Bambini: la dislessia e i Disturbi Specifici dell’Apprendimento

Lettura, scrittura e calcolo sono funzioni fondamentali per l’apprendimento. Un soggetto con capacità intellettive nella norma e privo di deficit (sensoriali, neurologici, relazionali e sociali) ha un Disturbo Specifico dell’Apprendimento se ha una o più di tali funzioni compromesse.

È particolarmente difficile trovare bambini con disturbi isolati, mentre è più frequente trovare quadri eterogenei: difficoltà di lettura e di calcolo, di scrittura e di attenzione… Per formulare una diagnosi, quindi, si indaga su vari livelli: sulle singole funzioni strumentali compromesse (o poco sviluppate) e sui sistemi che le sostengono (memorie, e i diversi tipi di attenzione)[1].

Ecco, in breve, alcuni tipi di DSA [2]:

  • dislessia : disturbo specifico della lettura;
  • discalculia : disturbo specifico del calcolo;
  • disgrafia : disturbo specifico della scrittura nella riproduzione di segni alfabetici e numerici (deficit grafo-motorio);
  • disortografia : disturbo specifico della scrittura nel rispetto delle regole ortografiche;

Prima definizione di dislessia

La Dislessia è un Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) di origine neurobiologica, caratterizzato da difficoltà nella lettura, in un contesto in cui il livello scolastico globale e lo sviluppo intellettivo del soggetto sono nella norma.

Caratteristiche generali:

  • È presente fra il 3-5% dei bambini in età scolare;
  • Quoziente intellettivo (QI) nella norma [3];
  • Livello di lettura inferiore alla media [4] nella velocità di lettura o nell’accuratezza;
  • Assenza di cause neurologiche o sensoriali;
  • Persistenza del disturbo nel tempo [5].

Velocità di lettura e accuratezza

I due parametri di riferimento per la diagnosi della dislessia sono la velocità di lettura (calcolata in numero di sillabe lette al secondo) e l’accuratezza (numero di errori commessi).

I problemi con la lettura aumentano anche in rapporto alla lingua usata. Ogni lingua possiede un differente grado di difficoltà: in francese, inglese e tedesco la pronuncia di una parola cambia a seconda dell’accostamento delle lettere (in inglese, ad esempio, il gruppo “oo”, si legge “o” in “door” e “u” in “food”). La lingua italiana è considerata una lingua semi-trasparente perché a ogni lettera (grafema) corrisponde quasi univocamente un solo suono (fonema). Dunque, in Italia, il parametro più significativo per la diagnosi di dislessia è la velocità di lettura.

La velocità di lettura è una misura che dovrebbe sempre comparire nelle cartelle cliniche, perché chiarisce numericamente il grado di difficoltà del bambino. Si esprime in numero di sillabe lette diviso per i secondi impiegati (sill/sec).

Ogni età scolare ha, per velocità e accuratezza, una determinata media e una deviazione standard:

  • Media = numero di sillabe lette al secondo dai normolettori di una particolare fascia d’età (esiste anche la media per il numero di errori);
  • Deviazione standard = è un sorta di intervallo entro il quale la media può oscillare;

Ad esempio, in terza elementare (secondo alcune tabelle) la media nazionale per velocità di lettura è di 2,99 sill/sec e la deviazione standard di 1,1 sill/sec (vedere figura 2)[6].

Per definizione diagnostica, se la velocità di lettura di un soggetto si discosta dalla media di 2 deviazioni standard, allora il soggetto è certificabile come dislessico.

Prendendo l’esempio della terza elementare:

– un normolettore dovrebbe leggere intorno ai 2,99 sill/sec:

  1. calcolo due deviazioni standard (1,1 x 2 = 2,2);
  2. le sottraggo alla media: 2,99 – 2,2 = 0,79 sill/sec.

Ottengo 0,79 sill/sec che è il limite sotto il quale un soggetto di terza elementare rientrerebbe nella diagnosi di dislessia [7].

La velocità di lettura e l’accuratezza sono elementi fondamentali, ma non sono i soli. Una diagnosi funzionale neuropsicologica (vedere capitolo V) deve indagare non solo gli aspetti più evidenti e di superficie, ma anche quelli più nascosti, come il sistema attentivo e le memorie (a breve e lungo termine, vedere figura 27 e 28) che stanno alla base di apprendimenti complessi come la lettura e li sostengono.

Vedere nel dettaglio il sito www.airipa.it.

Ecco due esempi: Marco ed Enrico sono due bambini che frequentano la terza elementare, hanno difficoltà di lettura e possiedono un quadro neuropsicologico simile (QI, attenzione, memorie, linguaggio…). Marco, rispetto ai suoi compagni, impiega circa il triplo del tempo: se loro terminano la lettura di un brano in 10 minuti, Marco ne impiegherà più di 30 (legge ad una velocità di circa 0,70 sill/sec invece di 3,01); è molto probabile che dopo 12-13 minuti sia stremato e si demoralizzi vedendo il resto della classe già impegnato in altri compiti. Potrebbe, inoltre, essere giudicato svogliato o poco intelligente.

