I ricercatori per giungere a tale conclusione hanno considerato i dati di 2.657 donne e 6.177 uomini trattati per infarto miocardico in oltre quaranta ospedali di dodici diversi paesi europei. Usando tecniche di sequenziamento statistico e di machine learning hanno quindi elaborato le oltre venti variabili fisiopatologiche elencate per ciascun paziente, arrivando a dimostrare che nessuna di queste giustifica del tutto il diverso livello di mortalità tra uomini e donne.
“Le donne under 60 colpite da infarto miocardico hanno quasi il doppio delle probabilità di morire in ospedale rispetto agli uomini della stessa età, con una incidenza di decessi di circa il 12% contro il 6% degli uomini”, ha spiegato Edina Cenko, ricercatrice dell’Università di Bologna che ha lavorato allo studio. “Quando l’infarto si presenta nelle donne, quindi, oltre a stili di vita scorretti, una discreta quota di responsabilità è da ascrivere alla biologia e alla genetica”.
“Il sesso femminile – continua Edina Cenko – è un fattore biologico e va tenuto in considerazione per capire se un farmaco per l’infarto è realmente utile anche nelle donne. I nuovi farmaci dovranno essere studiati separatamente sulle donne e sugli uomini. Un processo che per le industrie farmaceutiche vorrà dire più spese e tempi più lunghi di esecuzione delle fasi di test. Ma vorrà dire anche più salute per le donne”.
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