Che cos’è l’etologia e la sua importanza in Medicina

L’etologia è quella disciplina biologica fondata da K. Lorenz (1903-1989) che studia le abitudini e il comportamento degli animali. Anche se può sembrare che questo argomento non sia di primaria importanza in ambito medico, ho pensato di dedicargli un intero capitolo nel mio recente libro Multidisciplinarietà in Medicina. Le motivazioni sono numerose, ma la più ovvia è che lo studio degli animali è più facile dello studio delle persone e permette di acquisire molte utili conoscenze che si possono poi estendere alla specie umana.

L’etologia si avvale dei metodi abitualmente utilizzati in tutti i campi della biologia, si fonda sull’ipotesi della prevedibilità e della regolarità dei moduli comportamentali che sono oggetto di indagine e ricerca; in particolare, studia l’origine, le funzioni e la possibilità di attivare tali programmi di comportamento.

I Meccanismi motivanti

I meccanismi motivanti sono dei meccanismi comportamentali filogeneticamente programmati.
Gli studi sulla motivazione hanno dimostrato che gli animali non reagiscono passivamente agli stimoli esterni, ma sono dotati di molteplici sistemi motivanti interni che attivano, a seconda delle situazioni, specifiche appetenze.

I sistemi motivanti interni sono costituiti da stimoli che denunciano la deviazione di un valore norma, come gli osmorecettori, i recettori che rivelano il grado di riempimento di un organo cavo, quelli che registrano variazioni dei valori di specifici ormoni e, in particolare, variazioni dell’attività dei vari neuroregolatori.

Gli stimoli esterni sono costituiti da variazioni delle condizioni ambientali, come la durata del giorno, dalle variazioni di temperatura e di umidità, dalla presenza di potenziali partner sessuali o agonisti.

Le attuali conoscenze sui neuropeptidi e sulle basi neurobiologiche della motivazione hanno permesso di localizzare dei centri della gratificazione e della punizione in particolari aree del sistema limbico, di identificare i circuiti neuronali che intervengono nei comportamenti di appetenza e di avversione e i neuromodulatori che li regolano.

Da questi dati è emerso che il comportamento è sostenuto da meccanismi motivanti innati e gli impulsi agiscono come comportamenti di appetenza; questi inducono a ricercare gli stimoli scatenanti che danno il via all’azione consumatoria atta a soddisfarli. La soglia per gli stimoli scatenanti in grado di attivare questi comportamenti si alza dopo l’abreazione del relativo movimento e si abbassa se l’animale non ha avuto occasione di abreagire lo schema motorio per un periodo di tempo relativamente lungo.

Diverse osservazioni, condotte su soggetti giovani e su soggetti adulti appartenenti a diverse specie sociali, hanno permesso di evidenziare che gli animali presentano segni di stress da separazione se vengono allontanati dalla madre o dal gruppo di cui fanno parte o se vengono privati di un rifugio sicuro. In questi casi gli animali adottano dei comportamenti di appetenza alla quiete, ossia diventano inquieti fino a quando non trovano un luogo sicuro, la madre, dei cospecifici o un partner di riferimento.

Altre osservazioni condotte su soggetti maschi di natura aggressiva hanno evidenziato che gli animali tendono ad aggredire e a catturare delle prede, indipendentemente dalla fame; in alcuni casi devono poter combattere con altri maschi prima di potersi accoppiare con successo e possono aggredire le femmine in mancanza di un estraneo da combattere.

Gli studi sui meccanismi motivanti che intervengono nei mammiferi superiori e nell’uomo, in particolare, hanno indotto ad attribuire un ruolo fondamentale alle esperienze emozionali. Queste assicurano una potente motivazione per l’attivazione di comportamenti associati alla ricerca di vari tipi di stimoli, anche non primari, come l’appetizione verso l’assunzione di informazioni (curiosità).

I movimenti espressivi degli animali

Il termine ‘movimenti espressivi’ viene utilizzato per indicare dei moduli comportamentali che assolvono una funzione di comunicazione e hanno assunto il valore di segnali. Questi moduli comportamentali hanno subito particolari differenziazioni in funzione della coordinazione del comportamento sociale, sono divenuti segnali scatenanti al pari delle strutture morfologiche evolute per l’emissione di segnali e, in genere, mutano la loro funzione. Ad esempio, i moduli comportamentali sessuali caratteristici della femmina diventano spesso gesti di pacificazione, l’esibizione sessuale del maschio diventa atto di minaccia e certi comportamenti, correlati alle cure parentali, assumono funzioni di corteggiamento.

