Le dimissioni dei pazienti dagli ospedali devono essere decise solo secondo valutazioni di “ordine medico” e non in base a criteri di economicità presenti nelle linee guida delle strutture sanitarie per il contenimento della spesa sanitaria.
È quanto stabilito dalla Cassazione con la sentenza 8254 che ha accolto il ricorso della Procura di Milano contro l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato” di un medico dell’ospedale di Busto Arsizio, che aveva dimesso un paziente, con esiti di recente infarto esteso del miocardio, a nove giorni di distanza dall’intervento di angioplastica all’arteria anteriore. L’uomo era deceduto poche ore dopo essere stato dimesso.
Il medico si era difeso sostenendo di essersi attenuto “scrupolosamente alle linee guida”, ma secondo la Corte Suprema, questo non basta a liberarsi dalle responsabilità: le linee guida, sottolinea la Cassazione, possono “legittimamente” essere “ispirate anche a logiche di economicità di gestione”, ma “il medico deve perseguire un unico fine: la cura del malato utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo dispone la scienza medica, senza farsi condizionare la esigenze di diversa natura”.
Sulla vicenda specifica si dovrà ora pronunciare il giudice del rinvio. Intanto, però, la Corte Suprema ha fissato un principio cardine, stabilendo che il medico deve assumere la decisione migliore per la salute del paziente e spetta quindi a lui verificare nel caso specifico se la prassi delle cosiddette “linee-guida”, per quanto legittimamente ispirate a criteri di economicità di gestione, non risulti in contrasto con le esigenze di tutela del malato.
I medici, pertanto, possono essere chiamati a rispondere di omicidio colposo se dimettono dall’ospedale pazienti a rischio che poi muoiono.
Si tratta di una sentenza “importante” che riporta il medico “al centro delle decisioni diagnostico-terapeutiche, dopo anni di predominanza di logiche economiche che hanno cercato di trasformarlo da professionista in dirigente impegnato a cercare di far risparmiare le aziende”. Questo il commento del presidente nazionale Cimo-Asmd (il coordinamento dei medici ospedalieri e dei medici dirigenti), Riccardo Cassi, in merito alla sentenza della quarta sezione penale della Corte Suprema che segna uno stop alle dimissioni troppo frettolose di un paziente per criteri di contenimento della spesa.
Cassi ha poi aggiunto che “ora è necessario fare chiarezza fino in fondo e trasferire questo principio nella normativa” altrimenti il medico “si troverà esposto a sanzioni da parte dell’azienda se non rispetta le ‘logiche di mercato’”.
“La magistratura, di cui apprezziamo il prezioso lavoro di controllo sulle disfunzioni del sistema sanitario nazionale, non metta però i medici sul banco degli imputati anche quando questi agiscono in scienza e coscienza. Sanzioni piuttosto le scelte di politica aziendale sbagliate, per tutelare i cittadini e la professionalità dei medici stessi”.
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