Le scienze etologiche hanno evidenziato che il comportamento animale è caratterizzato da disposizioni o attitudini innate o istintive che dipendono dall’eredità genetica, derivano da adattamenti filogenetici e vengono provocati dalla vista di un oggetto o uno stimolo che gli etologi chiamano stimolo-chiave.
Lo stimolo-chiave consente l’attivazione di un certo modulo comportamentale innato e gli adattamenti ereditari consentono agli animali di conoscere i modelli di riferimento, ossia i modelli aventi valore di esempi sui quali l’animale “prova” i segnali che riceve e adotta il comportamento ottimale per la specie. Lo scoiattolo, ad esempio, alla vista di una nocciola scava istintivamente una buca per nasconderla e fare provvista di cibo. Tale comportamento, innato per la specie, può essere osservato anche in piccoli scoiattoli separati dalla madre e allevati in uno stato di isolamento dall’ambiente naturale.
Lo studio del comportamento animale, nel corso della filogenesi, ha messo in evidenza che nelle specie più semplici il comportamento innato è rigidamente programmato geneticamente ed è indipendente dall’esperienza; nelle specie più complesse il comportamento innato è sottoposto ad un programma modificabile, in quanto si realizza solo in seguito alle esperienze e ai contatti con l’ambiente. Nelle specie collocate ai più elevati livelli della filogenesi, il comportamento è prevalentemente acquisito, dipende dall’apprendimento, ma ha le sue radici nei meccanismi motivazionali che originano dalle stesse strutture cerebrali che controllano i comportamenti istintivi e sono alla base della curiosità, della memoria e dell’intelligenza.
I comportamenti animali innati comprendono attività automatiche e istintive che vengono controllate da specifiche strutture nervose e sono finalizzate alla sopravvivenza individuale e della specie.
I comportamenti automatici sono controllati da formazioni spinomidollari, sono rigidamente programmati geneticamente e sono indipendenti dall’esperienza. In queste attività rientrano, ad esempio, il nuoto dei pesci, il movimento strisciante dei serpenti o l’allontanamento riflesso da uno stimolo nocivo.
I comportamenti istintivi sono controllati dal paleoencefalo, sono programmati geneticamente, ma sono modificati dalle esperienze individuali. Queste attività, tra cui rientrano ad esempio il corteggiamento e il territorialismo, sono infatti sottoposte ad un programma modificabile in quanto dipendono da scelte individuali legate ad un particolare partner sessuale o ad un particolare tipo di territorio.
I comportamenti animali che presiedono ai processi di apprendimento, di imitazione o di trasmissione culturale sono controllati dalla corteccia, vengono appresi da ciascun individuo nel corso della sua esistenza e sono caratterizzati da notevoli variazioni soggettive.
Nelle varie specie animali, il comportamento è sostenuto da meccanismi motivanti innati e gli impulsi agiscono come comportamento di appetenza che induce a ricercare gli stimoli scatenanti che danno il via all’azione consumatoria atta a soddisfarli. Gli animali infatti, non si limitano ad attendere passivamente uno stimolo, bensì, se sono affamati, assetati, aggressivi o eccitati sessualmente, ricercano attivamente, mediante il cosiddetto “comportamento di appetenza”, gli stimoli scatenanti che danno il via all’azione consumatoria adottando comportamenti come la caccia, il combattimento o il corteggiamento.
La soglia per gli stimoli scatenanti, in grado di attivare questi comportamenti, si alza dopo l’abreazione del relativo movimento e si abbassa se l’animale non ha avuto occasione di abreagire lo schema motorio per un periodo di tempo relativamente lungo.
Nei mammiferi il paleoencefalo, che comprende quelle aree cerebrali che si sono sviluppate attorno alla funzione olfattiva, controlla i comportamenti associati alle emozioni, alle attività motorie e sensoriali istintive, alle sensazioni di piacere e di dispiacere e ha il compito di organizzare e attivare la reazione emozionale. Questo sistema, che include dei centri dotati di proprietà gratificanti e avversative, assicura una potente motivazione per l’attivazione dei comportamenti di appetenza finalizzati a ricercare stimoli scatenanti e a soddisfare i bisogni primari.
