Definizione
Quando si parla di medicina naturale, ci si riferisce quasi sempre a ciò che noi medici che la pratichiamo amiamo piuttosto definire Medicina Biologica Causale Funzionale (MBCF). Questa può essere considerata una nuova impostazione metodologica in campo medico che pone in primo piano il paziente e solo in seguito analizza la malattia. Lo scopo primario di tale forma medica è il mantenimento o il ripristino del potere di autoguarigione. Il mezzo per raggiungere detta finalità consiste nell’impiego di alcune bioterapie considerate i fondamenti della MBCF stessa.
Tra le bioterapie attualmente in uso nel mondo si ritiene che quelle che più spesso abbiano ottenuto risultati sorprendenti e che sono state più studiate (senza togliere nulla alle altre) siano le seguenti:
- l’omeopatia;
- l’omotossicologia;
- la fitoterapia;
- la gemmoterapia;
- l’oligometalloterapia;
- la litoterapia dechelatrice;
- la nosodoterapia;
- l’isoterapia;
- la organoterapia;
- la terapia con aminoacidi, metalli, vitamine e integratori alimentari.
A esclusione di quest’ultima e della fitoterapia di stampo più classico, tutte le bioterapie citate (e che secondo noi costituiscono il valore aggiunto che l’approccio biologico può portare alla medicina) sfruttano il principio della farmacodinamica di impostazione omeopatico-hahnemanniana che diluisce e dinamizza il rimedio secondo modalità molto precise.
Ma cosa si intende per MBCF acronimo che spesso vedrete su queste pagine?
La Medicina Biologica Causale Funzionale (MBCF)
La complessità crescente del sapere e i problemi irrisolti della medicina hanno dato origine a un’inevitabile frammentazione della medicina stessa in varie specialità e hanno creato una miriade di correnti alternative, spesso in totale anarchia, di solito con scarse basi scientifiche e senza modelli interpretativi solidi e unificanti. Lo scopo della MBCF è quello di cercare di riunire questi frammenti in una struttura organica e completa con una visione d’insieme realmente olistica, strutturata come scienza trasmissibile, che permetta di integrare il sapere medico occidentale moderno con il modello delle principali bioterapie appartenenti al novero delle cosiddette medicine complementari.
Ma perché sottolineiamo l’importanza dei termini “biologico”, “causale” e “funzionale”?
Il primo aspetto che vogliamo sottolineare è il concetto di “funzionale” che solo di recente si applica a quello di “biologico”. La medicina moderna usa l’aggettivo funzionale per i disturbi che non corrispondono a patologie organiche o ad alterazioni biochimiche misurabili, cioè di pura pertinenza psico-emozionale o psicosomatica, spesso non meritevoli di ulteriori approfondimenti, una volta esclusa una “patologia organica sottostante”. La soluzione spesso proposta dall’allopatia in questi casi è una terapia con ansiolitici o con antidepressivi o comunque una valutazione squisitamente ed unicamente sintomatica.
Con i termini “causale” e “funzionale” includiamo invece il trattamento e la valutazione di tutti quei sintomi che non hanno una riconosciuta base organica associata ad ogni alterazione dello stato fisico o psicofisico, non necessariamente avvertita dal paziente. Tali situazioni cliniche alcune volte sono valutabili con un attento esame clinico, e possono non essere evidenziabili da un esame di laboratorio convenzionale né da un esame di diagnostica per immagini, salvo che da PET o da una termografia. Si tratta perlopiù di alterazioni dinamiche e non anatomiche né organiche per disturbi dell’autoregolazione dell’organismo che si presentano come disfunzioni metaboliche, elettromagnetiche, o nervose, alterazioni che per essere evidenziate necessitano di un approccio causale e funzionale e spesso è necessario utilizzare particolari strumentazioni, prevalentemente di tipo bioelettronico.