I movimenti espressivi possono essere innati o acquisiti, semplici o complessi e a volte derivano da altri moduli comportamentali. In ogni caso, qualsiasi modulo comportamentale che in una certa situazione rivela al compagno che osserva la specifica disponibilità ad agire di chi lo manifesta, può evolvere come movimento espressivo e quindi, può fungere da segnale, anche per altri animali della stessa specie o di specie diversa.

Nei casi in cui è vantaggioso che le intenzioni degli animali siano comprese da qualcuno, la selezione trasforma sempre questi comportamenti in segnali appariscenti e la modificazione di un comportamento, in funzione dell’emissione di segnali, viene detta ritualizzazione.

Alcuni comportamenti, come gli atti di pulizia reciproca delle penne o della pelliccia, che contribuiscono a neutralizzare l’aggressività del compagno, l’atto di mordere e di digrignare i denti in alcuni mammiferi o di minacciare con le chele nei granchi, hanno subito una ritualizzazione come segnali di disponibilità al contatto o come segnali di aggressione.

Dalle ricerche comparate è emerso che la comprensione di un determinato tipo di movimento ha preceduto il suo evolversi in segnale. Ad esempio, i movimenti fatti dai gallinacei per mangiare attraggono i loro simili e comunicano loro la disposizione a imitarli e allora vengono usati in forma ritualizzata dalla chioccia per attrarre i pulcini e dai galli per adescare le galline.

Nel processo di ritualizzazione, i comportamenti subiscono una serie di trasformazioni al servizio della comunicazione. Essi possono essere semplificati o esagerati nella loro ampiezza, possono essere ripetuti ritmicamente e a volte compaiono con l’intensità tipica. La trasformazione del comportamento si accompagna all’evoluzione di strutture corporee appariscenti, come chele di segnalazione, criniere, piume ornamentali, pinne ecc.

La ritualizzazione può aver luogo sia a livello filogenetico, sia ontogenetico, in quanto il movimento espressivo appreso viene perfezionato in vista di una maggiore efficacia del segnale.

La ritualizzazione culturale degli uomini segue il modello della ritualizzazione filogenetica. Ad esempio, il gesto di levarsi il cappello per salutare deriva da quello di togliersi l’elmo ed è una manifestazione di fiducia.

I movimenti espressivi, che rivelano la disposizione al contatto sociale, derivano spesso dagli atteggiamenti tipici della cura della prole. Ad esempio, gli uccelli adulti durante il corteggiamento si nutrono tra di loro come fanno quando imbeccano i piccoli, i predatori adulti si scambiano colpi di muso all’angolo della bocca, che equivalgono a scambi di saluto e vengono utilizzati dai piccoli per chiedere ai genitori di rigurgitare il cibo.

L’alimentazione bocca a bocca del piccolo, da parte della madre, è utilizzata anche dai primati e dall’uomo e si ritiene che l’atto di baciarsi nel genere umano sia una ritualizzazione di quello di cibarsi.

I moduli comportamentali spesso sono collegati a manifestazioni vegetative che sono state particolarmente studiate in alcuni ciclidi. Queste sono rappresentate da variazioni di colorazione che compaiono in situazioni di disposizione alla fuga, all’attacco o di conflitto.

Il comportamento espressivo innato negli animali superiori e nell’uomo può essere sottoposto al controllo della volontà e, in base al successo delle loro azioni, gli animali possono apprendere dei movimenti espressivi. I vertebrati superiori, oltre alla comunicazione mediante segnali appresi, sono in grado di utilizzare strumentalmente segnali del repertorio innato con modalità del tutto nuove. Ad esempio, alcuni animali possono utilizzare un grido di allarme, atto ad avvertire la presenza di un nemico e mettere in fuga gli altri animali dal sito di alimentazione; le scimmie antropomorfe spesso inventano segnali di comunicazione.

Gli animali, in ogni caso, utilizzano sistemi di comunicazione che solo approssimativamente sono confrontabili con il linguaggio verbale dell’uomo. Gli scimpanzé in libertà comunicano fra loro con gesti manuali semplici, ma dietro addestramento possono utilizzare una comunicazione simile al linguaggio.

I movimenti espressivi possono essere classificati a secondo della loro funzione. Essi vengono distinti in movimenti espressivi che servono alla comunicazione intraspecifica e quelli che servono per la comunicazione interspecifica.

