Nel 2011 per la prima volta nella storia si è aperto sull’Artico un buco nello strato di ozono di dimensioni pari a tre volte la superficie della Germania, è il più grande registrato nell’Emisfero Settentrionale.
A 20 km di altezza sul Polo Nord l’80% dell’ozono è scomparso a causa di un eccezionale lungo periodo freddo ad alta quota. Si tratta di una condizione che rende le sostanze a base di cloro che distruggono l’ozono ancora più efficaci. A rivelarlo è un team di climatologi del Jet Propulsion Laboratory della Nasa in uno studio.
Gli scienziati a partire dagli anni ’80 hanno registrato un buco nell’ozono sopra l’Antartico ogni estate. In alcuni anni, il buco è stato così grande da coprire l’intero continente ed estendersi a zone del Sud America, generando preoccupazioni su un possibile aumento dei tumori della pelle.
Durante eventi estremi, fino al 70% dello strato di ozono può essere distrutto, prima di ricostituirsi diversi mesi dopo.
Il buco sopra l’Artico è sempre stato molto più piccolo, fino a marzo di quest’anno, quando una combinazione di forti venti e freddo intenso nell’atmosfera ha determinato le condizioni perché gli agenti chimici composti del cloro potessero danneggiare lo strato di ozono. Per un paio di settimane questo buco si è spostato sopra i cieli dell’Europa dell’Est le cui popolazioni sono state esposte a livelli elevati di raggi ultravioletti.
L’ozono, una molecola composta da tre atomi di ossigeno, si forma nella stratosfera, dove filtra i raggi ultravioletti potenzialmente in grado di danneggiare la vegetazione e gli esseri umani, provocando in particolare tumori della pelle e cataratte.
“Per la prima volta, la diminuzione è tale perché si possa ragionevolmente parlare di buco dell’ozono in Artico”, si legge nello studio pubblicato dalla rivista scientifica Nature.
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