Possiamo dunque ritenere che i disturbi funzionali possano essere considerati come precursori e quindi anticipatori di molte malattie organiche degenerative e che quindi essi abbiano un significato che va ben oltre l’entità del singolo sintomo riferito, potendo avere un importante significato prediagnostico di reale prevenzione e non soltanto di diagnosi precoce. Per tali motivi è importante che una medicina sia anche funzionale.
Ovviamente il termine “biologico” ha un significato più chiaro ma anche più ampio di quello che la grammatica ci suggerisce. In questo contesto intendiamo con biologico una forma medica che sia rispettosa della vita e quindi sicuramente rispettosa della fisiologia della vita. Non è detto che biologico debba necessariamente sempre coincidere con il termine “naturale”, anche se spesso ciò accade. Se fosse possibile (e solo alcune volte lo è) utilizzare farmaci allopatici di sintesi che siano ugualmente rispettosi della fisiologia umana e non avessero un’azione squisitamente antitetica, essi potrebbero essere considerati comunque biologici (pia illusione…).
Possiamo dunque sostenere che la MBCF può essere definita come una nuova metodica medica diagnostica e terapeutica rivolta al ripristino della salute, mediante l’accertamento e il recupero funzionale (ripristino dell’autoregolazione PNEI) dei fattori che sono alla base (causale) sia delle malattie conclamate che dei disturbi, più o meno manifesti, spesso non ancora definibili malattie.
Tutto ciò avviene utilizzando i Farmaci di Induzione e di Rigenerazione (FIR).
Ora, la valutazione più importante è da riferirsi al temine “causale”. Per affrontare tale elemento costitutivo della MBCF, dobbiamo fare un passo indietro e cercare di definire come è possibile intervenire specificatamente su ciascun paziente in termini causali.
Ma dove risiede la specificità individuale di un soggetto?
Attualmente si ritiene che la più fedele impronta, il “fingerprinting”, della nostra individualità e della nostra specificità fisica (il mentale ha un’altra sede) non risieda unicamente nel DNA né nelle sole proteine, ma piuttosto nei glicosaminoglicani della matrice extracellulare del tessuto connettivo (GAG).
I GAG possono essere sono considerati delle strutture biologiche estremamente sensibili agli influssi ambientali con la capacità di poter immagazzinare un numero di informazioni impressionante, costituendo così anche gli elementi chiave per la comunicazione intercellulare, essendo capaci di modificare la loro conformazione ad ogni informazione che ricevono.
L’unità funzionale della vita è formata dunque dalla triade cellula, capillare e matrice extracellulare.
L’organismo è in ogni momento il risultato di una miriade di elementi e fattori in continua interazione reciproca mediante circuiti altamente interconnessi tra di loro che permettono la comunicazione tra i tre elementi dell’unità funzionale della vita.
Per comprendere l’importanza dei GAG nella determinazione dell’individualità dobbiamo soffermarci sulla costituzione della matrice extracellulare del tessuto connettivo.
La matrice è formata da un complesso intreccio poligonale costituito da grossi polimeri glico-proteici:
- i proteoglicani (PG);
- grossi polimeri di glicosaminoglicani (GAG), soprattutto acido ialuronico, collagene ed elastina;
- glicoproteine con funzioni di collante: fibronectina, laminina, ecc.
Come abbiamo precedentemente affermato, la matrice extracellulare contiene l’unità funzionale della vita degli organismi superiori ovvero la triade capillari-mesenchima-cellula.
Nella matrice sboccano tutte le terminazioni nervose vegetative, quelle vascolari e sono immerse tutte nelle strutture cellulari organizzate in parenchimi oppure singole.
Il collagene è la glicoproteina più importante della matrice sia in senso qualitativo che quantitativo e costituisce circa la metà delle proteine del corpo umano. Ne esistono almeno 14 famiglie diverse, di cui il tipo 1 è il tipo 2 sono quelle più diffuse.
