Vorrei ma non posso. Questa sembra essere la posizione degli italiani in tema di alimentazione corretta. Secondo quanto emerso dal primo rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari, quasi quattro italiani su dieci (il 37%) vorrebbero mangiare più sano ma non ci riescono, complici le tentazioni della tavola, il fast food e i cibi precotti o in scatola che tentano anche i più virtuosi.
Il rapporto evidenzia i comportamenti contraddittori degli italiani nel loro rapporto con il cibo: si recano infatti presso i fast-food ben il 27 per cento di acquirenti abituali di prodotti del commercio equo e solidale, il 26,7 per cento degli acquirenti abituali di frutta e verdura da agricoltura biologica, il 22,6 per cento degli acquirenti di prodotti a denominazione di origine (Dop e Igp), ed il 21,6 per cento di coloro che acquistano direttamente dal produttore.
Inoltre, tra le persone che dichiarano di acquistare regolarmente prodotti Dop, Igp, abitudine che denota grande attenzione alla qualità, una quota non lontana da un terzo acquista con regolarità anche cibi precotti, addirittura ben più di due terzi acquista regolarmente scatolame mentre tra coloro che acquistano abitualmente prodotti dell’agricoltura biologica, circa tre quarti compra anche surgelati e circa due terzi anche scatolame.
Il 34 per cento degli italiani sostiene che la propria alimentazione dipende in via prioritaria da caratteristiche e scelte soggettive, il 30,4 per cento dalla tradizione familiare e poco meno del 19 per cento da quello che si può permettere, tenuto conto del reddito e dei prezzi.
A cosa possono essere fatte risalire, dunque, le contraddittorie abitudini alimentari degli italiani? Secondo la Coldiretti, “la ‘confusione’ alimentare è il prezzo che si paga agli effetti della globalizzazione che ha portato sulle tavole degli italiani prodotti e modelli di consumo da ogni parte del parte del mondo”.
Eppure, malgrado questa situazione contraddittoria, è possibile secondo la Coldiretti rintracciare tre chiare linee di tendenza:
– la ricerca della combinazione ottimale tra qualità, sicurezza e prezzo;
– la percezione della responsabilità sociale ed ambientale che ha ogni atto di acquisto;
– il rapporto tra il cibo ed il territorio con il riconoscimento del valore che ha l’identità territoriale delle produzioni.
Tali tendenze trovano conferma nel boom registrato nel corso del 2010 di consumi di prodotti biologici e di acquisti diretti dai produttori agricoli nonché di prodotti a chilometro zero che hanno sviluppato un fatturato di 3 miliardi di euro tra ristoranti, mense, negozi e mercati ed imprese di campagna amica.
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