Aumenta la mortalità per infezioni nei pazienti cardiopatici

Se da una parte diminuisce la mortalità cardiovascolare nei pazienti con scompenso cardiaco, dall’altra aumentano i decessi per cause non cardiovascolari, prime tra tutte le infezioni. È quanto emerge da uno studio condotto da Kazem Rahimi del George Institute for Global Health dell’Università di Oxford e pubblicato su Jama Cardiology.

I ricercatori hanno esaminato 86.833 persone con diagnosi di scompenso cardiaco nel 2002-2013 che sono state incluse nel Clinal Practice Research Datalink. Questi pazienti sono stati seguiti fino al 2014.

La mortalità per tutte le cause è risultata leggermente diminuita mentre la mortalità cardiovascolare è diminuita in modo più sostanziale. I decessi dovuti a cause non cardiovascolari, tuttavia, sono aumentati. La mortalità complessiva è diminuita per i pazienti di età inferiore a 80 anni ma non per i pazienti più anziani.

Le cause cardiovascolari hanno rappresentato complessivamente il 43% dei decessi nel 2013, mentre le neoplasie il 15%, le patologie respiratorie il 12% e le infezioni il 13%. Gran parte dell’aumento della mortalità non cardiovascolare è stato dovuto a condizioni respiratorie e infezioni.

“Le infezioni sembrano rappresentare il principale fattore alla base del recente aumento della mortalità non cardiovascolare e dei ricoveri ospedalieri che abbiamo osservato in questo studio – spiegano gli autori dello studio – La maggior parte dei decessi associati a infezione erano dovuti a influenza e polmonite e alcuni di questi potevano essere prevenuti attraverso cure migliori”.

E in Italia le infezioni fanno strage. Come emerso dal rapporto Osservasalute 2018 si è passati dai 18.668 decessi del 2003 a 49.301 del 2016.

In 13 anni, dal 2003 al 2016, il tasso di mortalità per infezioni è raddoppiato sia per gli uomini che per le donne. Tale aumento del fenomeno è stato osservato in tutte le fasce d’età, ma in particolar modo (circa il 75% dei casi) per gli individui dai 75 anni in su. Le infezioni più frequenti sono quelle respiratorie, seguite da batteriemie, infezioni del tratto urinario, e del sito chirurgico.

I microrganismi responsabili più comuni sono Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomoas aeruginosa, e Staphylococcus aureus, spesso multiresistenti agli antibiotici.

Il nostro Paese ha la maglia nera per lo sviluppo di resistenze ed è fra i primi consumatori di antibiotici in UE. Proprio l’uso eccessivo di antibiotici, ricordiamo, è tra le cause principali dell’antibiotico resistenza, divenuta ormai un’emergenza mondiale.

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