Anche gli allattati esclusivamente al seno, se sovrappeso, sono a rischio per obesità futura

Questione di dosaggi e di buonsenso. Da sempre si invoca l’allattamento al seno come preventivo anche del sovrappeso e dell’obesità: il contenuto del latte di donna in sostanze favorenti il metabolismo e la corretta riequilibratura dei meccanismi di crescita (miRNA, Leptina, IGF, microbiota, ecc.) è scientificamente provato e testato in innumerevoli studi, soprattutto i più recenti.

Ovvio che non si può non essere d’accordo col fatto che, rispetto al latte di derivazione vaccina (quello artificiale per intenderci), il latte materno si colloca parecchie spanne più in alto: cibo perfetto, bilanciato, specie-specifico e quant’altro.

Ora l’eccezione che si pone non è tanto sulla teoria quanto sulla pratica: si può diventare dei sovrappeso anche assumendo esclusivamente latte di donna? Ascoltando i teorici dell’allattamento a tutti i costi la risposta sarebbe un no, visto che come tipo di alimento ha caratteristiche sia chimiche che fisiche ottimali. Non teniamo conto però, in questa materia, delle metodiche di nutrizione al seno: ci si riferisce a quelle situazioni nelle quali viene adottato il sistema di “allattamento a richiesta”, che nel principio generale è corretto ma nell’applicazione pratica assume il significato di “Seno ad ogni pianto o spalancamento di bocca, non importa per quanto tempo e non importa quante volte”. In sintesi il ragionamento che si fa è: “Più ne prende, meglio è”. Beh: noi solleviamo ormai da anni il sospetto che non sia così.

Il migliore alimento possibile, se sovradosato, porta squilibri e conseguenze negative, anche se si tratta di latte umano.

E’, ci rendiamo conto, una affermazione inusuale: si tocca un argomento delicato, soprattutto per alcune categorie che considerano quasi sacra la sfera che circonda la diade madre/figlio. Guardare in faccia la realtà, però, potrebbe essere più utile per la salute prospettica del bambino, futuro adulto, che inizia da subito a programmare epigeneticamente il suo DNA e che quindi ha bisogno di mantenere dei bilanci corretti per ottenerne il meglio. Nella nostra pratica quotidiana, come professionisti della pediatria e della nutrizione, teniamo sempre presente questo parametro. Tutto è buono e tutto è cattivo: questione di misura.

L’esagerazione, anche in caso di nutrizione al seno, può essere deleteria. Nessuna donna si rende conto che l’erogazione di latte avviene anche quando si offre il capezzolo al bambino per consolarlo o per farlo smettere di fare capricci, seppure non affamato; nessuna donna calcola il fatto che una iperalimentazione non necessaria in un bambino che tratta il seno come un ciuccio alla lunga può determinare problemi. Si attacca il piccolo al seno offrendo, oltre al conforto, anche non necessari supplementi di alimento e quando si constatano crescite abnormi in peso, dell’ordine in qualche caso di 350-400 grammi a settimana, si mostra orgoglio (Che gran mamma sono!) invece di farsi domande (Ma non sarà troppo?). Che importa? Tanto è latte di mamma: può fare solo bene.

A queste nostre affermazioni, in contrasto con quanto è comunemente creduto, seguiranno certamente cori di dissenso: sinora, per la verità, non sono mai stati fatti studi (veramente mai) che riguardino questo argomento, dato che si è sempre dato per scontato che di latte di donna se ne può assumere a piacere ottenendone solo miracolosi benefici. Tutto quello che sinora ha formato oggetto di attenta disamina sono stati gli elementi chimico-biologici del latte, favorenti sia la crescita che la protezione del bambino e sui quali nulla c’è da eccepire.

Niente di fatto riguardo alle metodiche ed ai dosaggi, anzi: la spinta è verso il “seno ad oltranza”, specie da parte di molte associazioni pro-breastfeeding, encomiabili ma forse, per certi versi, lievemente integraliste. Il demonizzato latte artificiale è stato invocato come unico e solo fattore di rischio per l’obesità futura mettendo in guardia sia sulle quantità sia sui tempi di somministrazione.

La domanda chiave, dopo questa introduzione, è dunque: “Ci dovremmo preoccupare dei bambini ad esclusivo allattamento al seno che manifestino un sovrappeso?”.

Con queste testuali parole esordiscono E.M. Van der Willik ed i suoi collaboratori nell’ Amsterdam Born Child and their Development, un corposo studio di coorte effettuato ad Amsterdam nel 2015. Il titolo dell’articolo che ne è scaturito, pubblicato su Archives of Disease in Childhood, è: “Exclusively breastfed overweight infants are at the same risk of childhood overweight as formula fed infants” (I lattanti sovrappeso nutriti esclusivamente al seno sono a rischio di sovrappeso infantile come quelli nutriti artificialmente:  ArchDisChild 2015;100(10):932-937).

Premettiamo che non si sta sindacando sul possibile ruolo di prevenzione dell’obesità futura da parte dell’allattamento naturale se condotto secondo criteri normali e in bambini la cui curva di crescita sia regolare e non superi la prima deviazione standard secondo il WHO Child Growth standard o le International Obesity task Force guidelines: su quello è stato scritto molto ed anche se i risultati sono controversi appare chiaro, ne siamo convinti anche noi, che il latte materno non si tocca.

Qui si sta parlando di sovrappeso tout court ed il sovrappeso è tale a prescindere dal tipo di alimentazione. Vorremmo fosse chiaro questo concetto, essendo come autori ed ognuno nella propria specializzazione, entrambi votati alla difesa e all’implementazione dell’allattamento materno. Riportiamo questo articolo per corroborare un sospetto che da molto tempo abbiamo e che in numerosi casi ha assunto i contorni della certezza: anche l’alimentazione al seno va regolamentata.

Nello studio olandese da noi qui citato, eliminati tutti i fattori di confusione, i 3367 soggetti facenti parte dello studio sono stati valutati seguendo un criterio imparziale che ha tenuto conto dell’associazione tra sovrappeso a 6 mesi, sovrappeso a 5-6 anni e tipo di alimentazione (seno esclusivo, artificiale esclusivo e misto). Il criterio statistico è stato quello della regressione logistica.

Qui riportiamo testualmente i risultati: I bambini che a 6 mesi erano sovrappeso hanno avuto una probabilità di sovrappeso a 5-6 anni di 4 volte maggiore rispetto ai normopeso, indipendentemente dal tipo di alimentazione. Lo stato di allattati al seno non ha dunque rappresentato un fattore di protezione. Si conclude che la prevenzione del sovrappeso dovrebbe essere svolta con strategie sia prenatali (cura della gravida) che postnatali ponendo attenzione al versante nutrizionale anche in età molto precoce ed anche se l’alimentazione è esclusivamente materna.

Seppure con alcuni limiti, la forza di questo studio sta nel fatto che è prospettico, accurato in merito alla raccolta dati, attento anche a stili di vita/caratteristiche familiari e multietnico. E’ ovvio che ulteriori approfondimenti saranno necessari per avere conferme più universali ma quel che viene riportato è, a nostro giudizio, molto significativo. Il sovrappeso va combattuto commisurando gli apporti ai fabbisogni: ogni esagerazione porta danno ed ogni alimento, anche il più corretto e naturale, va regolamentato.

Fonte: Blog di Stefano Tasca

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