I glucosaminoglicani (GAG) costituiscono il 10% del peso ma riempiono quasi tutto lo spazio della matrice extracellulare e sono costituiti da:
- lunghe catene polisaccaridiche non ramificate, elettronegative;
- unità disaccaridiche;
- aminosaccaridi: N-acetil-glucosamina o N-acetil-galattosamina.
Riconosciamo cinque gruppi possibili di costituenti di GAG:
- acido ialuronico;
- eparina;
- condroitin solfato, dermatan solfato;
- eparan solfato, eparina;
- keratan solfato.
L’altra molecola fondamentale presente all’interno dello spazio extracellulare connettivale è costituita dai proteoglicani. Essi sono molecole a forma di spazzola e costituiscono una spina dorsale proteica su cui sono fissati delle catene oligosaccaridiche di GAG.
Possiamo concludere dunque sostenendo che la matrice rappresenta una complessa rete tridimensionale (un intreccio) formato da grossi polimeri glico-proteici, con prevalenza di proteoglicani (PG) e di grossi polimeri di glicosaminoglicani (GAG), soprattutto di acido ialuronico, con presenza anche di glicoproteine strutturali (collagene, elastina) e di glicoproteine di collegamento (collanti, di connessione, di legame, fibronectina, laminina, ecc.).
Come in un grande mare interno nella matrice sono immerse tutte le cellule e in tale situazione è possibile la comunicazione a distanza tra organi e apparati. Il suo stato fisico, più o meno fluido o denso, di sol o di gel, la sua concentrazione ionica e di altri metabolici “tossici” determinano le modalità di reazione e anche di sviluppo caratteristiche per ogni individuo e ne determina il suo invecchiamento coinvolgendo contemporaneamente il sistema immunitario, quello ormonale e il sistema nervoso nella sua globalità.
Nella matrice confluiscono tutti gli impulsi dei tre grandi sistemi regolatori, quello immunitario, ormonale e quello nervoso, costituendo la piattaforma per la comunicazione all’interno dell’organismo.
Il linguaggio utilizzato all’interno della matrice interstiziale utilizza sei possibili codici intercambiabili:
- citochine;
- fattori di crescita;
- ormoni;
- neurotrasmettitori;
- impulsi elettrici delle vie nervose assonali;
- “wireless” tramite impulsi elettromagnetici (fotoni).
Grazie ad essi è possibile informare in tempo reale tutto il sistema sulle variazioni avvenute in altri distretti e mantenere inalterate delle strutture altamente ordinate, oltre a facilitare le risposte di adattamento alle diverse esigenze ambientali.
Lo scopo della Medicina Biologica Causale Funzionale
Definita la MBCF come una forma di medicina naturale complessa e organizzata, costituita da diverse bioterapie dalla comprovata efficacia clinica e sperimentale e sostenute da rigorose tesi scientifiche, va sottolineato che ciò che la contraddistingue non è tanto l’uso di una farmacopea biologica e naturale, quanto piuttosto lo scopo finale di tutte queste bioterapie, in altre parole la loro finalità clinica.
In effetti, ciò che ciascuno di noi desidera è di stare bene in salute e possibilmente vivere in un buon equilibrio psico-ambientale. Questo fatto, che appare banalmente ovvio, rappresenta la finalità più importante e la motivazione più istintiva che ciascun individuo possieda. Ad esso vanno ascritte le funzioni fisiche e biologiche primarie (alimentarsi, dormire, riprodursi, curarsi) e anche quelle secondarie (legate alla socialità, alla cultura, alla vita lavorativa, al benessere economico, alla politica, alla sfera religiosa).
L’essere umano vuole stare bene. Non è facile raggiungere uno stato di benessere ed è ancora meno facile riuscire a mantenerlo nel tempo. Chiunque si rivolga ad un terapeuta avverte sintomi che lo allontanano dallo stato di benessere (sia fisico che psichico) e che vengono a minare in qualche modo la qualità della sua vita.
