Chi soffre di emicrania tende ad ‘autoprescriversi’ antidolorifici e anti-infiammatori e a raddoppiare il dosaggio nel caso in cui i farmaci non facciano effetto. Eppure, la maggior parte delle cefalee cronicizzate (dal 20% al 40% di tutti i mal di testa) è paradossalmente legata proprio all’abuso di farmaci.
Questo quanto emerso dal convegno dell’Anircef (Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee) tenutosi qualche giorno fa a Sarnico, in provincia di Bergamo.
Come ha spiegato Eros Carmelo Malara, presidente del congresso, “la cefalea da abuso di farmaci finisce col portare alla cronicizzazione di una cefalea episodica”. Alcuni pazienti, riferisce Malara, in alcuni casi arrivano ad assumere anche 15 antidolorifici al giorno.
Quello che si innesta è un pericoloso circolo vizioso: “il paziente, avendo una sopportazione minore, finisce per prendere ancora più farmaci. Tutto questo di solito accade quando manca la diagnosi e il parere di un medico”.
Una persona su 50 prende farmaci come paracetamolo, ibuprofene e aspirina per oltre 15 giorni al mese. Il problema è che si tratta di un fenomeno destinato a crescere, visto che i casi di emicrania nel mondo continuano ad aumentare. Ad esempio in Italia ogni anno l’incidenza di nuovi casi di emicrania è pari al 12% in più. Le donne in età fertile ne soffrono quattro volte più degli uomini.
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