Sino al 1992, anno in cui è entrata in vigore la legge che ha messo al bando l’amianto, l’Italia era uno dei maggiori consumatori di asbesto in Europa. Oggi nel nostro Paese vi sono oltre 34 mila siti a “potenziale contaminazione di amianto”, di cui 373 con rischi di primo livello. Tale numero, tuttavia, è destinato a salire fino a 500, quando sarà completata la mappatura delle regioni italiane.
Mancano infatti ancora all’appello Sicilia e Calabria, mentre in Piemonte sono censiti in maggioranza i siti che contengono amianto naturale. Questi i dati emersi dal 15esimo quaderno del Ministero della Salute dedicatom, dedicato alle patologie correlate all’esposizione da amianto.
Il quaderno rileva anche che sul territorio nazionale vi sono 32 milioni di tonnellate di cemento amianto ancora da bonificare per la cui dismissione, secondo l’Ispra, potrebbero occorrere 85 anni e che più di 3,7 milioni di tonnellate di amianto grezzo sono state consumate per diverse attività industriali dal dopoguerra al 1992, anno di messa al bando dell’amianto.
Infine per quanto riguarda gli effetti sulla salute, il Quaderno spiega che il tasso di incidenza del mesotelioma (tumore della pleura associato soprattutto all’esposizione all’amianto ) è pari a 3,6 casi per 100mila abitanti negli uomini e 1,6 casi per 100mila abitanti nelle donne con una latenza della malattia di circa 40 anni.
Il ministro Balduzzi ha parlato di “un’emergenza nazionale che impone un insieme coordinato di interventi a partire dalla bonifica dei siti maggiormente contaminati, dal loromonitoraggio nonché dalla predisposizione di percorsi diagnostico-terapeutici per i pazienti e di sostegno per le famiglie”.
“Tra gli aspetti che rendono più gravoso il contrasto a tali malattie vi è – sottolinea Balduzzi – il lungo periodo di latenza prima che esse si manifestino, fino a 30 – 40 anni: un arco temporale che fa attendere il picco delle manifestazioni delle patologie tra il 2015 e la fine di questo decennio”.
Sin dal diciannovesimo secolo, quando la rivoluzione industriale innescò l’utilizzo massivo di questo materiale, si cominciò a sospettare che l’asbesto (o amianto) fosse collegato a gravi malattie respiratorie come il mesotelioma pleurico.
In Italia soltanto nel 1992 è stata varata una legge (la legge 275) che ha sancito il divieto di impiego di questo materiale mortale e disposto la bonifica di tutti i lavorati che lo contenevano, riconoscendo come malattie professionali le patologie correlate – tumore alla pleura e carcinoma polmonare –, con conseguenti programmi di assistenza alle vittime.
Nel nostro Paese le zone più colpite dalle malattie asbesto-correlate sono il nord-ovest e il nord-est della penisola, con concentrazioni particolarmente elevate nelle provincie di Alessandria e Gorizia.
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