Il raggiungimento dell’equilibrio biologico od omeostasi, secondo le più recenti teorie della medicina, può avvenire attraverso la modulazione terapeutica dei processi biochimici, biofisici e mentali intercorrenti tra quattro apparati del nostro organismo che sono in costante comunicazione tra loro, la psiche (P), il sistema nervoso (N), il sistema endocrino (E) e il sistema immunitario (I).
L’equilibrio del sistema PNEI (psiconeuroendocrino-immunologico) è il fondamento sul quale costruire terapeuticamente l’omeostasi biologica dell’organismo che, avendo subito, per cause da determinarsi, un abbassamento della propria capacità reattiva e di autodifesa, si è ammalato.
Il fine ultimo del metodo biologico, qualunque sia la bioterapia utilizzata, è quello di stimolare l’autoguarigione o guarigione endogena (proveniente dall’interno dell’organismo). Il più grandioso farmaco esistente al mondo consiste nell’equilibrio dei sistemi biochimici, biofisici e mentali dell’organismo umano. Ripristinare l’equilibrio perduto è il vero scopo del terapeuta.
Tutte le patologie che abbiamo valutato sommariamente in questo testo devono riconoscere un’unica modalità terapeutica risolutiva.
Biologica, perché rispettosa della natura delle cose e della vita, e per tali motivi sfruttiamo tutto ciò che la natura ci ha regalato. Causale, perché è il quid che distingue questa forma terapeutica che pretende di volere affrontare la patologia cercando di comprenderne le cause più intime e lontane. Funzionale, perché si consideri uno stato malato e sofferente anche l’assenza di una alterazione anatomica, ma ciò che funzionalmente disturba l’equilibrio della macchina uomo deve essere compreso e trattato.
Il primo elemento diagnostico che ci permetterà di incanalare gli sforzi terapeutici verso una medicina biologica e causale deve partire da una tradizionalissima visita clinica-obiettiva. Bisogna innanzitutto osservare e porre diagnosi. Oltre all’anamnesi, che deve essere assolutamente dettagliata e comprendere sia i processi patologici recenti ma anche quelli passati da lungo tempo, deve intervenire la semeiotica (= analisi dettagliata dei sintomi e dei segni manifestati e riferiti dal paziente).
In Medicina Biologica Causale Funzionale (MBCF), la diagnosi viene considerata un punto di partenza e non corrisponde assolutamente a una strategia terapeutica già protocollata e valida per chiunque soffra della patologia appena diagnosticata. Come abbiamo già ripetuto in questo testo, oltre a dare spazio alla storia personale del paziente e al suo psichismo (che ce ne farà individuare la costituzione biologica), è necessario comprendere la capacità reattiva di un paziente.
Appare evidente come la reattività individuale sia inversamente proporzionale allo stato di intossicazione del soggetto.
L’intossicazione si può genericamente definire come uno stato di perturbazione dipendente da svariate cause che si è insediato all’interno dell’organismo. Le malattie si sviluppano su di un terreno reso fragile perché soggetto ad un accumulo di un pool di sostanze tossiche, di metaboliti mal degradati, di sostanze di rifiuto, oltre che dal rallentamento degli organi di eliminazione che stentano a espellere queste sostanze nocive. Questo pool tossico venne identificato da Léon Vannier con il nome di “tossine”. Riconoscere lo stato di intossicazione del paziente, cioè lo stato di “degrado” del suo terreno biologico, permette al terapeuta di stabilire quanto si è lontani dalla guarigione.
Perché il soggetto presenta uno stato di intossicazione che ne riduce la capacità reattiva?
Le cause possono essere svariate e non sempre il rapporto causa-effetto (vale a dire “cosa ha provocato la malattia”) è così immediatamente determinabile. Ci sono ad esempio patologie infantili che se malamente soppresse e non curate in profondità, possono riemergere in età adulta assumendo altre forme e attaccando altri organi del corpo in maniera anche ricorrente.
