I casi di epatite seguiti all’assunzione di integratori a base di curcuma non sono dovuti a contaminanti, ma a problemi di fegato presenti, in modo a volte latente, in chi li assume. Pertanto, verrà prevista una apposita etichettatura da apporre su questi prodotti. È quanto rende noto il ministero della Salute sulla base di quanto emerso dagli approfondimenti condotti da un gruppo interdisciplinare di esperti e dal Comitato tecnico per la nutrizione e la sanità animale.
In Italia nei mesi scorsi erano stati segnalati diversi casi di epatite colestatica dopo l’assunzione di integratori alimentari contenenti estratti e preparati di Curcuma longa. Gli eventi si sono verificati dopo l’assunzione di dosi molto variabili e, nella maggior parte dei casi, tale sostanza era associata ad altri ingredienti volti ad aumentarne l’assorbimento. Le analisi effettuate sui campioni “hanno escluso la presenza di contaminanti o di sostanze volontariamente aggiunte quali possibili cause del danno epatico”.
“Le cause – concludono gli esperti – sono verosimilmente da ricondurre a particolari condizioni di suscettibilità individuale, di alterazioni preesistenti, anche latenti, della funzione epato-biliare o anche alla concomitante assunzione di farmaci”.
Pertanto è stato deciso “di adottare una specifica avvertenza per l’etichettatura degli integratori in questione, volta a sconsigliarne l’uso a soggetti con alterazioni della funzione epato-biliare o con calcolosi delle vie biliari e, in caso di concomitante assunzione di farmaci, ad invitare comunque a sentire il parere del medico”.
Nessuna raccomandazione particolare è emersa per la curcuma in polvere.
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