Nel mio recente libro ‘Multidisciplinarietà in Medicina‘ ho dedicato un intero capitolo alla cronobiologia spiegando, con esauriente documentazione scientifica, la grande importanza di questa scienza nello spiegare i meccanismi con cui il nostro organismo mantiene la salute. La conoscenza di questi meccanismi può aiutarci a rispettare e favorire queste funzioni fisiologiche che, insieme a poche altre, sono alla base della nostra vita.
La cronobiologia è la disciplina che esplora e quantifica la ripetitività nelle ritmiche manifestazioni della vita, ha la finalità di far luce sul comportamento temporale dei fenomeni biologici ripetitivi e ha introdotto la concezione relativistica del tempo in biologia.
Ritmi biologici
L’osservazione della materia vivente in funzione del tempo ha evidenziato che tutte le funzioni biologiche, esaminate a livello cellulare, tessutale o multicellulare, uomo incluso, presentano un andamento ritmico che si è rivelato periodico.
Un ritmo indica un evento che si succede in modo regolarmente ricorrente nel tempo e viene rappresentato da un’oscillazione ciclica.
In biologia si parla di ritmi biologici per indicare una funzione biologica regolarmente ricorrente nel tempo, per certi versi prevedibile e dimostrabile statisticamente.
I periodi dei ritmi biologici sono variabili e vengono distinti in:
- Ultradiani, quando hanno un periodo che va da 1 millisecondo ad alcune ore.
- Circadiani, quando hanno un periodo di circa un giorno.
- Infradiani, quando hanno un periodo di una settimana, di un mese o di un anno.
I ritmi biologici sono per natura endogeni, in quanto geneticamente determinati, ma sono modulati e modificati dagli eventi periodici ambientali.
La natura endogena dei ritmi fa sì che molti dei ritmi circadiani persistano, anche dopo rimozione di tutti gli input periodici ambientali. Infatti, esperimenti effettuati in condizioni di isolamento in caverne naturali hanno dimostrato che nei soggetti esaminati il periodo dei ritmi circadiani subiva dei sensibili, ma consistenti cambiamenti, rispetto a quelli dei cicli ambientali da cui sono normalmente influenzati (sincronizzati). Inoltre, le variazioni ritmiche imposte all’organismo da fattori esterni scomparivano appena queste venivano rimosse.
Altri esperimenti hanno evidenziato che:
- in tutti gli organismi, animali e vegetali, i fattori e le circostanze che hanno per bersaglio le membrane possono influenzare i ritmi circadiani;
- i ritmi circadiani sono ereditari, la loro esistenza e le loro caratteristiche sono codificate nel nucleo;
- l’RNA-messaggero trasferisce l’informazione dal nucleo al citoplasma.
Attualmente il ruolo delle membrane nel meccanismo della ritmicità è indiscusso e la funzione “pacemaker” delle membrane è oggetto di discussione.
Si definisce sincronizzazione lo stato di un sistema dove due o più variabili mostrano una periodicità con la stessa frequenza.
I ritmi endogeni sono modulati e modificati da eventi periodici ambientali. I cicli geofisici astronomici, come la rotazione terrestre, l’alternanza giorno e notte, i cambiamenti stagionali con le conseguenti variazioni della temperatura e della durata dei periodi di luce, le ore dei pasti, le alternanze del ritmo attività-riposo o sonno-veglia, possono sincronizzare i ritmi endogeni su determinate frequenze. Si è visto che un ritmo endogeno può essere modificato solo su frequenze che non siano troppo diverse da quelle naturali. Al di fuori di questo range il ritmo degli oscillatori endogeni non si sincronizza, ma mantiene una sua frequenza che tuttavia può essere modulata dagli stimoli ambientali.
Si definisce sincronizzatore una periodicità ambientale capace di determinare un collocamento temporale di un ritmo biologico lungo un’appropriata scala del tempo.
Nell’uomo, i sincronizzatori circadiani principali sono l’alternanza di luce-buio e di attività-riposo. Essi non creano i ritmi biologici, ma sono in grado di influenzarli.
Gli effetti degli agenti sincronizzanti sui ritmi endogeni non sono costanti, le risposte variano per ogni individuo e ogni individuo può presentare risposte diverse nel tempo. Inoltre, alcuni sincronizzatori possono esercitare i loro effetti prevalentemente su alcuni ritmi. Ad esempio, l’ora dei pasti influenza prevalentemente i ritmi circadiani di alcuni parametri metabolici e molto limitatamente quello che regola il numero dei linfociti circolanti. Come conseguenza, le influenze sui ritmi endogeni di soggetti che vivono in condizioni ambientali diverse, che hanno abitudini diverse o eseguono lavori “diversi”, non saranno necessariamente le stesse.
Pacemaker
I pacemaker sono oscillatori primari che presentano un’oscillazione endogena geneticamente determinata e autosostenuta in assenza di segnali temporali esterni. Inoltre, forniscono segnali temporali all’organismo tali da sincronizzare molti ritmi sullo stesso range di frequenze.