La medicina è una ed è biologica “per natura”
Noi, che siamo fautori della visione olistica dell’individuo, che aborriamo la sua dissezione simil-autoptica in apparti-organi-tessuti-molecole-geni, cadremmo nel ridicolo se ci mettessimo a sostenere la dicotomia tra una medicina “cattiva” contro una medicina “buona”, di una medicina “ufficiale” contro una medicina “alternativa”.
Esistono buoni terapeuti e cattivi terapeuti, ottime strutture e pessime strutture, menti aperte al progresso e menti conservatrici e tradizionaliste. Non a caso in alcuni dei più grandi centri di eccellenza clinico-ospedaliera in Europa e nel mondo, la metodologia clinica che proponiamo, la psiconeuroendocrino-immunologia o PNEI, è assurta al ruolo di specialità medica e comincia a essere insegnata a livello accademico.
La curiosità, la necessità di scoprire, il dovere di essere filosofo, cioè persona avida di conoscenze, non permettono al medico-scienziato di sprecare tempo ed energie nella lotta per stabilire se sia meglio curare e curarsi con un tipo o con l’altro di medicina. L’importante è intervenire con la metodologia clinica più adatta a quel paziente in quel preciso momento. Fare medicina naturale (MBCF) non è un atto di fede religiosa, è solamente un modo diverso di analizzare e curare una patologia. Non necessita quindi di un credo particolare o di una cieca fiducia in tutto ciò che è naturale. C’è bisogno esclusivamente (e già questo non è poco) di un atto di fiducia nel terapeuta a cui ci si affida, che deve essere in grado di valutare quale sia la forma di intervento migliore nella specifica situazione che ha di fronte.
Non sempre in acuzie è possibile fare una medicina causale. A volte bisogna sostenere i sintomi per migliorare la qualità di vita del nostro paziente e posticipare il ragionamento causale a tempi futuri. Questo perché la medicina non è una scienza esatta, ma è più simile – secondo noi – a un’unica grande arte, per esercitare la quale sono necessarie, oltre a conoscenze approfondite, anche spirito di intuizione, grandi capacità empiriche ed estrema flessibilità.
Noi auspichiamo sinceramente che questo tipo di approccio al paziente venga condiviso da sempre più persone, e che si riesca a fare passare il concetto che si tratta di un approccio scientifico (nell’ambito e non fuori dall’unica medicina possibile, la cui storia ha più di tremila anni) che ha serie basi metodologiche, che cura con serietà e a fondo (non solo sfruttando l’effetto-placebo) e che seriamente delimita il proprio campo di intervento ad un ambito ben definito di patologie e di disordini trattabili.
Il campo di azione della Medicina Biologica Causale Funzionale è mirato alla guarigione delle malattie funzionali, croniche, degenerative, immunologiche, alla cura dei disturbi psicologici e dell’umore, ai disordini alimentari, ecc. insomma a tutte quelle patologie che ancora non presentino stati lesionali importanti di organi e tessuti.
È proprio questo il campo di intervento del terapeuta operatore nel campo della salute.
Quando la situazione clinica lo necessita, è allora importante rivolgersi a un medico esperto in medicina biologica, figura professionale di laureato in medicina e chirurgia che saprà, se necessario, intervenire anche con prescrizioni di farmaci allopatici, prescrivere esami diagnostici e strumentali, ricorrere al consulto con specialisti ospedalieri, inviare, se necessario, al chirurgo.
La sindrome da mancato adattamento o da stress
Il pensiero e la mente rappresentano la sede di emozioni nascoste che ciascun essere umano desidera mantenere segretamente celate. La Medicina Biologica Causale Funzionale, che ci piace chiamare anche medicina delle cause, si prefigge lo scopo di intervenire anche e soprattutto a sostegno dei meccanismi biochimici e biofisici che stanno dietro il funzionamento della nostra mente e, si presume, dei nostri pensieri.