L’organizzazione del comportamento e le gerarchie

L’interazione tra due partner si realizza in quanto il comportamento di uno dei due rappresenta uno stimolo per l’altro e la risposta di quest’ultimo diventa, a sua volta, un segnale per la reazione del primo. In tal modo, il decorso delle varie azioni diventa una catena che conduce all’azione consumatoria o liberatoria finale.

Nei casi in cui i due partner siano molto affiatati, come nel caso di partner sessuali, si configurano due catene di azioni e reazioni di scatenamento reciproco che si succedono in modo piuttosto preciso. Il maschio, mediante determinate azioni, scatena reazioni nella femmina e questa, a sua volta, tramite le sue azioni avvia altre reazioni nel maschio.

Una serie di reazioni a catena si può realizzare anche nell’ambito di un solo individuo che interagisce con l’ambiente. Esso infatti, con il suo comportamento, può realizzare delle nuove situazioni scatenanti che di volta in volta attivano un nuovo comportamento.

Le disponibilità ad eseguire i vari moduli comportamentali spesso si avvicendano in un determinato ordine e le diverse situazioni, stimolatorie scatenanti, avviano singoli movimenti che entrano a far parte di una sequenza complessa.

I moduli comportamentali spesso sono disposti a gruppi, si possono associare o si possono escludere a vicenda. Ad esempio, nell’animale disposto a combattere possono essere facilitati i comportamenti di minaccia e di aggressione, ma vengono inibiti altri comportamenti, come il mangiare o il costruire il nido.

La regolarità del comportamento, fondata sulla successione temporale e sulla simultaneità, riflette una organizzazione gerarchica che corrisponde, a sua volta, ad un preciso orientamento a livello del sistema nervoso centrale.

Le organizzazioni gerarchiche del comportamento sono proprie di molti invertebrati e di tutti i vertebrati, ma via via che si sale la scala filogenetica questo ordinamento diventa meno lineare. Inoltre, i movimenti relativi ai più bassi livelli di interazione appaiono durante lo sviluppo giovanile di uccelli e di mammiferi, mentre con la maturazione vengono integrati molti altri moduli di comportamento, come pure quelli relativi alle esperienze individuali.

N. Tinbergen ha definito l’istinto come un meccanismo neurale, gerarchicamente organizzato, che risponde a determinati stimoli, esterni e interni, capaci di indurre, di orientare e di sostenere una risposta comportamentale di valore adattivo. Egli, in base alle osservazioni sul comportamento animale, ha ipotizzato l’esistenza di una gerarchia di istinti, che ha suddiviso in istinti di livello superiore e istinti subordinati, e una organizzazione gerarchica dei centri funzionali del sistema nervoso centrale.

Il comportamento conflittuale

Nei casi in cui una situazione stimolante scatenante attiva impulsi contrastanti, come può avvenire nel caso si tratti dell’impulso all’attacco e quello alla fuga, l’animale può adottare dei comportamenti che entrano in conflitto tra loro.

Un modulo comportamentale può prevalere e reprimere l’altro, attivato contemporaneamente, se è sostenuto da una motivazione piuttosto forte. Quando le motivazioni sono uguali i moduli comportamentali, attivati contemporaneamente, possono sovrapporsi, trasformarsi e combinarsi in vario modo.

Sulla base di svariate osservazioni è emerso che gli animali, quando si trovano in una situazione di conflitto, compiono spesso movimenti che non sono attribuibili a nessuna delle due disposizioni contrastanti e questi moduli comportamentali sono stati definiti attività di sostituzione. Queste possono essere rappresentate da attività simulate di nutrizione e atti di pulizia, come il bagnarsi o altri atti di igiene corporale.

L’uomo può presentare, al pari degli animali, dei movimenti conflittuali. Questi sono stati esaminati in modo esauriente in uno studio sui comportamenti degli oratori e sono rappresentati da reazioni neurovegetative, come sudorazione e tremore, scarsa interazione con il pubblico, deprezzamento del proprio lavoro, contegno sottomesso, sorrisi amichevoli, tendenza a toccarsi o a grattarsi, atti di masticare o succhiare una penna, di deglutire o giocherellare con oggetti.

In alcuni casi, una situazione stimolante che attiva e contemporaneamente inibisce un modulo comportamentale può non attivare un comportamento conflittuale. Ad esempio, animali minacciati o attaccati da un altro animale di rango superiore possono sfogare l’aggressività su uno di rango inferiore.

L’articolo è stato tratto dal libro della Dr.ssa Gasparini
“Multidisciplinarietà in Medicina”

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