Il rischio di diabete dipende anche dal lavoro che si svolge: uno studio svedese dimostra che in alcune categorie lavorative il rischio di insorgenza di questa malattia è triplicato rispetto alla popolazione generale. Lo studio è stato presentato al 55esimo Congresso dell’Associazione europea per lo studio del diabete (Easd) in corso a Barcellona, e pubblicato sulla rivista ‘Diabetologia’, da un team del Karolinska Institutet di Stoccolma.
Ad alto rischio risultano gli impiegati dell’industria manifatturiera, dei servizi di pulizie, gli autisti e le aiuto-cuoche. Ci sono casi in cui il lavoro sembra invece proteggere da questo rischio: è il caso di professori universitari, architetti e ingegneri civili tra gli uomini; fisioterapiste, igieniste dentali, scrittrici, creative e artiste tra le donne.
Lo studio
Guidati da Sofia Carlsson dell’Institute of Environmental Medicine, gli esperti si sono concentrati sull’associazione tra il rischio di diabete di tipo 2 e le 30 professioni più comuni. Gli studiosi hanno utilizzato il registro della popolazione svedese per identificare tutti i cittadini svedesi nati tra il 1937 e il 1979. Fra questi, tra il 2001 e il 2013 sono state assunti sul posto di lavoro 4.550.892 persone e queste costituivano il campione dello studio.
Dallo studio è emerso che se la prevalenza complessiva del diabete nella popolazione attiva svedese nel 2013 risultava del 4,2% (5,2% negli uomini; 3,2% nelle donne), il dato variava dal 7,8% nei lavoratori manifatturieri di sesso maschile e dall’8,8% nei conducenti di autoveicoli, a solo il 2,5% negli scienziati informatici.
Fra le donne, la prevalenza del diabete era più alta tra le lavoratrici del manifatturiero (6,4%), le assistenti di cucina (5,5%) e le addette alle pulizie (5,1%) e la più bassa tra le dirigenti specializzate (1,2%).
L’incidenza, come prevedibile, è risultata più elevata negli over 55: negli uomini di questa fascia di età la prevalenza del diabete era del 14,9% nei lavoratori manifatturieri, del 14,2% nei conducenti di veicoli a motore e del 13,1% negli impiegati d’ufficio. Nelle donne di età superiore ai 55 anni, la prevalenza più elevata è stata riscontrata nelle operaie del manifatturiero (10,7%), nelle assistenti di cucina (8,7%) e nelle addette alle pulizie (8,3%).
L‘incidenza del diabete standardizzata per età (cioè il numero di nuovi casi per 1.000 persone all’anno) è risultata complessivamente di 5,19 (6,36 negli uomini; 4,03 nelle donne); ma ancora una volta sono emerse notevoli differenze a livello di stato professionale.
Tra gli uomini, l’incidenza è più alta tra i lavoratori del settore manifatturiero (9,41), i conducenti di autoveicoli (9,32), gli operatori di impianti mobili tra cui l’agricoltura (8,31), gli assistenti personali (8,17) e gli addetti ai trasporti (7,87); il più basso tra insegnanti universitari (3,44), architetti e ingegneri civili (3,83). Per le donne, l’incidenza è apparsa più alta tra le addette al manifatturiero (7,2), alle pulizia (6,18), alle cucine (5,65), fra le cameriere e le governanti (5,01), mentre il valore più basso è stato quello di fisioterapiste e igieniste dentali (2,20), scrittrici e artiste (2,27).
I fattori di rischio
Come spiegano gli autori, a fare la differenza fra queste categorie è la prevalenza di fattori di rischio legati allo stile di vita. L’analisi dei dati raccolti ha mostrato la presenza di una importante associazione tra indice di massa corporea (BMI) e incidenza di diabete di tipo 2 in entrambi i sessi.
“I soggetti impiegati in lavori a maggior rischio di diabete – spiegano gli autori – presentano una diversa prevalenza dei fattori di rischio legati allo stile di vita, rispetto al resto della popolazione: sono spesso in sovrappeso, sedentari e fumano”.
Gli studiosi concludono che se fossero implementati interventi ad hoc sul posto di lavoro, ad esempio volti a ridurre il peso e aumentare l’attività fisica tra i dipendenti che svolgono queste professioni, si potrebbero ottenere importanti benefici per la loro salute.
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