I batteri africani sono davvero pericolosi per i nostri bambini?

Aver eliminato funghi, batteri, microbi sta contribuendo all’esplosione di malattie auto immuni, infiammazioni, allergie. Tuttavia, le popolazioni africane potrebbero aiutare a recuperare una parte della ricchezza microbica che contribuisce a rafforzare le difese immunitarie dei bambini europei. È quanto sostiene un team di ricercatori toscani che studia da anni i microrganismi del nostro corpo basandosi sui big data ricavati da sequenze di Dna.

Gli studiosi di Firenze hanno comparato i bambini toscani con quelli del Burkina Faso riscontrando che questi ultimi hanno una minore concentrazione di patogeni ed hanno maggiori antinfiammatori naturali.

“Hanno il triplo di acidi grassi a catena corta, antinfiammatori naturali”, spiega Duccio Cavalieri, professore al dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze. Soprattutto hanno concentrazioni di patogeni inferiori: l’Escherichia (responsabile di cistiti, infiammazioni alle vie urinarie) è presente in misura quattro volte superiore nei bambini italiani, la Salmonella otto volte tanto, la Shigella (dannosa per l’intestino) sette volte, la Klebsiella (agente delle infiammazioni alla vie aeree, come la polmonite) quasi quindici.

Come sottolinea Cavalieri, i bambini africani vivono in un ambiente fortemente contaminato, eppure i principali patogeni umani si ritrovano in quantità decisamente minori, perché hanno una ricchezza microbica che li difende. “Noi non ce l’abbiamo più”.

A fare la differenza sarebbero i nutrimenti: fibre, amido non raffinato e altre fonti vegetali, pochi grassi animali, ma soprattutto niente industria alimentare.

“L’industria alimentare e i suoi processi, la sanificazione, l’utilizzo massiccio di antibiotici negli allevamenti hanno contribuito a debellare molti agenti nocivi, ma hanno finito per estirparne anche di essenziali – spiega Cavalieri – Un esempio sono i probiotici, che acquistiamo per reintrodurre nel nostro corpo elementi un tempo naturalmente presenti”.

“Il sistema immunitario fin dalla nascita si abitua a riconoscere i microrganismi buoni da quelli che non lo sono”, aggiunge Carlotta De Filippo, microbiologa all’Istituto di Biologia e biotecnologie agrarie del Cnr di Pisa. “Tuttavia, poiché la varietà microbica con cui entra in contatto è sempre minore, reagisce a ogni novità come se fosse patogena. E sviluppa infiammazioni”.

Infatti il numero di bambini soggetti ad allergie alimentari è schizzato del 20% in dieci anni: in Italia uno su venti – secondo l’Organizzazione mondiale dell’allergia – ne soffre. Tra 6 e 12 anni, il 7% ha dermatite atopica, il 15% di rinite allergica e il 9% di asma. Lo stesso vale per le malattie auto immuni, come il morbo di Chron: il 25% dei nuovi casi ha meno di vent’anni. La diffusione delle infiammazioni croniche intestinali è raddoppiata nell’ultimo decennio, con 8 bimbi su 100 mila colpiti e un’età di insorgenza scesa a 10 anni. È aumentata inoltre l’incidenza di artriti reumatoidi, coliti ulcerose, sclerosi multipla, diabete di tipo 1.

“La correlazione tra la diffusione e precocità di questi mali e la riduzione della varietà microbica è assodata”, conclude De Filippo

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