I malati di cancro possono alleviare la fatica (legata sia agli effetti del tumore che ai trattamenti) in modo più efficace con l’esercizio fisico e la psicoterapia che con i farmaci. È quanto suggerisce un recente studio, pubblicato da JAMA Oncology.
I ricercatori hanno esaminato i dati di 113 studi pubblicati in precedenza che coinvolgono più di 11.500 pazienti affetti da cancro che sono stati assegnati in modo casuale a trattare la spossatezza con l’esercizio fisico o la psicoterapia, o con entrambi, o solo con i farmaci.
Si è così riscontrato che l’esercizio fisico e la psicoterapia erano associati con una riduzione dal 26% al 30% nella spossatezza, durante e dopo il trattamento del cancro. I farmaci, però, erano legati solo ad una diminuzione del 9% della fatica.
“I pazienti hanno bisogno di provare l’esercizio o la psicoterapia prima di arrivare ad assumere un farmaco“, ha spiegato l’autrice dello studio Karen Mustian del University of Rochester Medical Center di Rochester di New York.
“Non è chiaro – spiega Mustian – il motivo per cui l’esercizio fisico e la psicoterapia possano essere più efficaci dei farmaci. Non sappiamo per certo perché l’esercizio funzioni, ma alcune ricerche recenti suggeriscono che sia per gli effetti anti-infiammatori indotti dall’esercizio fisico e anche al miglioramento delle stesse funzionalità – cardiovascolare, polmonare e muscolare. In termini di psicoterapia, la forma più vantaggiosa è stata la terapia di gruppo che ha utilizzato un approccio cognitivo-comportamentale per educare i pazienti, aiutarli a cambiare il loro modo di pensare alla fatica e di gestirla, e anche ad adottare comportamenti diversi per alleviarla”.
Gli autori sottolineano che uno dei vantaggi di questo studio è che sono state accorpate diverse ricerche che invece prese singolarmente sarebbero state troppo ‘piccole’ per poter trarre delle conclusioni significative circa i vantaggi relativi ai diversi trattamenti. D’altra parte le limitazioni stanno essenzialmente nel fatto che i disegni sperimentali differenti e le differenze in età, sesso, etnia di appartenenza dei soggetti considerati avrebbero comunque potuto interferire in qualche modo nell’analisi dell’efficacia dei diversi trattamenti.
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