È allarme in Italia per le ‘diete fai-da-te’ alle quali si affidano sempre più adolescenti per perdere peso. Secondo quanto emerge da un’indagine del Centro Studi Tisanoreica, in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova, il 68 per cento degli adolescenti italiani ha sperimentato cure dimagranti improvvisate e senza assistenza medica.
Si tratta di un fenomeno che sta conoscendo una crescita vertiginosa: nel 2010 oltre un ragazzo su cinque, di età compresa fra i 13 e i 19 anni, dichiara di aver seguito una dieta dimagrante, ma solo il 32 per cento si è rivolto a un medico per perdere peso. Regimi alimentari rigidi ma non controllati – che spesso coincidono con un digiuno totale e prolungato – sono stati sperimentati dal 35 per cento dei ragazzi e dal 43 per cento delle ragazze.
Le conseguenze sono spesso molto gravi: in primis disturbi alimentari come anoressia e bulimia. Inoltre i due terzi dei giovani che hanno seguito regimi dietetici “fai-da-te” non solo hanno ripreso il proprio peso ma, nel giro di qualche anno, si sono ritrovati più grassi di prima a causa del classico effetto yo-yo.
Ma in cosa consistono le diete fai-da-te? Tra i rimedi prediletti e improvvisati dai teenager vanno per la maggiore i regimi alimentari di moda oltreoceano: la dieta “dissociata”, carboidrati a pranzo e proteine a cena; “la dieta Beverly hills”, solo frutta per 10 giorni; “la dieta del minestrone”, zuppa a colazione, pranzo e cena; o la “dieta dell’ananas”. Ingredienti fondamentali di queste dieta sono alimenti apparentemente innocui ma che possono rivelarsi pericolosi nemici della salute, proprio perché la loro esclusiva assunzione priva della razione alimentare quotidiana di sostanze invece indispensabili.
Il risultato è che per molti di questi ragazzi si verificano scompensi nell’alimentazione. L’indagine rivela poi che la maggiorparte dei ragazzi approccia diete sconsiderate senza valutare i conseguenti danni irreparabili al metabolismo (come rilevato dal 34 per cento degli intervistati), il rischio di danneggiare i reni (28 per cento) o di complicazioni per la pressione (21 per cento), ai quali si sommano scompensi psicologici, come ansia (27 per cento) e persino gravi stati depressivi (21 per cento).
Come rilevato dall’Organizzazione mondiale della sanità, i disturbi alimentari costituiscono uno dei pericoli maggiori di questo secolo. Dei 57 milioni di morti all’anno per cause legate alla salute, il 59 per cento è imputabile a malattie derivanti da un errato stile alimentare.
“Nell’ottica di un rapporto sempre più stringente tra malattia ed errata alimentazione – ha spiegato Gianluca Mech, a capo di AssoTisanoreica e promotrice del progetto – il ruolo del medico di famiglia è divenuto un cardine nella prevenzione delle patologie croniche. Il medico di base, a continuo e diretto contatto con il paziente-consumatore, è il punto di riferimento privilegiato per una corretta ed efficace comunicazione, dato l’elevato gradimento di cui gode. Proprio per questo è necessario che questa figura sia in prima linea nell’orientare correttamente i comportamenti alimentari delle famiglie”.
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