Personalmente ritengo che l’essere umano possa essere considerato in realtà un sistema biologico aperto.
L’organismo dell’uomo è una buona macchina che, come tale, si attiene a delle regole logiche di funzionamento; tuttavia queste ultime sono variabili e aperte agli stimoli fisici provenienti dall’esterno e alle pressioni psichiche ed emotive interiori. È difficile comprendere i meandri della mente umana ed è ancore più difficile interagire con essi.
In medicina, tutti gli studi clinici tradizionali sono volti a sperimentare i metodi e i farmaci in grado di inibire la produzione di alcune sostanze fisiologicamente prodotte dal nostro organismo, i cosiddetti neurotrasmettitori, ritenendo che sia proprio la loro eccessiva produzione a dare origine a quella serie di sintomi che disturbano il vivere quotidiano (ansia, depressione e quant’altro).
Questo approccio di tipo inibitorio è sicuramente utile al fine di migliorare l’immediata qualità della vita del paziente, ma non indaga minimamente i meccanismi che sono alla base della mente, dei pensieri, delle emozioni umane.
Se l’uomo è un sistema aperto, la cui omeostasi (che forse dovremmo chiamare omeodinamica) biochimica e biofisica dipende da fattori esogeni (agenti patogeni, virus batteri) ed endogeni (emotività, capacità di reagire a situazioni di stress), nel caso in cui la “macchina-uomo” mostri segni di squilibrio è per forza necessario intervenire su ambo i fronti (quello “fisico” e quello “mentale”) per sostenerne biochimicamente e biofisicamente l’equilibrio.
È soprattutto necessario insegnare a questo sistema biologico aperto come gestire autonomamente le molteplici variabili che lo possono perturbare portandolo ad accusare quei sintomi che ne disturbano la qualità di vita.
La grande rivoluzione scientifica che è in corso, e alla quale abbiamo la fortuna e il privilegio di contribuire, fondata sull’approccio metodologico PNEI o psiconeuroendocrinoimmunologico al paziente e sull’utilizzo di farmaci di induzione e rigenerazione (FIR) che stimolano il “braccio armato” del soggetto (il sistema immunitario coadiuvato dalle bioterapie nel novero dalla medicina biologica), afferma che esiste la possibilità clinica di sfruttare la caratteristica umana di subire stimoli esterni, creando da parte dell’organismo stimoli di reazione “produttivi” e guidati da farmaci biocompatibili (FIR), al fine di ricreare l’equilibrio biologico perduto.
La malattia nasce da un mancato adattamento costruttivo da parte dell’essere umano, che non compensando uno stimolo, esterno o interno che sia, viene destabilizzato e inizia a manifestare i sintomi. L’alterazione di questo equilibrio, che potremo definire psicofisico e biochimico-biofisico, porta a uno scompenso o a una sindrome da disadattamento o da stress che funge da humus ideale per il terreno patologico e stimola il divenire della malattia.
Intervenire sui meccanismi fisiologici di mantenimento dell’equilibrio psicobiologico è il vero e profondo scopo della MBCF.
Intervenire sulla capacità di gestire gli stimoli “patologici” destabilizzanti è dunque un’altra forma clinica di medicina preventiva.
Prevenire non significa unicamente limitare i fattori esterni nocivi (alimentazione, fumo, alcol, stile di vita ecc.), ma anche influenzare la reattività individuale del soggetto al fine di mantenerne viva la capacità di equilibrio psicobiologico.
Tali concetti possono apparire molto astratti per il lettore poco attento, ma chi ha imparato a guardarsi attorno e ad ascoltare il proprio animo comprenderà sicuramente come una visione della malattia e della salute così pensata apra porte del sapere molto ampie, lasciando tuttavia spazio anche a forti dubbi sui limiti delle attuali conoscenze in campo medico. Dubbi legittimi!
