Big Pharma investe milioni per i medici-testimonial

Li chiamano “trasferimenti di valore”: milioni di euro che, in modo capillare, le case farmaceutiche investono per pagare rimborsi di viaggi, convegni e iniziative a medici, strutture sanitarie e associazioni. Negli elenchi pubblicati dalle aziende, ci sono nomi, cognomi, cifre. Si tratta di pagamenti in chiaro. E secondo Farmindustria, la percentuale di chi non ha acconsentito alla disclosure della propria identità è pari ad almeno il 30 per cento.

Partiamo dal monitoraggio delle maggiori case farmaceutiche. Per il solo 2015 (ultimi dati disponibili) la Sanofi Aventis, in Italia, ha speso oltre 3 milioni di euro tra sponsorizzazioni, grant, pagamento di conferenze e spese di viaggio. Altri 4,6 milioni di euro sono stati destinati ad aziende sanitarie, associazioni, università, Asl e ospedali per attività di Ricerca e Sviluppo. Il rapporto è lungo 419 pagine e non ci sono dati aggregati, se non per la seconda categoria di spesa. Compaiono contributi che vanno dalle poche centinaia di euro a diverse migliaia. Gli operatori sanitari interessati sono almeno 2 mila. La società italiana di Miologia, per fare un esempio, ha beneficiato di circa 260 mila euro tra viaggi, convegni e sponsorizzazioni per eventi.

Sono circa 2 mila anche i medici e gli esperti con cui ha avuto rapporti la Roche, come ammonta a tre milioni di euro l’investimento per coprire i loro spostamenti e la loro formazione. Per Ricerca e Sviluppo, invece, in questo caso si arriva a quasi 23 milioni di euro (solo a titolo esemplificativo, 350 mila euro di donazioni al Gruppo Oncologico Nord Ovest, 80 mila alla Fondazione Humanitas, 35 mila all’Istituto nazionale di ricerca sul cancro). 23 milioni di euro in trasferimenti di valore nel 2015 anche per la Bayer: di questi, 6 milioni di euro per le spese a favore degli operatori sanitari, 12 milioni verso le organizzazioni sanitarie, 4 per Ricerca e sviluppo. Almeno 3 mila gli operatori sanitari nell’elenco della Novartis per almeno 3 milioni di euro (a cui vanno sommati 20 milioni investiti in Ricerca e sviluppo e i dati relativi alle società sorelle Alcon Italia e Sandoz Spa).

Ci sono dati anche per alcune delle aziende coinvolte nello scandalo di ieri, collegate al luminare di Parma, Guido Fanelli: la Ibsa Institute Biochimique, ad esempio, dichiara circa 90 mila euro destinati a coprire le spese degli operatori sanitari nel 2015. La Ibsa Farmaceutici Italia, invece, ha in elenco circa 700 operatori sanitari, una media di 500 mila euro spesi e nessun riferimento a Fanella o agli altri arrestati.

Se però si effettua la ricerca con la voce “Parma” si può rintracciare una di voci riconducibili alla facoltà di Medicina, nonché una donazione di 35mila euro a “Università degli studi di Parma”. Più di mille le aziende nell’elenco dell’italiana Angelini, quasi un milione di euro agli operatori sanitari, 1,3 milioni in ricerca e sviluppo. Numeri che in parte spiegano alcune criticità del mercato dei farmaci in Italia. Nel 2014 l’Antitrust ha sanzionato (multa di 180 milioni di euro) Roche e Novartis: avevano fatto cartello per condizionare le vendite di due medicinali destinati alla cura della vista. Alla Aspen, a fine 2016, l’Antitrust ha elevato una sanzione da 5 milioni per aver rincarato – tramite negoziazione con l’Agenzia del farmaco italiana – anche del 1500% i prezzi dei farmaci salvavita per le cure oncologiche.

Nascondere i finanziamenti, comunque, non è difficile. Basti pensare che le trasferte possono essere pagate tramite agenzie di viaggio. “I conflitti d’interessi possono essere evidenti, come nel caso di un medico che parli a favore di un prodotto; dichiarati, come nel caso degli operatori sanitari che hanno relazioni economiche con l’industria e che fanno il suo gioco in quello che scrivono o dicono e, infine, semplicemente occulti”. Lo spiega Adriano Cattaneo del movimento “No Grazie, pago io” che riunisce centinaia di medici dal 2003 sul principio di rinunciare a regali, inviti e offerte di chi produce farmaci e dispositivi sanitari. “Nel 2016 abbiamo chiesto al ministero della Salute di poter accedere al registro dei conflitti d’interessi sugli esperti nominati per partecipare ai tavoli tecnici del ministero – spiega –. Ovviamente, ci è stato negato”.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

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