Biofisica: approccio sistemico in Biologia

Caratteristiche del pensiero sistemico

La prima caratteristica del pensiero sistemico è lo spostamento dalle parti al tutto.
I sistemi viventi sono totalità integrate le cui proprietà non possono essere ricondotte a quelle delle parti che li compongono. Le proprietà sistemiche originano delle relazioni organizzanti delle parti, ossia da una configurazione di relazioni ordinate che è tipica di quella specifica classe di organismi o sistemi. Queste proprietà vengono distrutte quando un sistema è sezionato in elementi isolati.

Una seconda caratteristica del pensiero sistemico è la capacità di spostare l’attenzione tra i vari livelli di un sistema. Nei sistemi viventi esistono sistemi inseriti dentro altri sistemi e, a ciascun livello, i fenomeni osservati mostrano proprietà che non esistono a livelli inferiori.

In generale, le proprietà delle parti non sono proprietà intrinseche, ma si possono comprendere solo in un contesto più ampio.
Una terza caratteristica del pensiero sistemico è quello di rete di relazioni. Gli oggetti stessi sono reti di relazioni inserite all’interno di reti più grandi.

Concetto di “rete”

Lo schema di organizzazione di un sistema vivente è sempre uno schema a rete.
Secondo H. Maturana e F. Varela, la caratteristica fondamentale di una rete vivente consiste nel fatto che essa produce continuamente se stessa. I due Autori introdussero il concetto di autopoiesi (produzione di sé) e ipotizzarono che l’autopoiesi fosse uno schema generale di organizzazione, comune a tutti i sistemi viventi, prescindendo dalla natura dei loro componenti. In questo schema a rete ogni componente ha la funzione di partecipare alla produzione o alla trasformazione di altri componenti nella rete. Ne consegue che la rete è prodotta dai suoi componenti e li produce a sua volta.

Poiché tutti i componenti di una rete autopoietica sono prodotti da altri componenti nella rete, l’intero sistema è organizzativamente chiuso, sebbene sia aperto al flusso di materia ed energia.

I sistemi viventi sono dei sistemi organizzativamente chiusi, in quanto in essi l’ordine e il comportamento non sono imposti dall’ambiente, ma stabiliti dallo stesso sistema. Tutto ciò implica che i sistemi viventi siano autonomi e in grado di auto-organizzarsi, ossia di stabilire reciproche relazioni di controllo tra le varie componenti.

Essi tuttavia non sono chiusi, ma aperti all’ambiente in quanto scambiano materia, energia e informazione. L’interazione con l’ambiente consente di mantenere le varie attività vitali, ma non determina l’organizzazione del sistema.

Maturana e Varela, descrivendo lo schema della vita come rete autopoietica, pongono l’accento soprattutto sulla chiusura organizzativa dello schema. Prigogine, descrivendo la struttura di un sistema vivente, pone l’accento soprattutto sull’apertura di tale struttura al flusso di energia e materia. Un sistema vivente è pertanto organizzativamente chiuso, ma strutturalmente aperto.

Strutture dissipative

I sistemi viventi sono delle strutture dissipative. La loro stabilità interna dipende dal flusso di energia e di informazione che li attraversa e che viene in parte dissipato.

La chiave per capire le strutture dissipative sta nel fatto che esse si mantengono in uno stato lontano dall’equilibrio, che è lo stato della vita.
Vicino all’equilibrio si resta nel dominio della termodinamica classica. In quest’ambito esistono processi di flusso, chiamati fluttuazioni, ma che sono di debole portata. Il sistema evolve verso uno stato stazionario in cui la generazione di entropia (o disordine) è la minima possibile. In quest’ambito i processi di flusso possono essere descritti per mezzo di equazioni lineari.

Lontano dall’equilibrio, le fluttuazioni sono più forti, la produzione di entropia cresce e il sistema non tende più all’equilibrio. I processi di flusso del sistema sono interconnessi per mezzo di anelli di retroazione (feedback) multipli e le equazioni matematiche corrispondenti sono non lineari.

In genere, le equazioni non lineari hanno più di una soluzione e nel campo non lineare le condizioni iniziali non vengono più “dimenticate”. In altre parole, il comportamento del sistema, al momento in cui prende una direzione, tra le molte possibili, dipende dalla storia precedente del sistema e le strutture dissipative lontane dall’equilibrio non seguono più alcuna legge universale, ma solo quelle di quel particolare sistema. La scelta del sistema dipende dalla sua storia, da varie condizioni esterne e non può essere prevista. In ogni punto di biforcazione vi è un elemento di casualità che non è possibile eliminare.

Secondo Prigogine, le strutture dissipative sono isole di ordine in un mare di disordine. Esse mantengono o addirittura accrescono il loro ordine a spese di un maggiore disordine del loro ambiente.

L’articolo è stato tratto dal libro della Dr.ssa Gasparini
“Multidisciplinarietà in Medicina”

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