Un italiano su cinque ha il cosiddetto ‘fegato grasso’, o steatosi epatica. Lo riferiscono gli esperti all’inaugurazione del nuovo centro specializzato in prevenzione realizzato dall’University of Pittsburgh Medical Center (Upmc) a Chianciano Terme (Siena).
“La steatosi lieve o moderata – ha spiegato Ferruccio Bonino, direttore del centro – non è di per sé una malattia, ma lo diventa quando si aggrava o si complica con l’infiammazione: la steato-epatite può evolvere in cirrosi epatica e tumore del fegato. La steatosi costituisce inoltre un indicatore di maggiore severità di malattia nei soggetti con patologie croniche come diabete, ipertensione, obesità”.
Per questo motivo è importante intervenire sui fattori che favoriscono l’insorgenza del problema, a cominciare dall’alimentazione. ”Due sono i problemi principali della salute alimentare di oggi – spiega Bonino -. Il primo è la perdita delle specificità alimentari personali con la globalizzazione nutrizionale, in cui tutti mangiano un po’ di tutto, preparato e conservato in modo standardizzato. Ciò espone ciascuno a sostanze prima ignote nella propria millenaria storia alimentare familiare e abolisce la salutare e fisiologica alternanza dell’alimentazione con cibi stagionali. Inoltre c’è l’uso sistematico di fertilizzanti, pesticidi e conservanti e l’alterazione o la perdita della complessità genetica e delle varietà biologiche”.
“L’obiettivo della medicina preventiva è ‘demedicalizzare’ – ha spiegato Giovanni Vizzini dell’Ismett di Palermo – se si interviene sul fegato grasso ad esempio si evitano malattie più gravi che possono rendere necessario addirittura il trapianto”.
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