Nei mammiferi superiori, e nell’uomo in particolare, il paleoencefalo controlla anche i comportamenti associati alla ricerca di stimoli non primari, ossia di nuovi stimoli in grado di provocare sensazioni piacevoli e quindi delle emozioni.
Le emozioni e i vissuti soggettivi ad esse correlati costituiscono, allo stato attuale delle conoscenze, i veri meccanismi motivanti della specie umana, evocano risposte corticali, consentono di prevedere il futuro, in base alle tracce mnesiche di esperienze passate o precedenti vissuti interiori, e sono in grado di influenzare e rafforzare il comportamento.
Le emozioni hanno in primo luogo un significato adattivo. La reazione emozionale, infatti, è una conseguenza di un programma genetico finalizzato a consentire un migliore adattamento ai pericoli esterni di tipo fisico e originariamente destinato alla difesa e alla sopravvivenza individuale e della specie.
La reazione emozionale individuale potrebbe inoltre avere anche un significato fisiologico. Essa infatti, attivando il sistema nervoso, endocrino e immunitario, periodicamente, come avviene durante le fasi REM del sonno, od occasionalmente, come avviene in caso di vari tipi di stimoli stressanti, sarebbe in grado di garantire un livello ottimale di funzionalità biologica dell’organismo.
I fattori genetici del comportamento
I comportamenti istintivi, spesso chiamati comportamenti specie-specifici, sono in diretto rapporto con il corredo genetico, sono attivati in presenza dello stimolo-chiave o stimolo-segnale e sono caratterizzati da risposte comportamentali relativamente fisse che vengono dette sequenze motorie stereotipate.
Le sequenze comportamentali specie-specifiche hanno in genere inizio con una prima fase detta comportamento di ricerca. Questa consiste in una serie di attività, piuttosto variabili, che hanno come obiettivo quello di trovare uno stimolo ambientale opportuno o un oggetto che soddisfi l’animale, ad esempio un partner sessuale, cibo, acqua o materiale per costruire una tana.
Il comportamento di ricerca è seguito dal comportamento consumatorio che consiste in una serie di movimenti, detti sequenze motorie stereotipate, che vengono innescate da uno stimolo-segnale. Un esempio di stimolo-segnale è il colore rosso del pesce spinarello maschio che, durante l’accoppiamento, provoca risposte ostili negli altri maschi e risveglia risposte di approccio da parte delle femmine.
Diverse ricerche hanno dimostrato che ogni specie, sia di invertebrati che di vertebrati, ha un proprio repertorio di sequenze motorie stereotipate che vengono indotte da programmi motori centrali. Si ritiene che la comparsa di schemi motori preprogrammati venga evocata da alcuni gruppi specifici di neuroni, detti neuroni-comando. Questi vengono guidati da meccanismi nervosi che dipendono da alcune caratteristiche specifiche dell’afferenza sensitiva, ad esempio il colore rosso sull’addome dello spinarello.
Gli studi di genetica molecolare, condotti su animali piuttosto semplici come la Drosophila, hanno dimostrato che il comportamento viene alterato in maniera diretta da mutazioni che alterano l’esecuzione di atti motori o l’analisi sensoriale. Questi studi hanno indotto a ritenere che i geni non codificano direttamente il comportamento ma indirettamente. Essi infatti, codificano delle proteine specifiche per la formazione di circuiti nervosi necessari per l’esecuzione di un determinato comportamento, delle proteine strutturali essenziali per la trasmissione sinaptica e gli ormoni peptidici e i modulatori che evocano o inibiscono l’espressione del comportamento.
Nell’uomo, diversi dati sperimentali hanno dimostrato che esistono fattori genetici capaci di influenzare il comportamento, che certe sequenze comportamentali sono universali, che delle sequenze motorie assomigliano alle sequenze motorie stereotipate e alcune sequenze motorie comportamentali vengono attivate in assenza di esperienze specifiche di apprendimento.

L’articolo è stato tratto dal libro della Dr.ssa Gasparini
“Multidisciplinarietà in Medicina”
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