Nell’uomo e in diversi mammiferi il principale pacemaker per molti ritmi circadiani è stato identificato nel nucleo soprachiasmatico, localizzato nell’ipotalamo anteriore in sede dorsale rispetto al chiasma ottico. Le cellule di questo nucleo imprimono il ritmo periodico circadiano di base e ricevono informazioni dall’ambiente esterno. Queste ultime provengono dai fotorecettori retinici, dipendono dalle stimolazioni luminose, ma non comportano un coinvolgimento dei fotorecettori visivi. Attraverso vie neuronali o mediatori neurormonali, le informazioni vengono trasmesse ad altri centri ipotalamici e all’ipofisi che, a loro volta, le trasmettono e sincronizzano gli oscillatori nei tessuti periferici.
Studi su organismi unicellulari hanno dimostrato l’esistenza nelle singole cellule, come negli organismi multicellulari, di oscillatori intercomunicanti. Alcuni di essi sono sensibili alle informazioni fornite dall’ambiente e possono agire come pacemaker per molti ritmi endogeni.
Attualmente, è stato chiarito che la struttura temporale degli organismi non è che il risultato della cooperazione dell’insieme oscillante di subsistemi, nell’ambito dei sistemi neurale, ormonale e cellulare, che interagiscono tra loro.
Controllo stagionale e giornaliero della sintesi degli enzimi
La capacità dei sistemi viventi di coordinare al tempo dovuto l’attività dei geni, le vie metaboliche e altri importanti meccanismi di regolazione è essenziale al fine di consentire un efficiente adattamento alle varie condizioni ambientali.
Gli organismi che vivono liberi e in condizioni naturali sono soggetti all’azione dei periodici cambiamenti ambientali, in particolare a quelli risultanti dalla rotazione terrestre di 24 ore attorno al sole. Essi tendono ad adattarsi a queste variazioni riaggiustando periodicamente le loro funzioni metaboliche e il comportamento al fine di armonizzarsi con il corso delle stagioni e, per ogni modello stagionale, all’alternarsi del giorno e della notte.
Il termine ‘ciclo stagionale’ include:
- La variazione di durata relativa del giorno e della notte nel ciclo di 24 ore.
- Una serie di altri fattori, in particolare la temperatura e la disponibilità di acqua.
Si ritiene che la necessità di spostarsi da una strategia metabolica all’altra, in ordine di adattarsi ai cambiamenti ambientali e avviare la crescita e la riproduzione solo quando arriva la stagione favorevole, sia guidata dal vantaggio selettivo di utilizzare alcuni modi di misurazione della durata di buio o luce come l’unico e reale indicatore del corso delle stagioni.
Si è visto che, mediante complessi meccanismi, gli orologi biologici circadiani e il fotoperiodismo sono in grado di misurare il tempo, di dare il ritmo, di controllare la sintesi di enzimi e consentire le più appropriate strategie metaboliche.
La ritmicità endogena circadiana consente di avviare le sequenze dei processi metabolici in anticipo, rispetto ai mutamenti periodici esterni, e di mantenere l’organismo in una situazione metabolica sempre adatta alla stagione in corso.
Categorie generali di risposta allo stress
Quando le variazioni esterne sono troppo repentine o hanno un’ampiezza troppo grande, per essere fronteggiate dalle capacità di adattamento del programma metabolico del soggetto, esse agiscono come stressor.
Il termine ‘stress’ spesso si riferisce ad un tipo di aggressione improvvisa e inaspettata e deve essere distinta da quegli eventi stressanti ambientali che hanno carattere periodico e inducono risposte metaboliche già programmate. Ad esempio, negli habitat molto caldi, il rapido incremento della temperatura, che segue il sorgere del sole, evoca la sintesi di proteine da stress che hanno il compito di proteggere le cellule dagli insulti ambientali.
Gli organismi utilizzano due tipi di strategia in risposta alle situazioni stressanti:
- La strategia di evitamento dello stress, che consiste nell’allontanamento da quelle situazioni ed eventi che possono comportare stress.
- La strategia di tolleranza allo stress, che consiste in cambiamenti di funzioni metaboliche che avviano programmi metabolici capaci di integrare o controbilanciare gli effetti dello stress.
Questi riaggiustamenti metabolici comportano modificazioni dei meccanismi enzimatici che consistono in cambiamenti della loro attività, delle loro proprietà catalitiche, della loro sintesi o in cambiamenti dei programmi genetici.
Si può concludere che il ruolo degli orologi biologici, nell’organizzazione temporale delle risposte di adattamento, è quello di consentire all’organismo di preparare i substrati metabolici atti a consentirgli di tollerare gli effetti dei fattori stressanti stagionali.
La ghiandola pineale
Gli studi sulla ghiandola pineale hanno consentito sia di comprendere la sua fisiologia, sia di acquisire importanti dati sui meccanismi di regolazione dei ritmi biologici.
Negli animali, la pineale ha il ruolo di convogliare i messaggi ambientali, di controllare le funzioni ritmiche, stagionali e circadiane, e ha come input più importante la fase di transizione luce-buio che, nelle regioni non-equatoriali, indica la lunghezza del giorno o il fotoperiodo.
La secrezione di melatonina da parte della pineale avviene durante la fase del buio ed è strettamente correlata alla durata della notte.
Nell’uomo, la pineale ha delle funzioni che in parte sono simili a quelle degli animali: interviene nella regolazione del sonno, nella funzione riproduttiva, sul tono dell’umore e sul sistema immunitario.

L’articolo è stato tratto dal libro della Dr.ssa Gasparini
“Multidisciplinarietà in Medicina”
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