La filosofia della logica causale
Abbiamo visto come una delle distinzioni fondamentali tra l’approccio medico tradizionale e quello biologico sia di tipo squisitamente metodologico. È noto come la medicina convenzionale o allopatica che dir si voglia fondi tutti i suoi protocolli terapeutici e rivolga tutto il suo interesse clinico (nonché economico) verso la gestione del sintomo.
Il sintomo rappresenta ciò che disturba il nostro vivere quotidiano e quindi se troviamo una forma farmaceutica che cancelli velocemente questo fastidioso impedimento le attribuiamo il massimo degli onori e della riconoscenza.
Terapie efficaci, che vanno bene per tutti e che funzionano velocemente.
Sono anche aggressive? Non importa. Il sintomo ricompare a distanza di tempo? Non c’è problema, torniamo dal medico e ci facciamo raddoppiare le dosi. Il nostro scopo, da perseguirsi con cieca e cocciuta caparbietà, è quello di eliminare i sintomi, hic et nunc, qui ed ora.
Ma ciascuno di noi sa, in coscienza, che se il sintomo ricorre spesso e noi altrettanto spesso lo nascondiamo con un farmaco, non stiamo curando la malattia, la stiamo solo rimandando.
Il sintomo, l’omeopatia, madre delle bioterapie moderne ce lo insegna da più di 200 anni, è solo un monito da parte del nostro organismo che ci palesa un’alterazione di tipo anatomico o funzionale.
Tale modifica è la reale malattia ed è a quest’ultima che noi dobbiamo mirare nell’atto terapeutico. Le statistiche e l’esattezza matematica dei protocolli clinici non possono e non devono essere considerate i criteri ultimi e fondamentali di una decisione terapeutica.
Dietro le malattie ci sono le persone che molto difficilmente sono identiche e quindi assai raramente sono raggruppabili in insiemi. Le statistiche ci indicano soltanto, e in maniera assolutamente approssimativa, quanto non sappiamo qualcosa. S. Hahnemann, padre dell’omeopatia moderna, ricorda al paragrafo 153 del suo capolavoro l’Organon, che
occorre soprattutto e quasi esclusivamente, nella ricerca del rimedio omeoterapico specifico, soffermarsi sui sintomi oggettivi e soggettivi caratteristici più sorprendenti, più originali, più inabituali e più personali.
Più recentemente H. Heine afferma in chiave più moderna:
Da Aristotele in poi si intende per etica non il giusto agire in sé, bensì lo scegliere tra diverse possibilità in base all’esperienza, la quale guida ad una condotta corretta. Il principio della condotta etica non coincide dunque con l’esigenza di essere esatti nella soluzione di problemi scientifici, ma comprende l’empiria in tutta la sua ampiezza. È errato definire scienza solamente quella parte di esperienza che è quantificabile, sperimentalmente riproducibile e determinabile secondo criteri rigidi.
È errato considerare la MBCF come approccio non scientifico solamente perché essa adotta una metodologia diversa rispetto a quella della medicina convenzionale.
Essa rappresenta unicamente l’espressione di quella catena di pensiero logico-causale che non sempre è possibile adottare con una impostazione di tipo convenzionale, dove lo specialista analizza un tessuto, un organo, un apparato e non una persona. Riteniamo pertanto che il mantenimento dell’omeostasi PNEI, il ripristino dello stato di salute e il conseguente miglioramento della qualità della vita dei nostri pazienti si possa raggiungere esclusivamente con l’integrazione tra tutte le metodiche terapeutiche che rispondano a requisiti di scientificità in senso lato, non solo in senso deterministico.
La medicina biologica, con la sua strenua ricerca delle cause, si pone nel panorama medico contemporaneo come un insieme di pratiche cliniche che poggiano su basi teoriche e metodologiche più o meno differenti dalla scienza medica convenzionale, ma non necessariamente opposte ad essa.
Tratto da “Fondamenti di patologia per operatori della salute + CD” di Riccardo Forlani
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