“Coca-Cola ha pagato 8 milioni di euro per smentire i legami con obesità”. È quanto rivela un’inchiesta del quotidiano Le Monde secondo cui in Francia la multinazionale per diversi anni a partire dal 2010 avrebbe pagato medici e ricercatori per smentire il legame tra bevande zuccherate e l’insorgenza di patologie come l’obesità ed il diabete.
Come riporta il giornale francese, l’azienda ha riunito scienziati influenti per diffondere una ‘soluzione’ all’epidemia globale dell’obesità attraverso articoli pubblicati su riviste mediche, discorsi a conferenze e social media. Ecco la soluzione propagandata: fare più esercizio fisico senza preoccuparsi di ridurre l’apporto calorico.
Queste rivelazioni derivano da un’altra indagine relativa alla Coca Cola condotta nel 2015 dal New York Times che aveva svelato la pesante influenza della Coca Cola nel finanziare studi scientifici volti ad offrire un diverso punto di vista sul tema dell’obesità.
In poche parole la strategia di marketing consisteva nel cercava di distogliere l’attenzione dei consumatori sugli effetti per la salute legati all’assunzione ripetuta di bevande come Coca, Sprite, Fanta e altre come Minute Maid, tutti di proprietà di Coca-Cola.
Le conclusioni del quotidiano francese si basano anche su uno studio accademico condotto da Sarah Steel, professoressa di Cambridge, che ha esaminato i contratti tra Coca Cola e accademici canadesi e americani.
Molti professionisti, medici e ricercatori, secondo quanto ricostruito da Le Monde, hanno avuto a vario titolo dei sovvenzionamenti dalla Coca-Cola per produrre ricerche scientifiche. Ecco alcuni esempi riportati dal quotidiano: la ricercatrice universitaria che ha ricevuto 2.000 euro per un articolo che si conclude dicendo che il legame tra il consumo di bevande zuccherate e l’aumento di peso non esiste “necessariamente”; l’ex presidente della Società francese di medicina dello sport, ora direttore medico dell’International Cycling Union, che ha confessato “di aver ricevuto 4.000 euro da Powerade, un marchio di bevande energetiche” che possiede Coca-Cola, per una conferenza “sulle regole di idratazione dello sportivo”.
La cifra più alta sarebbe stata assegnata a CreaBio per un “progetto di ricerca sui dolcificanti intensi” nel 2014-2015. I risultati di questo studio, pubblicato nel 2018, sottolineano che non vi è alcuna differenza tra acqua e bevande con “edulcoranti ipocalorici” in termini di effetti sull’appetito, assunzione di energia e scelte alimentari”.
Inoltre, tra il 2010 e il 2014, ricostruisce Le Monde, sono stati versati 720.000 euro all’Istituto per le competenze europee in Fisiologia (Ieep) per un altro “progetto di ricerca sugli dolcificanti intensi”. Il testo sostiene l’inesistenza degli effetti del consumo di bevande analcoliche sulla sensibilità all’insulina o la secrezione di questo ormone che regola la quantità di glucosio nel sangue.
Ricordiamo che in una lattina da 33 cl di Coca-Cola ci sono circa 35 grammi di zucchero. A dispetto dell’operazione sostenuta dalla multinazionale americana dei soft drink, i dati scientifici prodotti in questi anni hanno dimostrato l’implicazione delle bevande zuccherate nell’esplosione dell’obesità e del diabete di tipo 2 in tutto il mondo.
Un ampio studio condotto nel 2015 denunciava il numero di decessi legati al consumo di bevande zuccherate e sollecitava i governi ad intraprendere politiche sanitarie efficaci e interventi mirati a ridurre il consumo di tali bevande.
Di recente cardiologi e pediatri americani hanno lanciato un appello chiedendo una tassa sulle bevande zuccherate per combattere l’obesità infantile e altre patologie sempre più diffuse tra bambini e ragazzi. Secondo gli specialisti le iniziative devono essere intraprese con urgenza perché è ormai sempre più comune vedere bambini anche piccolissimi con problemi di steatosi epatica e diabete di tipo 2, un tempo patologie della terza età.
“Serve una mobilitazione generale come quella iniziata nel 1971 contro il fumo, perché i danni alla salute dei cittadini sono diventati ormai troppo ingenti”, affermano.
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