Enrico, invece, impiega quasi il doppio del tempo a leggere lo stesso brano (legge 1,50 sill/sec).

Dopo un primo esame diagnostico, Marco è certificabile come dislessico (0,70<0,79 sill/sec), mentre Enrico, trovandosi sopra la soglia critica (1,50>0,79 sill/sec) non viene certificato, anche se vive un disagio notevole. Si dimentica che la dislessia, pur avendo in molti casi una sua caratterizzazione di familiarità, non si colloca tra i “disturbi categoriali” come il diabete, l’epilessia o la malaria (che hanno dei marcatori ben definiti), ma, per come viene rilevata, appartiene ai “disturbi dimensionali” (oltre o sotto una determinata soglia scatta la definizione di disturbo), come accade per il deficit di attenzione (ADHD), l’ipertensione o l’essere in sovrappeso.

Nella valutazione di Marco ed Enrico dovrebbe essere prassi (anche se purtroppo non è ancora routine) eseguire un’indagine approfondita, una diagnosi neuropsicologica funzionale (vedere capitolo V). Marco, certificato a tutti gli effetti come dislessico, dovrà iniziare un percorso abili-tativo e di potenziamento presso specialisti, ma anche Enrico, pur non essendo “etichettato” come dislessico, dovrà essere seguito e potenziato negli aspetti che l’indagine diagnostica isola come carenti.

In una classe di 25 alunni ci sono, in media, 1 o 2 bambini certificabili come dislessici. Gli altri 23/24 leggono a una velocità che varia dal confine con la dislessia fino a raggiungere la media normale e oltrepassarla (ecco che affiora il concetto di “disturbo dimensionale” come delineato appena sopra). Gli insegnanti, perciò, hanno di fronte a loro una situazione estremamente varia: non esiste il “bambino tipo”, esistono 25 bambini diversi per velocità di lettura, QI e componenti cognitive (attenzione, memorie di vari tipi…).

A questo punto è essenziale introdurre una definizione di dislessia più complessa.

Definizione di dislessia più approfondita

La dislessia è una disfunzione neurologica che non permette lo sviluppo completo del modulo lettura, con diverse cause sottostanti. Tali cause si esprimono singolarmente o in interazione e dipendono, in misura diversa, dal sistema attentivo, linguistico e visuo-percettivo.

Nel corso della trattazione andremo a descrivere e ad approfondire concetti fondamentali per affrontare il disturbo di lettura, sfatando molti luoghi comuni diffusi anche in ambito clinico. Tali concetti sono quelli di “modulo”, sistemi centrali e funzioni esecutive.

Come è nostro uso, non proporremo affermazioni gratuite, ma conoscenze nate nei laboratori sperimentali e tratte da osservazioni cliniche controllate. In figura 2 sono elencate le nuove misure di rapidità di lettura di brani delle prove MT.

Note:

[1] È importante far notare che un Disturbo Specifico di Apprendimento indica una compromissione di meccanismi sostanzialmente periferici, che tendenzialmente non coinvolge i sistemi intellettivi, più centrali. Vedremo più avanti come questo aspetto “clinico manualistico” sia impreciso, in quanto qualora si vogliano indagare i processi sottostanti il DSA emergono problematiche mnestiche (legate alla memoria) e attentive appartenenti ai sistemi centrali.

[2] Con la sigla DSA, pertanto, si intendono i Disturbi Specifici di Apprendimento, definiti anche con la sigla F81 nella Classificazione Internazionale ICD-10 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e compresi nel DSM-IV Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders («Manuale diagnostico e statistico dei disturbi Mentali»). Essi fanno parte della famiglia dei Disturbi Specifici dello Sviluppo. I Disturbi Specifici dell’Apprendimento più condivisi sono: dislessia, disgrafia, disortografia, disturbo specifico della compitazione (F81.1/315.2), discalculia. Nei Paesi anglosassoni la definizione comprende anche il disturbo specifico del linguaggio, la disprassia, il disturbo dell’elaborazione auditiva e il disturbo dell’apprendimento non verbale.

[3] Anche inferiore alla media entro una deviazione standard.

[4] Inferiore alla media di due deviazioni standard.

[5] La dislessia non è una malattia e neppure un disagio temporaneo, ma un disturbo che permane nel tempo, con una certa gravità, che cambia da soggetto a soggetto.

[6] Dati ricavati dalle normative di Patrizio Tressoldi sulle velocità di lettura di Brani MT.

[7] Alcune tabelle nazionali fanno riferimento ai tempi di lettura e invece delle medie e deviazioni vengono calcolati i percentili, non essendo sempre le distribuzioni campionarie simili alla curva “normale”.

>> Estratto di “La dislessia” di Eva Benso (leggi il libro)

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